11.28.2013

Edilizia: si riparte dall'ambiente (2/2)

a cura di www.rassegna.it
 
7 miliardi di euro a disposizione per trasformare
il settore creando 600mila nuovi occupati.
 
La proposta del sindacato edili Fillea Cgil e di Legambiente per innescare il cambiamento nell'edilizia pubblica si può riassumere in alcune scelte innovative:
    1. Stabilire un criterio prestazionale per selezionare gli interventi di riqualificazione da finanziare e realizzare, per cui potranno beneficiare delle risorse non interventi generici di riqualificazione ma solo quelli capaci di ridurre i consumi energetici certificati attraverso il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici, evidenziando il salto di classe energetica realizzato.
    Escludere dal patto di stabilità gli interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio in tutti i casi in cui è dimostrata la riduzione complessiva di spesa di gestione realizzata grazie agli interventi e la fattibilità tecnica e finanziaria dell'intervento.
    Introdurre un fondo nazionale di finanziamento e di garanzia per gli interventi di riqualificazione energetica di edifici pubblici e privati. La Direttiva 2012/27 prevede, all'articolo 20, che gli Stati agevolino l'istituzione di strumenti finanziari per realizzare misure di miglioramento dell'efficienza energetica perché uno dei problemi più rilevanti in questo momento riguarda infatti l'accesso al credito.
    Occorrono poi certezze per la certificazione energetica delle abitazioni, attraverso regole finalmente omogenee in tutto il territorio nazionale, semplici, coerenti per migliorare le prestazioni degli edifici, garantendo i cittadini e dare credibilità attraverso controlli indipendenti e sanzioni.
    Garantire la sicurezza antisismica degli edifici. Continuiamo ad assistere a troppe tragedie senza responsabili, a crolli e sciagure per edifici costruiti male e in luoghi insicuri. Questa situazione va superata stabilendo l'obbligo del libretto antisismico per tutti gli edifici esistenti. Va introdotto il Fascicolo del Fabbricato che deve rappresentare la carta di identità delle strutture, per conoscere il grado effettivo di affidabilità e sicurezza degli edifici in termini di vulnerabilità sismica e idrogeologica dell'area.
    2. Interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio privato. Negli ultimi quindici anni la politica delle detrazioni fiscali ha rappresentato uno straordinario volano per il settore delle costruzioni spingendo la manutenzione del patrimonio edilizio e il miglioramento delle prestazioni energetiche. E' una politica che crea benefici per i cittadini e il Paese, che si ripaga ampiamente con l'economia, la fiscalità, il lavoro creato e che se oggi può beneficiare anche dei fondi strutturali deve evolversi per diventare più trasparente e efficace in termini di risultati energetici che produce:
    Rendendo permanenti le detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza. Il Governo ha appena stabilito una proroga per tutto il 2014 e poi di riduzioni per entrambe queste forme di incentivo. Se si vuole sul serio puntare sulla riqualificazione del patrimonio edilizio occorre dare certezze a questa prospettiva. Occorre rendere permanenti le detrazioni fiscali per gli interventi di miglioramento dell'efficienza energetica negli edifici, offrendo un orizzonte temporale serio, di almeno 45 anni per poi verificare i risultati, e poi rimodulare gli incentivi per premiare i contributi apportati dai diversi interventi e dalle tecnologie in termini di riduzione dei consumi energetici e delle emissioni di CO2. Perché attraverso la verifica della prestazione e della Classe dell'edificio è possibile verificare e premiare l'effettivo risultato raggiunto in termini di consumi. Perché se l'obiettivo è la riduzione dei consumi energetici, bisogna incentivare gli interventi capaci di realizzare uno scatto di classe di appartenenza in appartamenti o complessi immobiliari.
    Allargando le detrazioni in maniera permanente al consolidamento antisismico degli edifici. Questa strada intrapresa a partire dal 2013 con la possibilità di detrarre le spese sostenute per gli interventi per l'adozione di misure antisismiche e l'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica sulle parti strutturali degli edifici è lungimirante e efficace e permette di dare una prospettiva al grande tema del rischio nel nostro Paese.
    Reintroducendo gli incentivi per la sostituzione di coperture in amianto con tetti fotovoltaici. La cancellazione dell'incentivo in conto energia ha infatti tolto a famiglie e imprese una speranza fondamentale di rimuovere dai tetti una fibra letale e il cui utilizzo è vietato dal 1992. Ripristinare l'incentivo è fondamentale, perché sono in attesa di bonifica circa 50mila edifici pubblici e privati e 100 milioni di metri quadrati strutture in cementoamianto, a cui vanno aggiunti 600mila metri cubi di amianto friabile.
    3. Innovazione negli interventi urbani. Occorre cambiare profondamente le forme di intervento nelle città italiane per rendere possibile la riqualificazione energetica e antisismica attraverso l'utilizzo di risorse comunitarie e nazionali. Questi interventi oggi sono costosi e complicati, ed è per questo impossibile creare opportunità imprenditoriali in modo da contribuire attraverso i risparmi prodotti al finanziamento degli interventi. In particolare è difficilissimo l'intervento su quella parte del patrimonio edilizio con più abitazioni e piani, proprietà frammentate e con gestione condominiale, dove abitano 20 milioni di persone. Per spingere interventi di riqualificazione energetica che riguardano interi edifici e che intervengono oltre che sugli impianti anche sull'isolamento termico occorrono nuovi strumenti:
    Introducendo un nuovo incentivo per promuovere interventi di retrofitting e messa in sicurezza di interi edifici. I certificati bianchi per l'efficienza energetica possono essere utilizzati per questi obiettivi, attraverso incentivi che premino il miglioramento della classe energetica realizzato negli alloggi (per passare dalla Classe G alla B, dalla D alla A), riuscendo così a quantificare il risultato prodotto in termini di consumi e coinvolgendo le ESCO nel finanziare e realizzare gli interventi. L'incentivo legherebbe i vantaggi economici/fiscali a un risparmio energetico reale, certificato (in modo da spingere il miglioramento delle prestazioni e garantire così un vantaggio alle famiglie).
    Ripensando le autorizzazioni per gli interventi di retrofit energetico. Se in questa direzione stanno andando le sperimentazioni più interessanti sugli edifici residenziali nelle città europee. In Italia realizzare questi interventi e difficilissimo per un quadro di regole sulla riqualificazione in edilizia oramai datato le categorie sono quelle della Legge 457/1978 senza alcuna attenzione ai temi energetici. Occorre introdurre una categoria di intervento che aiuti a creare le condizioni tecniche e economiche per rendere vantaggiosi interventi che possono consentire di migliorare le prestazioni dei condomini e di garantire risparmi energetici quantificabili e verificabili per le famiglie, oltre che di consolidamento antisismico.
    Per Fillea e Legambiente il mondo delle costruzioni può diventare il volano della ripresa economica puntando a fare della sfida della innovazione il traino per riuscire ad affrontare sul serio i problemi delle famiglie – dalla spesa energetica all'accesso a case a prezzi sostenibili, dal degrado al rischio sismico e per restituire qualità e valore sociale alle città e a spazi pubblici degni di questo nome. (2/2 - Fine) 

Per il lavoro sarebbe un massacro

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

Camusso: "La manovra non va bene, rischiamo un massacro occupazionale nel 2014". Angeletti: "Al via una grande campagna di informazione". Bonanni: "Letta non bluffi sulle tasse". Il 14 manifestazioni regionali

Senza un cambiamento vero "nel 2014 ci sarà un nuovo massacro occupazionale che renderà sempre più difficile immaginare una prospettiva". A dirlo è il segretario della Cgil, Susanna Camusso, parlando agli esecutivi unitari di Cgil Cisl Uil convocati ieri a Roma. "Il tempo non è una variabile indipendente", ha sottolineato Camusso. Le tre sigle hanno rilanciato la mobilitazione per cambiare la manovra. "Basta con la politica di contenimento e galleggiamento nella quale c'è l'idea di ridimensionare il ruolo del sindacato. Questa legge di Stabilità non va bene - prosegue Camusso - perché segue quanto fatto dai governi precedenti: non c'è nessun segnale verso il cambiamento delle regole dell'economia" con in più il rischio deflazione alle porte. "Il tema è invece rilanciare la domanda, che è l'unico modo per la crescita. Di annunci infiniti non ne possiamo più".

