4.20.2015

Antitrust - La società civile nella lotta ai cartelli e alle manipolazioni dei prezzi

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

Fin dal suo inizio l’Unione europea ha sempre combattuto la formazione di cartelli tra banche, assicurazioni, imprese ed altri attori economici. Insieme ai monopoli e agli oligopoli, i cartelli rappresentano una vera minaccia al corretto funzionamento del mercato.

Certe imprese, per fissare e alzare i prezzi o per dividersi il mercato in modo da avere posizioni dominanti o di monopolio, deformano la sana concorrenza creando dei cartelli, cioè delle alleanze e degli accordi segreti con alcuni concorrenti. Simili comportamenti distorcono il mercato e bloccano le innovazioni tecnologiche e i miglioramenti della stessa qualità dei prodotti. Di conseguenza i consumatori pagano di più per prodotti e servizi di qualità più bassa.

I cartelli contengono i semi della corruzione e della manipolazione occulta non solo dei prezzi e, a lungo andare, possono sollecitare anche infiltrazioni del crimine organizzato.

Perciò decisivo è il ruolo delle agenzie di vigilanza e antitrust. Spesso esse si trovano di fronte a sfide continue e ardue. Come nella lotta all’AIDS, anche il virus della manipolazione dei prezzi e la formazione dei cartelli mutano continuamente. Occorre, quindi, avere degli strumenti di indagine, di deterrenza e di repressione sempre più precisi ed efficaci.

Negli anni in Europa le multe applicate contro i cartelli e le deformazioni del mercato sono cresciute di valore. Nel 2014 sono state di circa 2 miliardi di euro. Ciò sta ad indicare che sotto il tappeto si nasconde molta illegalità. Forse crescente. In Italia nel 2013 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato 116 indagini per manipolazioni. Di queste 86 si sono concluse con sanzioni per 9,3 milioni di euro. Ci sembra veramente ancora troppo poco!

Più recentemente sono emersi anche grandi e pervasivi intrighi nel settore dei servizi finanziari. Per esempio, alla fine del 2014 la Commissione europea ha multato per 120 milioni di euro la JP Morgan, l’UBS ed il Credit Suisse per aver creato illecitamente un cartello allo scopo di manipolare il tasso di interesse del franco svizzero all’interno della definizione del Libor. Nella stessa operazione si alteravano anche i tassi di interesse sui derivati.

Come abbiamo più volte denunciato, questi “giochi sporchi” sui tassi del Libor, sui mercati Forex e simili sono il frutto di cartelli creati dalle grandi banche internazionali, veri “pupari” che hanno “guidato” i mercati a loro vantaggio. Le indagini in corso sono molte, come noto. Le multe, invece, purtroppo sono irrisorie rispetto alle montagne di guadagni illeciti.

Tutti i settori economici, da quelli più semplici a quelli più complessi, non sono immuni da tali pratiche. Si va dal mercato del pesce a quello dei prodotti agricoli, da quello dell’hardware informatico, dei parabrezza, delle vitamine alla distribuzione del gas. A rimetterci sono sempre i consumatori.

Per fortuna la consapevolezza di tali distorsioni cresce sempre di più nei singoli cittadini e nelle associazioni dei consumatori. Lo stesso regolamento 1/2003 dell’Ue sollecita i soggetti privati e la società civile a presentare reclami alle autorità garanti della concorrenza, ai tribunali e alla Commissione.

E non è secondario che la stessa Commissione europea, con un piccolo sostegno attuativo del suo Programma di “Prevenzione e lotta al crimine“, abbia finanziato alcune associazioni italiane, bulgare, rumene ed inglesi per preparare uno specifico modello di indagine finalizzato ad individuare l’esistenza di eventuali cartelli di imprese in segmenti del mercato.

Il citato progetto transnazionale si chiama TECoL, Tool for Enforcing Competition Law (www.tecol.eu). Ci sembra importante oltre che positivo la definizione di un modello che , applicando nell’antitrust la teoria matematica dei giochi vincitrice di premi Nobel, “predice” il comportamento di mercato probabile di una o più imprese in un ambiente di libera concorrenza e reagisce in presenza di una discrepanza rilevante tra il comportamento atteso dei partecipanti e quello effettivo.

