Da MondOperaio
Il diritto a una vita libera e dignitosa - Le forme del Reddito minimo garantito possono essere diverse, ma devono riguardare le persone, non solo le famiglie, devono essere efficaci rispetto allo scopo cui tendono. Solo l'Italia e la Grecia, nell'ambito dell'Unione Europea, ancora non prevedono una forma di Reddito Minimo Garantito che risponda a quanto richiede la normativa europea.
Il RMG come policy europea. - Pur non avendo mai esercitato una competenza normativa in materia, l'Unione ha da tempo individuato il RMG come una propria policy da connettersi strettamente alle altre politiche occupazionali e di crescita che i Trattati contemplano da decenni e, molto più chiaramente, da quanto il Trattato di Amsterdam ha introdotto un capitolo sociale ad hoc. Gli strumenti adottati per realizzare queste politiche sono, però, in genere quelli propri del metodo di coordinamento aperto e cioè atti di indirizzo, raccomandazioni, scambio di informazioni e promozione di best practices per raggiungere gli obiettivi comunemente stabiliti.
Poco prima dell'inizio dei negoziati che portarono all'approvazione del Trattato di Maastricht, l'allora Presidente della Commissione europea Jacques Delors tentò di far approvare una Direttiva che obbligasse tutti gli Stati ad adottare schemi di RMG, ma senza riuscirvi. L'idea dell'insigne politico socialista era quella di coniugare l'intensificazione dei legami economici tra i paesi membri con l'approntamento distandards minimi di trattamento di natura sociale, sì da impedire il pericolo di un social dumping tra paesi membri, cioè una concorrenza sleale nell'abbassare le tutele sociali al fine di attirare gli investimenti.
Poco prima dell'inizio dei negoziati che portarono all'approvazione del Trattato di Maastricht, l'allora Presidente della Commissione europea Jacques Delors tentò di far approvare una Direttiva che obbligasse tutti gli Stati ad adottare schemi di RMG, ma senza riuscirvi. L'idea dell'insigne politico socialista era quella di coniugare l'intensificazione dei legami economici tra i paesi membri con l'approntamento distandards minimi di trattamento di natura sociale, sì da impedire il pericolo di un social dumping tra paesi membri, cioè una concorrenza sleale nell'abbassare le tutele sociali al fine di attirare gli investimenti.
Si riuscì, tuttavia, a emanare una storica raccomandazione, la n. 441/92, che ancora rappresenta un punto di riferimento essenziale in materia. La Raccomandazione (reiterata sostanzialmente nel 2008 in piena crisi economica, valorizzando il RMG anche come mezzo per tenere alti i consumi in funzione anticiclica) invita tutti gli Stati ad introdurre questo istituto ed offre precisi paradigmi di ordine quantitativo e qualitativo per determinarne i contorni precisi. Il RMG non può essere inferiore al 60% del reddito mediano da lavoro dipendente valutato per ciascuno Stato; oltre all'erogazione monetaria il beneficiario deve essere eventualmente sostenuto nelle spese per l'affitto e aiutato con forme di tariffazione agevolata nell'accesso ai servizi pubblici essenziali (luce, gas ecc.); infine anche per le spese impreviste ed eccezionali serve un aiuto pubblico in quanto il soggetto povero o a rischio di esclusione sociale si troverebbe nell'impossibilità di coprirle. Servizi sociali e servizi per l'impiego devono accompagnare le persone assistite in un percorso di reinserimento. Nel 2000 viene poi inaugurata la Lisbon Strategy diretta ad integrare le politiche di crescita e sviluppo con quelle sociali e di contrasto dell'esclusione sociale; nasce il metodo aperto di coordinamento (MAC) con il quale si intende indirizzare gli Stati, con strumenti legali a carattere non vincolante, verso il perseguimento di fini ritenuti comuni, valorizzando le esperienze nazionali ritenute più efficaci. Da quel momento, sui temi dell'assistenza sociale il MAC promuove come best practices proprio le esperienze dell'Europa del Nord nelle quali (dopo i grandi negoziati sociali degli anni '90 in Svezia, Danimarca, Olanda, Belgio, ecc.) il reddito minimo garantito è diventato il fulcro di politiche cosiddette di flexicurity, che tendono ad assicurare al singolo una continuità di reddito e di protezione sociali nel mutato contesto del mercato del lavoro, connotato ormai da una crescente flessibilità, accompagnata da un'alta disoccupazione strutturale. Il RMG diventa così appannaggio del cittadino lavoratore che alle classiche tutele "nel contratto" può aggiungere quelle "nel mercato", nelle transizioni da un posto di lavoro a un altro o nei periodi di disoccupazione. L'RMG viene visto anche come base di una certa autodeterminazione lavorativa in quanto consente al soggetto di rifiutare sub-lavori degradanti e mal pagati, "indecenti".