Nel suo discorso c'è anche un passaggio di autocritica: "Non possiamo nasconderci - osserva - il fatto che non abbiamo raggiunto un livello di mobilitazione che risponda a queste esigenze. Si discute da cinque anni della tassazione sulla casa, questo dice che abbiamo difficoltà, che dobbiamo provare a rimontare parlando col resto del mondo e non solo con chi raggiungiamo nei luoghi di lavoro organizzati". Quanto alla spending review, a suo giudizio "assolutamente necessaria", occorre però contrastare l'idea che i lavoratori siano ridotti a un oggetto del risparmio: "Non può essere una misura contabile che pensa solo alla mobilità, si deve pensare a una nuova organizzazione del lavoro pubblico". Senza dimenticare le due grandi emergenze: quella degli esodati ("un'ingiustizia terribile") e la questione degli ammortizzatori sociali. Chi pensa di rivedere la cassa integrazione, conclude Camusso, "sappia che ce ne sarà ancora più bisogno in futuro: per tutto il lavoro, anche per il pubblico, servono i contratti di solidarietà".

“Siamo in un paese dove per anni si è costruita l'idea che i lavoratori pubblici sono la causa di tutti i mali. Noi dobbiamo ripartire dal fatto che i lavoratori pubblici sono una straordinaria risorsa del paese e che anche quando indichiamo delle cose che appaio banali, come il fatto che beni e servizi non sono la stessa cosa, stiamo esattamente indicando da un lato il livello dello spreco e dall'altro la funzione dei lavoratori pubblici nei confronti della popolazione”. “La spending review – spiega il segretario generale della Cgil - non può essere semplicemente una misura amministrativa e contabile. La spending review è l'idea di quale amministrazione pubblica serve al paese ed è per questo che è connessa anche al fatto che non si possono fare continui annunci di riforme istituzionali per decreto per poi ricordarsi che invece servono delle norme costituzionali – sottolinea Camusso -, perché anche in questo modo si è costruita una situazione insostenibile nei confronti dei lavoratori”.

“Lo abbiamo visto con la cassa integrazione in deroga, i fondi inter professionali, le provenienze dalla produttività, cioè l'idea che si investa sul lavoro è un'idea che non c'è e come si fa a non investire sul lavoro?”, si chiede il leader della Cgil e prosegue: “Si contrappongono sempre interessi di lavoratori tra gli uni e gli altri. Lo si è fatto sulla cassa in deroga, lo si fa sui pubblici, si rischia di farlo sulle questioni delle politiche industriali e le riorganizzazioni dei grandi settori. Allora noi dobbiamo essere molto chiari nel fatto che invece l'obiettivo di questa nostra rivendicazione è l’obiettivo di aumentare le risorse al lavoro e facendolo – conclude Camusso - mettiamo anche a disposizione le nostre competenze, le nostre professionalità perché tutto ciò avvenga concretamente”.

"Vogliamo un risultato, non ci arrendiamo e non ci arrenderemo, vogliamo una consistente riduzione delle tasse su lavoro e pensioni". Così il segretario della Uil, Luigi Angeletti, ha aperto la riunione. Il dirigente sindacale ha annunciato l'inizio di una imponente campagna di informazione per cambiare la manovra che culminerà con manifestazioni regionali il 14 dicembre e che in ogni caso "terminerà solo il giorno in cui questo risultato sarà ottenuto", ha precisato. I sindacati puntano "a rendere esplicito il fatto che la stragrande maggioranza di chi rappresenta il lavoro è contrario" a questa legge di Stabilità. E questa volta, afferma Angeletti, lo faranno non con uno sciopero, che sarebbe "uno strumento limitato", ma con una grande campagna di informazione ("tappezzeremo tutto il paese con milioni di volantini e manifesti") perché l'interlocutore, il governo, è un soggetto politico e dunque "si deve intaccare il ciò che ha di più caro, cioè il consenso dell'opinione pubblica".

"Il governo - afferma Angeletti nella sua analisi - ha solo cercato di stabilizzare il deficit 2013 attraverso una tradizionalissima manovra" e lo ha fatto "nel modo più neutrale possibile". Il contenimento della spesa "è avvenuto tramite la privazione di diritti sindacali di 3 milioni e mezzo di lavoratori pubblici e con la mancata reintroduzione dell'indicizzazione delle pensioni, ecco dove hanno fatto i veri risparmi". "Probabilmente - afferma - l'esecutivo non puntava a una manovra recessiva, tuttavia la compressione della domanda interna" che ne deriva "rende irrealistica ogni prospettiva di crescita, per quanto possano andare bene le esportazioni". Per far crescere la domanda interna serviva invece "una redistribuzione, anche modesta, degli impieghi delle risorse pubbliche", cosa che si poteva fare "eliminando gli sprechi e costi indiretti della politica". Insomma, è stata fatta "un'operazione per rendere stabile il quadro politico, e forse non ci sono neanche riusciti, senza pensare ai veri problemi del paese".

"Letta annuncia sul giornale (Il Sole 24, ndr) novità sul cuneo fiscale: ci aspettiamo un abbassamento delle tasse su lavoro e pensioni grazie al recupero di risorse dalla spending review, dall'evasione e dalle rendite. Risorse da collegare automaticamente al taglio delle tasse. Vedremo se il governo, nel gioco degli emendamenti alla Camera, si prenderà la responsabilità di presentare il proprio emendamento, rendendo fruibile una proposta fatta così nettamente da sindacati e imprese. Così sarà chiaro se è bluff o se c'è una reale volontà di farlo". A dirlo è il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, chiudendo la riunione.

"Non ci basta il brodino di 13 euro - prosegue il dirigente sindacale riferendosi alle prime cifre circolate -, ci aspettiamo e possiamo ottenere qualcosa di molto consistente, ma dipende anche da come ci poniamo noi". Quanto alle pensioni, "non siamo d'accordo con il governo, lo diciamo con chiarezza, sul balletto indegno della rivalutazione: è poco serio annunciare aumenti, perfino il ministro l'ha fatto, e vedere le stesse istituzioni che poi indietreggiano". La proposta del commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, per Bonanni non è banale: "Per la prima volta è ben dettagliata. La mobilitazione, per noi, significa organizzarci, posto per posto, per aprire una discussione e non far mancare mai dati, proposte, denunce. Lì dobbiamo fare ciò che la politica spesso non fa: saper dire ciò che è prioritario e ciò che viene subito dopo per riqualificare i servizi e riabilitare la contrattazione nel pubblico impiego".

 

Parliamo di socialismo - La ragione di Letta e la fede di Rehn

di Nunziante Mastrolia

Il presidente del Consiglio Enrico Letta ha pronunciato parole sacrosante in risposta alle critiche del commissario Olli Rhen circa la legge di stabilità: “di solo rigore si muore”. C’è da sperare che al prossimo consiglio Ecofin le parole ragionevolissime del nostro presidente del Consiglio vengano prese in seria considerazione. Eppure ho qualche dubbio.

Perché? Perché mentre la risposta di Enrico Letta cade appunto nel campo della ragionevolezza, della più consolidata teoria economica e soprattutto del buon senso (non puoi mettere uno a pane ed acqua per giorni e poi pretendere che vinca i cento metri), le critiche europee alla nostra manovra finanziaria ricadono invece nel campo della fede: conforma la tua vita alle virtù teologali del liberismo e, dopo aver attraversato questa lacrimosa crisi economica prodotta dai tuoi stessi peccati, per te si apriranno le porte del paradiso della crescita miracolosa. E ancora: sta attento a non cedere alla tentazione della spesa pubblica, liberati dalle tue partecipazioni statali, liberati del fardello dello stato sociale e soprattutto non varcare mai la soglia del 3%, altrimenti forze oscure, dopo essersi accorte che hai abbandonato la via della virtù, riprenderanno ad attaccarti; tutti allora ti scacceranno, nessuno finanzierà più il tuo debito e niente potrà allora salvarti dall’inferno greco. Fede e ragione, dunque. E, per quanto ne so, la fede non sente ragioni.