Del resto le organizzazione dei consumatori e anche singole imprese spesso percepiscono le anomalie ed i comportamenti scorretti senza riuscire a trovare prove sufficienti a suffragare i loro sospetti e quindi a difendere i loro diritti e i loro legittimi interessi. Speriamo che il progetto in questione abbia successo e porti ad un valido modello applicativo.

Allo scopo i dati dell’Eurostat e dell’Istat, come dal percorso indicato da TECoL, inseriti in un calcolatore che utilizza un algoritmo sviluppato da giovani ricercatori e matematici, dovrebbero portare all’individuazione delle situazioni non coerenti con il normale funzionamento del mercato e della libera concorrenza.

Qualora la funzione matematica dovesse indicare un’anomalia, la ricerca dovrebbe essere approfondita dagli organismi di vigilanza antitrust.

La nuova Europa e la nuova Italia, secondo noi, si costruisce anche così, con l’impegno diretto e quotidiano dei cittadini e delle loro associazioni.

Il futuro non è più quello di una volta

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Un aereo a energia solare sta facendo il giro del mondo. Solar Impulse, icona per un secolo d'energia solare, è decollato

decollato alle 7.12 (ora locale) del 13 marzo scorso dall’aeroporto Al-Bateen di Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti. Ora si trova a Chongqing nella Cina centro-meridionale…

di Marco Morosini *)

Solar Impulse 2 è l'aereo ad energia solare FV che sta facendo il giro del mondo. Il significato di questa impresa non è nel perseguimento di un record, ma nella comunicazione di un fatto, di un’idea: le moderne tecnologie dell’energia solare sono mature per le sfide più ambiziose. Un articolo di Marco Morosini del Politecnico federale di Zurigo.

Certe icone contano più dei fatti. Con un’immagine fulminante riassumono fenomeni complessi. Forse una nuova icona è nata in questi giorni, quella del rivoluzionario aereo Solar Impulse, decollato per il primo giro del mondo in 12 tappe a energia solare il 9 marzo da Abu Dhabi, la sede dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili IRENA e di Masdar City, la città solare progettata da Norman Foster.

Il significato di questa impresa non è nel perseguimento di record, ma nella comunicazione di un fatto e di un’idea. Il fatto è che le moderne tecnologie dell’energia solare sono mature per le sfide più ambiziose. L’idea è che quello appena iniziato dovrà essere il secolo dell’energia solare, tanto quanto quello passato fu “il secolo breve dell’energia fossile”. Quest’idea è controversa, abbracciata da alcuni e negata da altri. Ma è forse l’idea storicamente più rilevante in circolazione nel mondo, perché è un’idea pacifica e pacificante, che raccoglie l’impegno di decine di milioni di cittadini, attivisti, politici, scienziati, tecnici, imprenditori e lavoratori di ogni paese e ogni credo. Un’idea ambiziosa, perché promuove cambiamenti millenari per miliardi di persone. Un’idea realista, perché propone probabilmente l’unica via d’uscita dalle crisi del clima e dei conflitti mondiali per l’energia.

Anche un’altra icona dell’aviazione fu forse più importante dei fatti tecnici che rappresentava: la silhouette del Concorde, l’aereo supersonico civile in servizio dal 1976 al 2003. Concorde e Solar Impulse non hanno niente di materiale in comune. Il Concorde era 96 tonnellate di cherosene, 184 tonnellate di peso, 100 passeggeri, 2200 km/h di velocità, 2 miliardi di euro. Solar Impulse è energia solare, 2,3 tonnellate di peso, un passeggero, 50 km/h di velocità, 100 milioni di euro. “Sarà il futuro dell’aviazione civile!” dissero del Concorde tanti esperti europei. 400 supersonici dovevano solcare i cieli entro il 2000. “Un’impresa irrealizzabile” dissero molti gruppi industriali, rifiutando il progetto Solar Impulse. Eppure nello stesso anno, il 2003, si poneva l’ultima pietra sul tomba del Concorde e la pietra di fondazione del progetto Solar Impulse.