Nel dicembre del 2007 il Consiglio dei Ministri dell'occupazione dell'Unione europea vara gli 8 principi di flexicurity che racchiudono in sintesi l'elaborazione dei vari MAC in materia sociale e che dovrebbero da quel momento ispirare le politiche interne, consentendo monitoraggi più precisi e, eventualmente, anche interventi della Commissione. In questo storico Documento il RMG è più volte richiamato come uno dei tre pilastri della flexicurity europea (insieme alla formazione permanente e continua ed al libero accesso a gratuiti ed efficienti servizi dell'impiego, previsti come autonomi diritti anche nella Carta dei diritti Ue). Nel 2010 la Lisbon Strategy è stata sostituita con la "Strategia 20-20" che introduce uno specifico obiettivo di ordine sociale e cioè la riduzione del tasso di povertà di almeno 20% in dieci anni: una vasta letteratura ed anche Documenti della Commissione sottolineano che lo strumento giuridico per perseguire questo obiettivo è il RMG, senza il quale appare difficile se non impossibile raggiungere l'area del disagio sociale acuto e permanente.
I caratteri del diritto - Assai importante nel precisare i contorni del RMG è la Risoluzione del Parlamento europeo del 21.10.2010 approvata con 540 voti a favore e 19 contro, che ha riaffermato la centralità di questo strumento per la coesione continentale e per fronteggiare la crisi economica internazionale. Il Parlamento ha invitato tutti gli Stati che ne sono ancora privi, ad introdurre con urgenza tale diritto e tutti gli altri a mantenersi nei parametri quantitativi e qualitativi già indicati dalle due raccomandazioni del 1992 e del 2008 della Commissione. Inoltre si è ricordato che il RMG è un diritto sociale fondamentale, diretto a tutelare la dignità di ogni persona residente in via stabile nel territorio dell'Unione e che le modalità con cui tale diritto viene assicurato devono essere coerenti con tale finalità: sono pertanto inammissibili forme di erogazione che stigmatizzano l'individuo sottoponendolo a costrizioni e controlli irrazionali, che possono distruggere l'autostima e l'autodeterminazione del soggetto " in carico" facendolo apparire come un parassita, inutile per il benessere della collettività.
Da ultimo va ricordata la sentenza del Tribunale costituzionale tedesco del 9.2.2010, molto limpida nel tracciare le caratteristiche del RMG chiamato "reddito minimo adeguato a una vita dignitosa", che ha dichiarato parzialmente incostituzionale il cosiddetto sistema Hartz IV, introdotto nel 2005, che raggruppa gli aiuti sociali e gli assegni di disoccupazione.
Secondo il Giudice delle leggi tedesco quel sistema non soddisfa pienamente la Costituzione negli artt. 1 e 20 ("La dignità dell'uomo è intangibile", "La Repubblica federale tedesca è uno stato federale democratico e sociale"), letti in connessione tra loro. Il diritto a un RMG (o reddito di esistenza) – spiega la Corte – "garantisce ad ogni persona bisognosa le condizioni materiali indispensabili per la sua esistenza e un minimo di partecipazione alla vita sociale, culturale e politica. Oltre al diritto che deriva dall'art. 1.1 della Legge fondamentale, di vedere rispettata la dignità di ogni individuo, che ha effetto assoluto, questo diritto fondamentale ha, in relazione all'art. 20, un significato autonomo quale diritto di garanzia. Tale diritto non è soggetto a quanto dispone il parlamento e deve essere onorato: tuttavia gli si deve dare forma concreta e inoltre deve essere regolarmente aggiornato". Pertanto la Corte ha ritenuto non affidabili i parametri seguiti per dimostrare l'idoneità dei "minimi vitali" stabiliti per legge, a salvaguardare la dignità dei cittadini protetti ed ha stigmatizzato l'assenza di misure per coprire le spese impreviste ed eccezionali delle persone assistite.