Ovviamente qui, la fede non c’entra nulla. Allora, come stanno le cose? Vediamo: assodato che il rigore non produce crescita economia sana, quindi per tutti (a contrario: a ripartire sono i paesi che se ne sono infischiati della politiche del rigore). Se non c’è crescita, non si può neanche sperare di mettere in ordine i conti pubblici, a meno di non ingaggiare una corsa devastante con la depressione: più cala il PIL più crescono le tasse, ma il fondo del barile è lì che aspetta, ansioso di farsi raschiare. Almeno si può dire che tutto ciò ci serve a tenere lontano l’attacco della speculazione? No, neanche quello.

Perché? Il Giappone ha un debito che è del 236% rispetto al PIL ed un rapporto deficit/PIL del 10%, per non parlare del debito americano che è del 120% (e parliamo del solo debito federale). Per inciso, la massima parte del debito giapponese è nella mani dei propri cittadini. Era così anche in Italia fino a qualche anno fa, poi forse qualcuno ha pensato che faceva troppo provinciale. E ancora: “i tassi di interesse sul debito britannico sono molto più bassi di quelli sul debito spagnolo (…) anche se la Gran Bretagna ha un debito e dei disavanzi più elevati, e presumibilmente una prospettiva fiscale peggiore rispetto alla Spagna, pur tenendo conto della deflazione spagnola” (Krugman, 2012).

Ci sono forse attacchi speculativi contro Tokyo, Washington o Londra? Per quanto ne so, no. Ed il motivo è che agli investitori interessa sapere una cosa molto semplice: “se le cose vanno male, chi paga?”. Il Giappone, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna (ed altri) hanno la risposta a questa domanda: “state tranquilli! Se le cose vanno male chiediamo alle nostre banche centrali di stampare un po’ di soldi e possiamo così ripagare i nostri debiti”.

In Europa questo non poteva succedere, perché alla BCE questa manovra non era concessa. Poi, per fortuna, è arrivato Mario Draghi e quando ha affermato che la BCE avrebbe fatto di tutto per difendere l’euro (ed ha iniziato a comprare il debito dei paesi in difficoltà), gli attacchi della speculazione si sono fermati e lo spread è crollato, passando da un picco di 538 a un minimo a 236.

Questo cosa significa? Significa che, se a Draghi viene consentito di fare ciò che ha promesso, se la BCE continua a fare da creditore di ultima istanza, non ha nessun senso continuare ad insistere sulle politiche di austerity, quanto meno durante una recessione, che aspira a diventare una depressione. Il che vuol dire che i vari accordi – dal Fiscal Compact, al Six Pack – non solo sono dannosi, ma anche, ironia della sorte, inutili.

 

11.21.2013

Edilizia: si riparte dall'ambiente (1/2)

LAVORO E DIRITTI
a cura di www.rassegna.it
  
Innovazione, riqualificazione, efficienza energetica e sicurezza del patrimonio edilizio per uscire dalla crisi.
 
La crisi drammatica che dura da sei anni e che ha portato nel settore edilizio alla perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro e alla chiusura di 12mila imprese può essere sconfitta "non con l'ennesima richiesta di finanziamenti pubblici, ma grazie a un chiaro e radicale cambiamento delle politiche che regolano il compartimento dell'edilizia". Questa la richiesta di Fillea Cgil e Legambiente al Governo espressa nel secondo rapporto dell'osservatorio congiunto delle due associazioni (qui il pdf) "Costruire il futuro, innovazione e sostenibilità nel settore edilizio", presentato oggi a Roma e che ha visto la partecipazione del Ministero dell'Ambiente e di numerosi presidenti ed assessori di giunte regionali.
    Le due associazioni ricordano che l'Unione Europea, con la nuova programmazione dei fondi europei 20142020, vuole spingere proprio in questa direzione e con le Direttive 2012/27 e 2010/31 ha fissato la visione e le scelte da intraprendere per fare dell'efficienza energetica la chiave per una riqualificazione diffusa e ambiziosa del patrimonio edilizio italiano. "Un'occasione che non deve essere sprecata – sottolineano Fillea e Legambiente nel rapporto - e dove è importante costruire un'alleanza che coinvolga tutti i soggetti sociali e imprenditoriali, politici e associativi che vogliono puntare a fare dell'efficienza energetica e statica del patrimonio edilizio la leva per uscire dalla crisi, creando occupazione (si stima almeno 600mila posto di lavoro) e nuove opportunità per le città italiane".
    Secondo le stime del rapporto, le risorse che si possono mobilitare per l'efficienza energetica sono almeno 7 miliardi di euro. Risorse che "sarebbe irresponsabile sprecare, perdendo l'occasione di riqualificare finalmente il patrimonio edilizio esistente con interventi per l'efficienza energetica e la sicurezza antisismica, migliorando la qualità dell'abitare e dimezzando i consumi e le spese in bolletta per i cittadini".
    Fillea e Legambiente sottolineano l'importanza dell'innovazione ambientale: "Nessuno può seriamente sostenere che si possano recuperare quei livelli occupazionali ritornando semplicemente a fare quello che si faceva in Italia fino al 2008. Ossia costruire nuove abitazioni al ritmo di 300mila all'anno, con oltretutto la beffa di non aver contribuito in alcun modo a dare risposta ai problemi di accesso alla casa e invece prodotto un rilevantissimo consumo di suolo".
    "La strada per tornare a creare lavoro esiste – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza nel corso del convegno di presentazione del rapporto - e in altri Paesi ha portato a creare molti più occupati della gestione tradizionale, perché è una strada che punta su una innovazione in edilizia che incrocia il tema energia e la nuova domanda di qualità delle abitazioni e di spazi adatti alle nuove famiglie. Una volta tanto l'Europa ci fornisce sollecitazioni ed indicazioni non solo per l'austerità, ma anche per imboccare un possibile sviluppo e, in questo caso specifico, rilanciare il settore, non più occupando suolo agricolo, ma riqualificando le città in funzione dei bisogni diffusi dei suoi abitanti e quindi creando un nuovo mercato, compatibile con la salvaguardia del territorio e dei suoi delicati equilibri".
     "È quanto ci dice la Direttiva europea 2012/27 – prosegue Cogliati Dezza - che prevede impegni chiari e vincolanti da parte degli Stati per fare dell'efficienza energetica la chiave per una riqualificazione diffusa e ambiziosa del patrimonio edilizio. Come la nuova programmazione dei fondi europei 20142020 che vincola una quota significativa dei finanziamenti proprio per questo tipo di interventi. Come, ancora, i programmi per le Smart city e gli ecoquartieri. Per l'Italia è una occasione straordinaria per avere finalmente politiche coerenti, ma serve un PON per le città che assolva al ruolo di "cabina di regia" tra competenze sparse su più ministeri e diversi livelli istituzionali, per ridare centralità alle politiche urbane, anche in funzione anticrisi, rilanciando gli interventi dentro le città, ripensando gli edifici e riqualificando gli spazi urbani".
     "In questi anni si è perso troppo tempo" ha dichiarato Walter Schiavella, segretario generale della Fillea Cgil. "I governi hanno agito o nella direzione di favorire il rafforzamento di una idea di edilizia speculatrice e divoratrice di territorio (le logiche delle sanatorie, dell'abbassamento dei vincoli edificatori e delle regole) o, nel migliore dei casi, con poco coraggio, come dimostra la legge di stabilità in discussione in Parlamento (incentivi non strutturali e assenza di una politica industriale capace di sostenere un processo di riconversione alla sostenibilità delle imprese del settore)".
    Schiavella chiede quindi "un vero e proprio salto di qualità per trasformare la crisi strutturale e congiunturale che sta attraversando il settore in opportunità concreta per rimetterlo sul binario della regolarità, della legalità e della sostenibilità ambientale e sociale. Un salto che sarà possibile solo se tutti gli attori faranno la propria parte. A cominciare dal governo, il cui ruolo è quello di dare l'orizzonte strategico, impegnare risorse in questa direzione e stabilire regole per accompagnare e sostenere questa 'rivoluzione' del modello produttivo italiano delle costruzioni". "Occorrono dunque decisioni politiche – prosegue il segretario Fillea – per accompagnare questo cambiamento e il coraggio di chiudere le porte con le stagioni dei condoni e di un edilizia caratterizzata da forte presenza di lavoro nero e dove continuano ad esserci troppi omicidi sul lavoro".
    Il problema – ricordano le due associazioni - è che oggi vi è una totale confusione di responsabilità rispetto a chi si debba occupare di efficienza energetica tra Ministero delle infrastrutture, Ministero dello sviluppo economico, Ministero dell'Ambiente. Se questa situazione non cambia i fondi strutturali 20142020 faranno la stessa fine di quelli delle programmazioni precedenti, perdendo l'occasione di farli diventare una vera leva di sviluppo. Le stesse Regioni non hanno ancora compreso come occorra cambiare priorità di intervento e strategie, altrimenti le risorse europee vincolate all'efficienza energetica saranno sprecate.
    Per Fillea e Legambiente è "indispensabile" una regia nazionale che scelga e coordini gli interventi prioritari: "per questo chiediamo al governo Letta di istituire un PON nazionale sulle città per coordinare interventi e risorse da parte di Ministeri e Regioni". Per la riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico – si legge ancora nel rapporto - la Direttiva stabilisce che dal gennaio 2014 ogni anno siano realizzati interventi di ristrutturazione in almeno il 3% delle superfici coperte utili totali degli edifici riscaldati e/o raffreddati di proprietà pubblica per rispettare almeno i requisiti minimi di prestazione energetica della direttiva 2010/31 con l'obiettivo di svolgere "un ruolo esemplare degli edifici degli Enti pubblici". Questo è un cambiamento enorme, che va accompagnato con risorse e obiettivi, analisi e audit del patrimonio, azioni di risparmio energetico e di efficienza del patrimonio edilizio, cambiamenti nei sistemi di gestione dell'energia. (1/2 -Continua)