L’aereo solare concepito dai due pionieri e piloti svizzeri Bertrand Piccard e Andre Borschberg potrebbe essere un esercizio senza futuro. In difficoltà con vento forte, con una potenza media di soli 8 cavalli, trasporta un unico passeggero, in condizioni di comfort miserabili, decolla alla velocità di una bicicletta. Tutte queste parole descrivono esattamente le peculiarità di due aerei: il Solar Impulse, del 2015, e il Wright Flyer del 1903. Entrambi volevano dimostrare una cosa ritenuta impossibile: alzarsi in volo, spinti rispettivamente da un motore a combustione e da quattro motori a energia solare.

Due icone, due epoche - Anche il Concorde voleva dimostrare qualcosa: la fattibilità del trasporto passeggeri a velocità supersonica. Voluto dai governi francese e britannico come progetto prestigioso di una grandeur pan-europea, il Concorde fu un gioiello della tecnica. Ma fu fiasco economico ed ecologico. In media solo il 65% dei posti erano occupati. Nonostante il prezzo del biglietto fosse dimezzato dalle sovvenzioni pubbliche, i biglietti venduti non coprivano i costi di gestione, per non parlare di quelli di sviluppo e costruzione. Rispetto agli altri aerei, la velocità del Concorde era doppia, il consumo di carburante triplo, il costo del biglietto decuplicato. Era in sostanza un’enorme serbatoio volante di cento tonnellate di cherosene, l’unico aereo di linea in cui il carburante pesava più di tutto il resto. Lo spazio per i passeggeri era spartano. A dispetto della forma slanciata, il Concorde fu l’apoteosi della massa, della potenza, dell’accelerazione, dello spreco, dell’inquinamento acustico e atmosferico. Veramente il simbolo di un secolo. Fu un’esagerazione costosa, accessibile a pochi. Un aereo “veramente futurista” avrebbe detto Filippo Marinetti.

Un’enorme libellula appena ronzante - Solar Impulse è esattamente il contrario: un’enorme libellula appena ronzante, fragile e leggera. E’ largo 72 metri, come l’Airbus 380, ma è 200 volte più leggero: 2,3 invece di 500 tonnellate. L’energia che lo muove è inesauribile, appartiene a tutti, non può essere comprata o venduta, non alimenta il PIL, i potentati, i colpi di stato, le guerre, non altera il clima, non inquina l’aria. Diventerà anch’esso il simbolo di un secolo?

Tanto diversi sono Concorde e Solar Impulse, tanto simile è la loro vocazione simbolica. Ognuno incarna un’epoca. Nella sua forma snella di uccello elegante, l’aereo supersonico sarà ricordato come il canto del cigno dell’era dei carburanti fossili a buon mercato. Voleva essere un aereo “pratico”. Prometteva una grande utilità materiale e un grande successo commerciale, doveva diventare “l’aereo più venduto nel 2000”. Volava da Parigi a New York in tre ore e mezza. “Arrivate prima di partire” diceva la pubblicità, grazie alla velocità con la quale attraversava i fusi orari.

Solar Impulse, invece, sembra ad alcuni un costoso giocattolo inutile, costruito per scommessa. Certo, nessuno si aspetta che l’energia fotovoltaica muova i grandi aerei da trasporto. Le ricadute materiali di Solar Impulse sono piuttosto in alcune innovazioni tecniche e nello sviluppo di velivoli leggeri e autonomi, utili per esempio per le telerilevazioni e le telecomunicazioni. Non a caso Google e Swisscom sono tra i suoi sponsor.

100 per cento energia rinnovabile, in cielo e in terra - Solar Impulse è un’ardita iniziativa sperimentale. Ma le tecnologie per le nuove energie rinnovabili, in particolare quelle solari ed eoliche, sono da 20 anni un’affermata forza di mercato in rapida espansione. Mentre i costi per unità d’energia delle fonti fossili e atomiche continuano a salire, quelli delle tecnologie per le rinnovabili continuano a scendere. In Europa esse occupano milioni di persone e raccolgono la grande maggioranza degli investimenti in nuove infrastrutture energetiche.