Per concludere, l'intenso dibattito europeo e l'insieme delle iniziative adottate da organi dell'Unione e dagli Stati per assicurare un RMG a persone a rischio di esclusione sociale rendono oggi più chiaro anche dal punto di vista sociologico chi siano i beneficiari del diritti: a) disoccupati che non riescono a rientrare nel mercato del lavoro; b) persone in difficoltà nelle cosiddette transizioni lavorative; c) giovani in cerca di prima occupazione; d) soggetti emarginati, da tempo esclusi dalla attività produttive per problemi familiari, psicologici o anche connessi all'estrema povertà dell'ambiente in cui vivono. A questi oggi si devono aggiungere anche e) i precari ed i sottooccupati (mini-jobs) che non riescono a ricavare dall'attività un reddito "decente" che in moltissimi paesi viene "integrato" dal RMG sino al raggiungimento di una soglia adeguata (anzi, in molti paesi si consente che tale soglia sia di poco superata attraverso il sussidio statale, per incentivare i soggetti a mantenere la propria occupazione).
L'Italia nel contesto europeo - Il quadro europeo mostra una varietà notevole di schemi di RMG sia nelle entità (che comunque devono essere parametrate sui livelli di reddito di ciascun paese), sia riguardo le condizioni di erogabilità. In genere vi è l'obbligo di accettare offerte di lavoro, anche se i paesi più avanzati a livello sociale dell'Europa del Nord prescrivono che tali offerte siano coerenti con il bagaglio professionale acquisito e con il livello di reddito precedentemente garantito, anche in ossequio al diritto internazionale e cioè alla Convenzione OIL n. 168/1988, applicabile per analogia, che impedisce di condizionare l'indennità di disoccupazione al dovere di accettare offerte di lavoro che non abbiano le caratteristiche prima indicate. E' altresì diffuso l'obbligo per il sussidiato di seguire corsi di formazione professionali o percorsi di reinserimento concordati con gli uffici pubblici competenti; nei paesi più avanzati si consente ai soggetti un'ampia scelta anche tra istruzione superiore e/o universitaria, attività volontaria, di cura etc. in modo da consentire alla persona di trovare il " proprio" modo di partecipare al benessere generale.
Nei paesi che hanno inventato e praticato per primi il modello di "flexicurity" (paesi scandinavi, Olanda, nei quali l'entità del RMG può essere anche di una certa rilevanza, sino oltre 1'500 euro mensili in caso di famiglie con figli minori), il RMG è agganciato al sistema di protezione contro la disoccupazione in generale. Chi si trova a perdere il lavoro percepisce – a carico dei medesimi servizi per l'impiego -che sono in genere cogestiti dalle parti sociali- una indennità di disoccupazione che può durare alcuni anni (Danimarca o Svezia; in Danimarca 4 anni ora ridotti a 3, con una indennità pari al 90% dell'ultima retribuzione, ora ridotta all'80%); se il soggetto non ritrova occupazione (ipotesi assai rara) in tale periodo, percepisce poi il RMG (che in quasi tutti i paesi europei non ha scadenza e dura sino a quando persiste la situazione di rischio di esclusione sociale). Coloro invece che non sono tecnicamente disoccupati, se hanno un reddito non sufficiente, godono immediatamente del RMG. Oggi anche Belgio, Germania ed Austria hanno un sistema simile in quanto unico è il sistema che protegge dalla disoccupazione e dall'emarginazione. In Francia vige invece il Revenu de solidarieté active (RSA) (circa 1200-1300 euro mensili), piuttosto generoso, anche se condizionato strettamente alla formazione ed al reinserimento dei soggetti presi in carico dall'amministrazione pubblica.