REDDITO MINIMO GARANTITO (2/2)

Da MondOperaio
 
 
Il diritto a una vita libera e dignitosa - Le forme del Reddito minimo garantito possono essere diverse, ma devono riguardare le persone, non solo le famiglie, devono essere efficaci rispetto allo scopo cui tendono. Solo l'Italia e la Grecia, nell'ambito dell'Unione Europea, ancora non prevedono una forma di Reddito Minimo Garantito che risponda a quanto richiede la normativa europea.
 
Il RMG come policy europea. - Pur non avendo mai esercitato una competenza normativa in materia, l'Unione ha da tempo individuato il RMG come una propria policy da connettersi strettamente alle altre politiche occupazionali e di crescita che i Trattati contemplano da decenni e, molto più chiaramente, da quanto il Trattato di Amsterdam ha introdotto un capitolo sociale ad hoc. Gli strumenti adottati per realizzare queste politiche sono, però, in genere quelli propri del metodo di coordinamento aperto e cioè atti di indirizzo, raccomandazioni, scambio di informazioni e promozione di best practices per raggiungere gli obiettivi comunemente stabiliti.
Poco prima dell'inizio dei negoziati che portarono all'approvazione del Trattato di Maastricht, l'allora Presidente della Commissione europea Jacques Delors tentò di far approvare una Direttiva che obbligasse tutti gli Stati ad adottare schemi di RMG, ma senza riuscirvi. L'idea dell'insigne politico socialista era quella di coniugare l'intensificazione dei legami economici tra i paesi membri con l'approntamento distandards minimi di trattamento di natura sociale, sì da impedire il pericolo di un social dumping tra paesi membri, cioè una concorrenza sleale nell'abbassare le tutele sociali al fine di attirare gli investimenti.
    Si riuscì, tuttavia, a emanare una storica raccomandazione, la n. 441/92, che ancora rappresenta un punto di riferimento essenziale in materia. La Raccomandazione (reiterata sostanzialmente nel 2008 in piena crisi economica, valorizzando il RMG anche come mezzo per tenere alti i consumi in funzione anticiclica) invita tutti gli Stati ad introdurre questo istituto ed offre precisi paradigmi di ordine quantitativo e qualitativo per determinarne i contorni precisi. Il RMG non può essere inferiore al 60% del reddito mediano da lavoro dipendente valutato per ciascuno Stato; oltre all'erogazione monetaria il beneficiario deve essere eventualmente sostenuto nelle spese per l'affitto e aiutato con forme di tariffazione agevolata nell'accesso ai servizi pubblici essenziali (luce, gas ecc.); infine anche per le spese impreviste ed eccezionali serve un aiuto pubblico in quanto il soggetto povero o a rischio di esclusione sociale si troverebbe nell'impossibilità di coprirle. Servizi sociali e servizi per l'impiego devono accompagnare le persone assistite in un percorso di reinserimento. Nel 2000 viene poi inaugurata la Lisbon Strategy diretta ad integrare le politiche di crescita e sviluppo con quelle sociali e di contrasto dell'esclusione sociale; nasce il metodo aperto di coordinamento (MAC) con il quale si intende indirizzare gli Stati, con strumenti legali a carattere non vincolante, verso il perseguimento di fini ritenuti comuni, valorizzando le esperienze nazionali ritenute più efficaci. Da quel momento, sui temi dell'assistenza sociale il MAC promuove come best practices proprio le esperienze dell'Europa del Nord nelle quali (dopo i grandi negoziati sociali degli anni '90 in Svezia, Danimarca, Olanda, Belgio, ecc.) il reddito minimo garantito è diventato il fulcro di politiche cosiddette di flexicurity, che tendono ad assicurare al singolo una continuità di reddito e di protezione sociali nel mutato contesto del mercato del lavoro, connotato ormai da una crescente flessibilità, accompagnata da un'alta disoccupazione strutturale. Il RMG diventa così appannaggio del cittadino lavoratore che alle classiche tutele "nel contratto" può aggiungere quelle "nel mercato", nelle transizioni da un posto di lavoro a un altro o nei periodi di disoccupazione. L'RMG viene visto anche come base di una certa autodeterminazione lavorativa in quanto consente al soggetto di rifiutare sub-lavori degradanti e mal pagati, "indecenti".
    Nel dicembre del 2007 il Consiglio dei Ministri dell'occupazione dell'Unione europea vara gli 8 principi di flexicurity che racchiudono in sintesi l'elaborazione dei vari MAC in materia sociale e che dovrebbero da quel momento ispirare le politiche interne, consentendo monitoraggi più precisi e, eventualmente, anche interventi della Commissione. In questo storico Documento il RMG è più volte richiamato come uno dei tre pilastri della flexicurity europea (insieme alla formazione permanente e continua ed al libero accesso a gratuiti ed efficienti servizi dell'impiego, previsti come autonomi diritti anche nella Carta dei diritti Ue). Nel 2010 la Lisbon Strategy è stata sostituita con la "Strategia 20-20" che introduce uno specifico obiettivo di ordine sociale e cioè la riduzione del tasso di povertà di almeno 20% in dieci anni: una vasta letteratura ed anche Documenti della Commissione sottolineano che lo strumento giuridico per perseguire questo obiettivo è il RMG, senza il quale appare difficile se non impossibile raggiungere l'area del disagio sociale acuto e permanente.
 
I caratteri del diritto - Assai importante nel precisare i contorni del RMG è la Risoluzione del Parlamento europeo del 21.10.2010 approvata con 540 voti a favore e 19 contro, che ha riaffermato la centralità di questo strumento per la coesione continentale e per fronteggiare la crisi economica internazionale. Il Parlamento ha invitato tutti gli Stati che ne sono ancora privi, ad introdurre con urgenza tale diritto e tutti gli altri a mantenersi nei parametri quantitativi e qualitativi già indicati dalle due raccomandazioni del 1992 e del 2008 della Commissione. Inoltre si è ricordato che il RMG è un diritto sociale fondamentale, diretto a tutelare la dignità di ogni persona residente in via stabile nel territorio dell'Unione e che le modalità con cui tale diritto viene assicurato devono essere coerenti con tale finalità: sono pertanto inammissibili forme di erogazione che stigmatizzano l'individuo sottoponendolo a costrizioni e controlli irrazionali, che possono distruggere l'autostima e l'autodeterminazione del soggetto " in carico" facendolo apparire come un parassita, inutile per il benessere della collettività.
    Da ultimo va ricordata la sentenza del Tribunale costituzionale tedesco del 9.2.2010, molto limpida nel tracciare le caratteristiche del RMG chiamato "reddito minimo adeguato a una vita dignitosa", che ha dichiarato parzialmente incostituzionale il cosiddetto sistema Hartz IV, introdotto nel 2005, che raggruppa gli aiuti sociali e gli assegni di disoccupazione.
    Secondo il Giudice delle leggi tedesco quel sistema non soddisfa pienamente la Costituzione negli artt. 1 e 20 ("La dignità dell'uomo è intangibile", "La Repubblica federale tedesca è uno stato federale democratico e sociale"), letti in connessione tra loro. Il diritto a un RMG (o reddito di esistenza) – spiega la Corte – "garantisce ad ogni persona bisognosa le condizioni materiali indispensabili per la sua esistenza e un minimo di partecipazione alla vita sociale, culturale e politica. Oltre al diritto che deriva dall'art. 1.1 della Legge fondamentale, di vedere rispettata la dignità di ogni individuo, che ha effetto assoluto, questo diritto fondamentale ha, in relazione all'art. 20, un significato autonomo quale diritto di garanzia. Tale diritto non è soggetto a quanto dispone il parlamento e deve essere onorato: tuttavia gli si deve dare forma concreta e inoltre deve essere regolarmente aggiornato". Pertanto la Corte ha ritenuto non affidabili i parametri seguiti per dimostrare l'idoneità dei "minimi vitali" stabiliti per legge, a salvaguardare la dignità dei cittadini protetti ed ha stigmatizzato l'assenza di misure per coprire le spese impreviste ed eccezionali delle persone assistite.
    Per concludere, l'intenso dibattito europeo e l'insieme delle iniziative adottate da organi dell'Unione e dagli Stati per assicurare un RMG a persone a rischio di esclusione sociale rendono oggi più chiaro anche dal punto di vista sociologico chi siano i beneficiari del diritti: a) disoccupati che non riescono a rientrare nel mercato del lavoro; b) persone in difficoltà nelle cosiddette transizioni lavorative; c) giovani in cerca di prima occupazione; d) soggetti emarginati, da tempo esclusi dalla attività produttive per problemi familiari, psicologici o anche connessi all'estrema povertà dell'ambiente in cui vivono. A questi oggi si devono aggiungere anche e) i precari ed i sottooccupati (mini-jobs) che non riescono a ricavare dall'attività un reddito "decente" che in moltissimi paesi viene "integrato" dal RMG sino al raggiungimento di una soglia adeguata (anzi, in molti paesi si consente che tale soglia sia di poco superata attraverso il sussidio statale, per incentivare i soggetti a mantenere la propria occupazione).
 
L'Italia nel contesto europeo - Il quadro europeo mostra una varietà notevole di schemi di RMG sia nelle entità (che comunque devono essere parametrate sui livelli di reddito di ciascun paese), sia riguardo le condizioni di erogabilità. In genere vi è l'obbligo di accettare offerte di lavoro, anche se i paesi più avanzati a livello sociale dell'Europa del Nord prescrivono che tali offerte siano coerenti con il bagaglio professionale acquisito e con il livello di reddito precedentemente garantito, anche in ossequio al diritto internazionale e cioè alla Convenzione OIL n. 168/1988, applicabile per analogia, che impedisce di condizionare l'indennità di disoccupazione al dovere di accettare offerte di lavoro che non abbiano le caratteristiche prima indicate. E' altresì diffuso l'obbligo per il sussidiato di seguire corsi di formazione professionali o percorsi di reinserimento concordati con gli uffici pubblici competenti; nei paesi più avanzati si consente ai soggetti un'ampia scelta anche tra istruzione superiore e/o universitaria, attività volontaria, di cura etc. in modo da consentire alla persona di trovare il " proprio" modo di partecipare al benessere generale.
    Nei paesi che hanno inventato e praticato per primi il modello di "flexicurity" (paesi scandinavi, Olanda, nei quali l'entità del RMG può essere anche di una certa rilevanza, sino oltre 1'500 euro mensili in caso di famiglie con figli minori), il RMG è agganciato al sistema di protezione contro la disoccupazione in generale. Chi si trova a perdere il lavoro percepisce – a carico dei medesimi servizi per l'impiego -che sono in genere cogestiti dalle parti sociali- una indennità di disoccupazione che può durare alcuni anni (Danimarca o Svezia; in Danimarca 4 anni ora ridotti a 3, con una indennità pari al 90% dell'ultima retribuzione, ora ridotta all'80%); se il soggetto non ritrova occupazione (ipotesi assai rara) in tale periodo, percepisce poi il RMG (che in quasi tutti i paesi europei non ha scadenza e dura sino a quando persiste la situazione di rischio di esclusione sociale). Coloro invece che non sono tecnicamente disoccupati, se hanno un reddito non sufficiente, godono immediatamente del RMG. Oggi anche Belgio, Germania ed Austria hanno un sistema simile in quanto unico è il sistema che protegge dalla disoccupazione e dall'emarginazione. In Francia vige invece il Revenu de solidarieté active (RSA) (circa 1200-1300 euro mensili), piuttosto generoso, anche se condizionato strettamente alla formazione ed al reinserimento dei soggetti presi in carico dall'amministrazione pubblica.
    L'Italia e Grecia sono gli unici paesi dell'Ue a essere privi di una misura del genere; qualche tentativo è stato fatto nel nostro paese, ma senza successo. Il primo Governo Prodi varò in via sperimentale il Reddito minimo d'inserimento (RMI) in alcune zone particolarmente disagiate del paese (soprattutto del Sud-Italia): l'RMI era pari a lire 390.000 dell'epoca. Tuttavia l'esperimento non è stato proseguito. Nel 2003 la Corte costituzionale, con la sentenza n. 10/2003, ha bocciato l'ipotesi di istituzione di un reddito di ultima istanza per violazione delle competenze regionali in materia di assistenza sociale. Da quel momento "in vista della riforma organica degli ammortizzatori sociali" alcune Regioni hanno attuato forme di sperimentazione locale, prima la Campania (che ha chiamato Reddito di cittadinanza la misura introdotta), poi la Regione Friuli Venezia Giulia, quindi il Lazio e la Provincia di Trento. Le prime due sperimentazioni sono cessate, la legge del Lazio è stata de-finanziata anche se è ancora formalmente in vigore, l'ultima è ancora operativa.
    La letteratura sull'argomento concorda sul fatto che un provvedimento nazionale dovrebbe, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, definire i livelli essenziali della prestazione (previo accordo con le Regioni), lasciando a quest'ultime ed anche agli altri Enti locali il compito di erogare servizi e benefici ulteriori.
    Pertanto, salvo i residenti in Trento e Provincia, i cittadini italiani privi dei mezzi elementari di sussistenza, nonostante i molteplici richiami della Commissione europea e del Comitato economico sociale del Consiglio d'Europa, sono privi di un sostegno che assicuri il loro diritto ad una esistenza libera e dignitosa. Gli ultimi Governi hanno solo elaborato varie forme di social card e cioè forniture sostanzialmente a carattere alimentare (alcune gestite direttamente da "enti caritativi") a persone in situazione di assoluta indigenza; una recentissima forma di social card in via sperimentale eroga anche qualche briciola in più, ma solo in determinate zone e a persone che versano in situazioni di straordinaria deprivazione materiale e familiare (basterà pensare che per questa social card sono stati stanziati 350 milioni di euro, mentre alla Francia il Revenu de solidarité active costa circa 14 miliardi l'anno, pur non essendo tale paese tra coloro che investono di più sul "capitale umano").
    La situazione appare ancor più grave se consideriamo il grado di scarsa copertura del sistema interno di ammortizzatori sociali che non arriva a coprire idoneamente – persino per una indennità prevista costituzionalmente come quella di disoccupazione- lavoratori precari, lavoratori autonomi "etero-diretti" e varie forme di lavoro flessibile .
Una Commissione di esperti recentemente riunitasi sotto l'impulso del Ministro per il welfare Giovannini ha elaborato una proposta di SIA (sostegno per l'inclusione attiva) che, stante la modestia dei fondi previsti, certamente non potrebbe essere coerente con i parametri europei che -come abbiamo visto – sono molto precisi, almeno dal punto di vista quantitativo. Peraltro il SIA, contrariamente a quanto previsto dalla Carta dei diritti UE, ha come punto di riferimento la famiglia e i suoi redditi e non la persona ed i suoi bisogni.
    In conclusione va ricordato che le ultime statistiche sovranazionali indicano che l'Italia, sui 28 Stati dell'Unione, ha il più forte tasso di incremento di persone a rischio di esclusione sociale, che possono contare, cioè, su un reddito inferiore alla soglia del 60% del reddito mediano da lavoro dipendente ( nel nostro paese meno di 600 euro mensili). (2/2 - Fine)
 