L'Italia e Grecia sono gli unici paesi dell'Ue a essere privi di una misura del genere; qualche tentativo è stato fatto nel nostro paese, ma senza successo. Il primo Governo Prodi varò in via sperimentale il Reddito minimo d'inserimento (RMI) in alcune zone particolarmente disagiate del paese (soprattutto del Sud-Italia): l'RMI era pari a lire 390.000 dell'epoca. Tuttavia l'esperimento non è stato proseguito. Nel 2003 la Corte costituzionale, con la sentenza n. 10/2003, ha bocciato l'ipotesi di istituzione di un reddito di ultima istanza per violazione delle competenze regionali in materia di assistenza sociale. Da quel momento "in vista della riforma organica degli ammortizzatori sociali" alcune Regioni hanno attuato forme di sperimentazione locale, prima la Campania (che ha chiamato Reddito di cittadinanza la misura introdotta), poi la Regione Friuli Venezia Giulia, quindi il Lazio e la Provincia di Trento. Le prime due sperimentazioni sono cessate, la legge del Lazio è stata de-finanziata anche se è ancora formalmente in vigore, l'ultima è ancora operativa.
La letteratura sull'argomento concorda sul fatto che un provvedimento nazionale dovrebbe, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, definire i livelli essenziali della prestazione (previo accordo con le Regioni), lasciando a quest'ultime ed anche agli altri Enti locali il compito di erogare servizi e benefici ulteriori.
Pertanto, salvo i residenti in Trento e Provincia, i cittadini italiani privi dei mezzi elementari di sussistenza, nonostante i molteplici richiami della Commissione europea e del Comitato economico sociale del Consiglio d'Europa, sono privi di un sostegno che assicuri il loro diritto ad una esistenza libera e dignitosa. Gli ultimi Governi hanno solo elaborato varie forme di social card e cioè forniture sostanzialmente a carattere alimentare (alcune gestite direttamente da "enti caritativi") a persone in situazione di assoluta indigenza; una recentissima forma di social card in via sperimentale eroga anche qualche briciola in più, ma solo in determinate zone e a persone che versano in situazioni di straordinaria deprivazione materiale e familiare (basterà pensare che per questa social card sono stati stanziati 350 milioni di euro, mentre alla Francia il Revenu de solidarité active costa circa 14 miliardi l'anno, pur non essendo tale paese tra coloro che investono di più sul "capitale umano").
La situazione appare ancor più grave se consideriamo il grado di scarsa copertura del sistema interno di ammortizzatori sociali che non arriva a coprire idoneamente – persino per una indennità prevista costituzionalmente come quella di disoccupazione- lavoratori precari, lavoratori autonomi "etero-diretti" e varie forme di lavoro flessibile .
Una Commissione di esperti recentemente riunitasi sotto l'impulso del Ministro per il welfare Giovannini ha elaborato una proposta di SIA (sostegno per l'inclusione attiva) che, stante la modestia dei fondi previsti, certamente non potrebbe essere coerente con i parametri europei che -come abbiamo visto – sono molto precisi, almeno dal punto di vista quantitativo. Peraltro il SIA, contrariamente a quanto previsto dalla Carta dei diritti UE, ha come punto di riferimento la famiglia e i suoi redditi e non la persona ed i suoi bisogni.
Una Commissione di esperti recentemente riunitasi sotto l'impulso del Ministro per il welfare Giovannini ha elaborato una proposta di SIA (sostegno per l'inclusione attiva) che, stante la modestia dei fondi previsti, certamente non potrebbe essere coerente con i parametri europei che -come abbiamo visto – sono molto precisi, almeno dal punto di vista quantitativo. Peraltro il SIA, contrariamente a quanto previsto dalla Carta dei diritti UE, ha come punto di riferimento la famiglia e i suoi redditi e non la persona ed i suoi bisogni.
In conclusione va ricordato che le ultime statistiche sovranazionali indicano che l'Italia, sui 28 Stati dell'Unione, ha il più forte tasso di incremento di persone a rischio di esclusione sociale, che possono contare, cioè, su un reddito inferiore alla soglia del 60% del reddito mediano da lavoro dipendente ( nel nostro paese meno di 600 euro mensili). (2/2 - Fine)
LABORATORIO DIRITTI FONDAMENTALI in collaborazione
con l'Osservatorio sul rispetto dei diritti fondamentali in Europa