LABORATORIO DIRITTI FONDAMENTALI in collaborazione
con l'Osservatorio sul rispetto dei diritti fondamentali in Europa

L’illusione di una governance delle liquidità

 
di Mario Lettierigià Sottosegretario all'economia (governo Prodi)
Paolo RaimondiEconomista
 
Nel giro di pochi giorni le banche centrali ed i governi dei maggiori Paesi occidentali hanno preso una serie di decisioni finanziarie e monetarie di enorme portata. Se le si analizza una alla volta separatamente fanno notizia per un breve tempo e poi diventano passato. Se, invece, si prendono insieme diventano una strategia globale con preoccupanti conseguenze future.
    La Banca Centrale Europea ha portato il tasso di interesse di riferimento allo 0,25%, cioè allo stesso livello di quello della Federal Reserve. E' dalla crisi del 2007 che i tassi di interesse hanno continuato a scendere senza effetti significativi sulla ripresa economica dimostrando che i vecchi strumenti di politica monetaria non funzionano. Sotto lo zero non si può andare; adesso i tassi potranno solo risalire.
    La Fed nel 2007 aveva un tasso di 5,25% che da dicembre 2008 è dello 0,25%. Nel 2008 il tasso delle Bce era del 4,25% e, riduzione dopo riduzione, anche in Europa siamo arrivati allo 0,25%. La teoria secondo cui il basso costo del denaro mette in moto automaticamente maggiori investimenti si è rivelata una pura illusione.
    Eppure la Storia insegna che il mercato da solo non ha mai risolto situazioni di grave recessione o di depressione economica. Soltanto una profonda riforma della finanza, un sistema di credito produttivo pubblico/privato e grandi progetti di modernizzazione e di sviluppo dei vari settori dell'economia reale creano ricchezza e nuovi posti di lavoro con una certa incisività sui livelli del debito pubblico.
    Quasi contemporaneamente le banche centrali di USA, UE, UK, Giappone, Canada e Svizzera, hanno deciso di rendere permanenti i cosiddetti accordi monetari swap per creare una prudente rete di protezione della liquidità. Accordi swap temporanei, cioè linee di credito in valuta estera tra banche centrali, erano stati opportunamente introdotti 6 anni fa per rispondere al "credit crunch" globale che, come si ricorderà, aveva colpito molte grandi banche internazionali e minacciava l'implosione dell'intero sistema finanziario.
    Nel frattempo la Fed ha deciso di continuare a immettere nel sistema nuova liquidità per 85 miliardi di dollari al mese fintanto che lo reputerà opportuno. Il 17 ottobre governo e congresso Usa hanno concordato di sfondare il tetto del debito pubblico per evitare la bancarotta federale. Tale questione però si ripresenterà a febbraio 2014 quando Washington dovrà annunciare un nuovo innalzamento del tetto debitorio o iniziare loshut-down di alcuni settori dell'amministrazione pubblica.
    E' preoccupante quindi vedere che i governi e le banche centrali, invece di accordarsi sulla grande riforma del sistema e su una nuova architettura finanziaria, stiano approntando misure di stampo meramente monetarista per far fronte ad una nuova fase di crisi globale che evidentemente ritengono essere inevitabile.
    Uno dei problemi è la tenuta del crescente debito americano. Secondo gli ultimi rapporti Cina e Giappone, che insieme detengono il 43 % del debito in mani straniere, non intenderebbero continuare nella politica di acquisto delle obbligazioni del Tesoro USA. Anzi avrebbero già diminuito di oltre 40 miliardi di dollari il loro pacchetto di bond americani.
    Ancor più preoccupante è il fatto che le obbligazioni spazzatura americane (junk-bond), a fine anno toccheranno i 1000 miliardi di dollari. Nel 2012 ammontavano a 642,3 miliardi; nel 2007, alla vigilia del grande botto, erano pari a 900 miliardi di dollari. Nella sostanza è una nuova bolla.
    Non vogliamo essere delle cassandre. Ma in mancanza di politiche e di riforme virtuose del sistema economico e finanziario, temiamo che nuove tempeste siamo in arrivo. Il verificarsi di nuove bolle speculative rappresenta un chiaro segnale di possibili sconquassi purtroppo suffragati anche da dati che evidenziano livelli di rischio superiori a quelli del 2007.
    Perciò le banche centrali sbagliano se pensano di poter escludere una crisi sistemica soltanto perché hanno concordato una "governance della liquidità". Il fatto di incatenarsi assieme non garantisce la sopravvivenza se l'onda sale!
    I Paesi più deboli, come l'Italia, avendo poco da perdere, anziché balbettare singolarmente potrebbero o meglio dovrebbero farsi sentire in modo univoco e più forte con proposte di riforma e programmi più coraggiosi di rilancio economico.

11.15.2013

Disoccupazione giovanile, a Roma il prossimo vertice Ue

LAVORO E DIRITTI - 2
a cura di www.rassegna.it
 
L'annuncio del premier Letta al termine di un incontro a Parigi in cui è stata affrontata la questione. "Abbiamo deciso che la conferenza si terrà a Roma l'anno prossimo. La mancanza di lavoro per i giovani è l'incubo nazionale".
 
La disoccupazione giovanile è "l'incubo nazionale". Così il presidente del Consiglio Enrico Letta al termine del vertice di Parigi che oggi (12 novembre) ha affrontato la questione, stabilendo che la prossima conferenza Ue si terrrà a Roma l'anno prossimo.
Il premier italiano, lasciando l'Eliseo, ha sottolineato che "il livello della disoccupazione giovanile così alto è l'incubo che ci portiamo dietro da questa crisi e dobbiamo batterlo perché ci deve essere una ripresa con occupazione e soprattutto occupazione per i giovani. Ecco perché guardo all'esito di questa conferenza di Parigi con grande fiducia rispetto alle scelte che dovremo fare".
Le riunioni dei leader europei su questi temi sono "il segno che l'Europa ha finalmente messo la lotta alla disoccupazione giovanile al centro delle sue preoccupazioni", ha aggiunto, ricordando "dopo la conferenza di Berlino a luglio e quella di oggi a Parigi, l'annuncio della terza conferenza a Roma", da considerare "una vittoria nostra perché per noi la disoccupazione giovanile è davvero il grande tema".

Una società del disimpegno di massa?

LAVORO E DIRITTI - 1
a cura di www.rassegna.it

 
Giovani italiani: poco volontariato e pochissima politica. I risultati di un'indagine di Ipsos condotta sulla fascia di età 18-29 anni: solo l'1,7% degli intervistati dichiara di militare attualmente e in modo continuativo in una formazione politica. Il 6% fa volontariato con continuità.
 
Solo il 6% dei giovani italiani si dedica abitualmente ad attività di volontariato. E' uno dei risultati che emergono dall'indagine sul 'Volontariato e impegno civile della generazione 18-29 anni', effettuata dalla Ipsos per conto dell'istituto Toniolo, nell'ambito del rapporto Giovani. L'indagine mostra una differenza di sensibilità tra uomini, che si impegnano (tra saltuari e abituali) per il 12,6%, e donne che raggiungono il 14,6%. Anche il titolo di studio ha un peso: il 48% di coloro che hanno conseguito un livello di istruzione superiore ha o ha avuto esperienze di volontariato contro il 25% del livello inferiore.
    Ai minimi storici anche la militanza politica. Soltanto l'1,7% dichiara di militare attualmente e in modo continuativo in una formazione politica, il 2,6% lo fa saltuariamente; per oltre 4 giovani su 10 l'attività politica è cosa del passato. In conclusione, oltre il 91% dei giovani tra 18 e 29 anni si dichiara del tutto estraneo a forme di impegno politico.

11.10.2013

L’Europa tra deflazione e sviluppo

Le accuse all'Europa di deflazione.
La sfida dello sviluppo eurasiatico.

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)
e Paolo Raimondi, Economista


L'ultimo Rapporto semestrale del Tesoro americano sulla situazione economica internazionale addebita tutte le responsabilità della mancata stabilità dell'economia mondiale alla Germania. Il suo surplus commerciale sarebbe la causa di tutti i mali.

Più che un'esagerazione ci sembra una pura provocazione non solo nei confronti della Germania ma dell'Unione Europea. I malfunzionamenti e gli squilibri nel vecchio continente pur ci sono e spetta a noi affrontarli e risolverli.

In passato nel mirino c'era soprattutto la Cina a cui si addebitava che la mancata rivalutazione dello yuan avrebbe aggravato le difficoltà economiche degli Usa e di conseguenza anche del resto del mondo.

Oggi il problema sarebbero le troppe esportazioni tedesche. Nel 2012 il surplus tedesco è stato di 238,5 miliardi di dollari superando di gran lunga i 193,1 miliardi della Cina. E nel primo semestre del 2013 il surplus tedesco è aumentato ancora andando oltre il 7% del Pil.

Questi andamenti, secondo il Tesoro americano, e in mancanza di una crescita della domanda interna tedesca, starebbero provocando una situazione di deflazione, con un'inflazione più bassa delle aspettative ed una stagnazione nei consumi in tutta Europa. Con conseguenze negative per gli Usa e il resto del mondo.

Fa un certo effetto sentir dire che una inflazione contenuta e un surplus commerciale, che solitamente è un sintomo di alta competitività e di una domanda globale di prodotti tecnologici di qualità, possano destabilizzare il sistema economico.

Il Rapporto in verità sembra soprattutto voler esaltare il successo degli Usa nella crescita dell'occupazione che dal 2010 ad oggi sarebbe stata di ben 7,6 milioni di nuovi posti di lavoro. In Europa, invece, e in particolare in Italia, la disoccupazione, soprattutto giovanile, purtroppo è aumentata pericolosamente. Ma non è tutto oro ciò che luce.

Infatti il vero problema sistemico americano è legato ad una ripresa drogata da continue iniezioni di nuova liquidità. Si spiega così il persistente deficit commerciale che, nel solo settore dei beni, è stato di circa 740 miliardi di dollari negli anni 2011 e 2012. Evidentemente oggi si pagano le conseguenze della deregulation selvaggia, della delocalizzazione e della deindustrializzazione effettuate degli ultimi 20 anni. Ovviamente la stessa qualità dell'occupazione creata è assai discutibile.

Perciò è stravagante e miope giustificare i propri fallimenti con i comportamenti e le difficoltà altrui. Lo stesso varrebbe per l'Europa se volesse sempre richiamare le responsabilità della finanza americana nello scatenamento della crisi globale.

Ciò detto, le discrepanze all'interno dell'Unione Europea non sono più tollerabili. L'economia tedesca ha una indubbia forza interna dovuta alla sua nota capacità di innovazione tecnologica, di qualificazione della sua forza lavoro e soprattutto di saper operare come "sistema-paese".

Certamente la Germania ha meglio sfruttato le opportunità del mercato unico europeo e forse ha guadagnato anche sulle debolezze dei suoi partner.

Sarebbe però la fine dell'Unione e di fatto anche l'indebolimento dell'economica tedesca se la Germania non comprendesse che la vera forza dell'Europa sta nella stabilità economica dell'intero continente.

Non si tratta di elargire sovvenzioni alle regioni europee più deboli ma di coinvolgerle, per esempio, in una strategia di vera integrazione economica, tecnologica e infrastrutturale del continente euro-asiatico. In quest'ottica ci sembra interessante il progetto, recentemente enunciato nel seminario "Conoscere l'Eurasia" di Verona, del corridoio infrastrutturale eurasiatico Razvitie, che in russo significa "sviluppo".

Non sarebbe solo una moderna "via della seta" ma un nuovo approccio complessivo e un programma di massicci investimenti di lungo periodo nei settori dei trasporti, dell'energia, delle comunicazioni e delle nuove tecnologie oltre che nella ricerca, nella cultura, nell'istruzione e nelle risorse umane per elevare le condizioni di vita e per modernizzare l'intero territorio continentale con eventuali nuovi insediamenti e nuove realtà urbane.

E' una sfida alta. Ma la risposta vincente alla persistente crisi economica non è solo nella crescita lineare di più merci prodotte o di più consumi misurata in punti percentuali di Pil. Sta in una nuova idea di sviluppo che punti sulla crescita sociale e che colga le grandi sfide della modernizzazione tecnologica da una parte e della coesione tra i popoli e i continenti dall'altra.

11.05.2013

Italiani nel mondo - L’INCA SVIZZERA CHIUDE

L'INCA Svizzera chiude i battenti a causa di una mega-truffa ai danni di anziani assistiti. L'autore del raggiro esploso nel 2008, Antonio Giacchetta, era all'epoca dirigente nazionale del patronato e ne guidava l'ufficio di Zurigo. In seguito, durante la lunga carcerazione preventiva cui venne sottoposto dall'estate del 2009 alla primavera del 2010, il funzionario ha ammesso le proprie responsabilità per una cifra complessiva che ammonterebbe a diverse decine di milioni.

Il giornalista ticinese Fabio Dozio, presentando Veleno dentro, documentario della TSI sul Caso Giacchetta, ha posto alcune semplici, ma inquietanti domande: "Come ha potuto operare senza che nessuno se ne accorgesse? Dove sono finiti i milioni rubati? E che ruolo hanno avuto il Consolato Italiano di Zurigo e le compagnie svizzere d'assicurazione?" Queste domande sono rimaste a tutt'oggi senza risposta.

Mentre l'istruttoria penale è in corso, sul piano civilistico la Corte federale ha intanto sancito però un obbligo di rifusione da parte del Patronato nei riguardi dei propri assistiti. In seguito a questa sentenza, passata in giudicato alcuni mesi fa, l'Inca-Cgil ha chiuso i propri uffici nella Confederazione. Lo dichiara la Presidenza della Associazione INCA Svizzera non senza esprimere un sentimento identitario che sembra preludere a ulteriori sviluppi della vicenda: "Se oltre cinquant'anni di storia, di impegno, di tutela ai nostri connazionali, finiscono per colpa di un criminale e di chi ne strumentalizza politicamente le azioni", si legge nel comunicato, "non permetteremo comunque che a pagarne il prezzo siano i nostri assistiti".

Marco Tommasini, presidente del Comitato Difesa Famiglie (CDF), associazione che riunisce "i danneggiati del caso Inca-Giacchetta", ci ha inviato il commento che di seguito, doverosamente, riportiamo. (A.E.)

 


 

Grande Festa! Grande Vergogna!

 

Grande Festa! - Il 22 settembre 2007 l' INCA/ CGIL festeggiava il giubileo dei 50 anni in Svizzera. Grande festa al Casinò di Montbenon a Losanna.

Corposo il programma di festeggiamenti in presenza di personalità della vita politica locale, del segretario generale del più importante sindacato italiano (CGIL), Guglielmo Epifani, e di numerosi rappresentanti del movimento sindacale svizzero ed italiano.

Diversi gli avvenimenti culturali. Tra questi in programma un caffè letterario sul tema "Quando gli emigrati producono cultura", con la partecipazione di autori spiccati. Il dibattito era introdotto e moderato dal Forum svizzero sugli studi delle migrazioni.

La "Salle des Fêtes", invece, ospitò l'esposizione fotografica dal titolo "Emigrati di qui e d'altrove" in presenza dell'autore.
Dopo la parte ufficiale, la "Salle Paderewsky" ospitò una serie di concerti, con le esibizioni di un gruppo locale e di cantautori italiani di primo piano. La serata era animata da un'attore ed autore di spettacoli e show televisivi. Grande Festa!

Grande Vergogna! - Ora il patronato chiude i battenti e lo fa in silenzio per la vergogna. Si sono spenti i riflettori dopo che centinaia di assistiti sono stati truffati dall' INCA/CGIL a Zurigo. I protagonisti dell'esposizione fotografica "Emigrati di qui e d'altrove" della "Salle des Fêtes" si sono fatti sentire.

Non hanno accettato che al Casinò di Montbenon a Losanna di cinque anni fa, si festeggiasse mentre nello stesso tempo si truffava, ci si abbuffasse mentre a loro veniva tolto il pane e ci si ubriacasse con il loro sudore e le loro lacrime.

I partecipanti del caffè letterario ora sono muti. Gli elogi di allora si sono spenti. Dove è rimasta l'orazione funebre? Dove sono le personalità della vita politica, il segretario generale della CGIL per svolgere il funerale dell'INCA? Grande Vergogna!

Quello che rimane è un comunicato dove la Presidenza dell'Associazione INCA Svizzera in presenza della sentenza del tribunale federale che li condanna nega ogni colpa. Nessun ripensamento, nessuna scusa, nessun pentimento.

Rimane un vuoto immenso, una tristezza incolmabile e la certezza amara che gli organismi istituzionali italiani non sono all' altezza del loro compito. I parlamentari della circoscrizione italiana, i Comites, il CGIE come se non esistessero.

La chiusura del patronato INCA/ CGIL in Svizzera è una sconfitta per tutti noi.

Un giorno di lutto per la Repubblica Italiana e per tutta l'emigrazione.

Il Comitato Difesa Famiglie

 


 

Sul "Caso Giacchetta" si consiglia la visione del documentario Veleno dentro di Maria Roselli, Gianni Gaggini, Marco Tagliabue (TSI, © Falò).

 

Business as usual ?

Il caso di una banca sistemica: JP Morgan

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

Giustizia è fatta, si direbbe. La JP Morgan Chase, la prima banca americana, è stata condannata a pagare una multa di13 miliardi di dollari, la più alta della storia, per le frodi perpetrate ai danni di milioni di famiglie. Queste avevano acquistato la propria casa con un mutuo gravato da ipoteca a condizioni capestro. Frodati sono stati coloro ai quali la banca aveva venduto derivati finanziari tossici del tipo M.b.s. (mortgage-backed-security), prodotti che avevano come capitale sottostante strumenti speculativi legati a ipoteche gonfiate e impagabili.

In cambio i dirigenti della banca vengono esonerati da ogni altra responsabilità civile e penale per le loro decisioni che, come è noto, hanno scatenato la crisi finanziaria e bancaria sistemica, che dagli Stati Uniti ha investito il resto del mondo.

La giustificazione, addotta persino da alti rappresentanti del ministero di Giustizia americano, è che una loro eventuale condanna penale potrebbe avere conseguenze destabilizzanti per l’intero sistema economico. Le autorità giudiziarie di fatto si sono limitate a riscontrare esclusivamente la mancanza di controllo da parte della dirigenza della banca nei confronti di alcuni dipendenti corrotti o “megalomani”.

Dei 13 miliardi di dollari di multa, 9 vanno alle casse dello Stato e circa 4 vanno a risarcimento delle famiglie e delle altre persone truffate. Negli Usa però si sta aprendo un diffuso contenzioso sociale in quanto le famiglie coinvolte giustamente non chiedono il semplice rimborso ma vogliono rientrare in possesso della casa loro confiscata per bancarotta.

In specifico, i 4 miliardi dovrebbero prima passare attraverso la Federal Housing Finance Agency, un organismo governativo, quale risarcimento per l’azione fraudolenta della Jp Morgan nei confronti di Fannie Mae e di Freddie Mac, i due colossi parastatali del mercato ipotecario, a cui, nella fase più calda della bolla dei titoli subprime (2005-2007), era riuscita a piazzare ben 33 miliardi di dollari di titoli tossici.

Si ricordi che, per salvare i due enti dalla bancarotta, il governo ha dovuto utilizzare 188 miliardi di dollari presi dal bilancio statale e, ovviamente, dalle tasche dei cittadini. Il risarcimento di 4 miliardi comunque non rappresenta che poco più del 2% del salasso in questione.

La stessa multa di 9 miliardi, pur essendo apparentemente elevata, è molto meno della metà dei 21 miliardi di profitti conseguiti nel 2012 dalla JP Morgan. La banca ha annunciato pubblicamente di voler incassare 25 miliardi di profitti anche nel 2013. Si ricordi inoltre che dal 2010 essa ha accantonato per sole spese legali ben 28 miliardi di dollari.

Ci si chiede come sia possibile ottenere così alti guadagni mentre l’economia americana ristagna e sta a galla soltanto grazie alle iniezioni di liquidità della Federal Reserve che nel 2013 supereranno complessivamente i mille miliardi di dollari.

Così certamente è facile incassare profitti finanziari: la Fed concede liquidità a tassi vicino allo zero e il sistema bancario acquista bond del Tesoro ad un tasso di interesse del 3-4%. Del resto è notorio che le “too big to fail” non hanno mai smesso di operare sui mercati dei derivati speculativi Otc. E la Jp Morgan Chase, con i suoi 73 trilioni di dollari in Otc, detiene da sempre il record negli Usa.

Eppure la truffa sopramenzionata è soltanto una delle tante che fanno oggetto di indagine da parte delle autorità di vigilanza. Ciò vale non solo per la JP Morgan ma per molte della grandi banche americane.

Poche settimane fa la JP Morgan ha inoltre dovuto concordare il pagamento di un’altra multa di 1 miliardo di dollari per il famoso scandalo “London Whale”. In pratica aveva nascosto perdite in derivati nel 2012 per 6,2 miliardi e aveva fornito false informazioni alle autorità di controllo e al mercato circa la natura e i rischi insiti in certi derivati.

Essa è anche oggetto di altre indagini, tra cui quella sul tasso Libor, quella sulle manipolazioni dei mercati dell’energia e per il coinvolgimento negli schemi truffaldini dello speculatore Bernard Madoff.

Non vorremmo che i provvedimenti e le indagini delle autorità americane nei confronti degli intermediari finanziari speculativi si limitassero a gettare un velo sulle loro malefatte e servissero a lasciarli liberi di continuare con il business as usual