“100 per cento energia rinnovabile” è una formula che Solar Impulse vuole dimostrare possibile per il giro del mondo. Ma è anche la formula per la quale lavorano un numero crescente di scienziati, tecnici, imprenditori e politici, che credono di poter portare l’Europa a produrre prima la sua elettricità e poi l’intera sua energia quasi esclusivamente da fonti rinnovabili, un traguardo ancora ritenuto impossibile da molti. Ma non da tutti. Non è un caso che i due piloti e ideatori di Solar Impulse, l’azienda che lo ha costruito e il Politecnico federale di Losanna EPFL, che ha partecipato alla sua progettazione siano elvetici. La Svizzera, infatti, è il primo paese che per il 2050 mira a diventare una “società a 2000 watt”, cioè a ridurre di due terzi (da 6000 a 2000 watt) l’uso pro capite di energia primaria, ricorrendo principalmente alle energie rinnovabili e quasi abbandonando le energie fossili, come ha fissato il governo elvetico nella sua “Strategia per lo sviluppo sostenibile” del 2002, 2008, 2012 e nella sua “Strategia energetica 2050”.

Come dicono Borschberg e Piccard, lo scopo di Solar Impulse non è di stabilire record o proporre un’alternativa alla moderna aviazione, ma è di dimostrare che i progressi delle tecnologie solari sono così veloci, da permettere cose fino a ieri ritenute impossibili. Se dimostriamo di poter volare intorno al mondo con l’energia solare – dice Piccard – chi potrà dire che con essa non si può far funzionare un frigorifero, un riscaldamento, un ascensore? Schindler, per esempio, uno degli sponsor di Solar Impulse, vende già un ascensore a energia solare.

Se la silhouette di Solar Impulse ne diventerà un simbolo e favorirà l’avvento di un’era delle energie rinnovabili, sarà forse questa la più utile ricaduta del progetto. Comparando le immagini di futuro evocate dai due aerei da sogno, Concorde e Solar Impulse, viene proprio da dire che “il futuro non è più quello di una volta”.

Marco Morosini è ricercatore presso il Politecnico Federale di Zurigo. Dal 1993 al 2004 è stato consulente di Beppe Grillo sulle tematiche ambientali dello sviluppo sostenibile

L’articolo qui pubblicato è apparso su Internazionale online con il titolo

Solar Impulse, il futuro non è più quello di una volta e su QualEnergia.it

Segui Solar Impulse in diretta: http://www.solarimpulse.com/

4.07.2015

PIEMONTE, LA LEGGE SUL SERVIZIO CIVILE

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

 

Ferrari: "Un atto importante, risultato di un confronto

e di un dialogo costante con tutte le forze politiche"

 

Nella seduta del 31 marzo 2015, il Consiglio regionale ha approvato all'unanimità dei votanti la legge "Norme per la realizzazione del servizio civile nella Regione Piemonte".

    L'Assessore regionale alle Politiche Sociali, alla Famiglia e alla Casa, Augusto Ferrari, manifestando la propria soddisfazione per l'approvazione del provvedimento, ha affermato:

    "Questa legge rappresenta un atto importante e nasce dalla necessità di regolamentare in modo organico la materia e di sostenere il sistema regionale del servizio civile quale specifica risorsa e valore aggiunto della comunità regionale. Occorre, pur nell'ambito di una visione unitaria del servizio civile, determinare priorità d'intervento tra settori e all'interno degli stessi. Il provvedimento è stato il risultato di un lavoro condiviso con tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione, sia durante la discussione in Commissione, sia in aula".

    "I destinatari diretti di questa proposta normativa - ha continuato l'Assessore - sono i giovani che intendono svolgere il servizio civile e gli enti accreditati all'albo regionale del servizio civile ai quali vengono indirizzate norme per la loro attività progettuale; i destinatari indiretti sono il mondo dell'istruzione e quello del lavoro per il riconoscimento dei crediti formativi e per la certificazione delle competenze acquisite dai ragazzi".

    "Il provvedimento - ha proseguito Ferrari - intende perseguire gli obiettivi indicati (promuovere il senso di appartenenza dei giovani alla comunità regionale, nazionale ed europea, valorizzare forme di cittadinanza attiva dei giovani per il perseguimento e la promozione di una cultura della pace, promuovere collaborazioni con Università ed Istituti di Istruzione superiore per favorire il riconoscimento di crediti formativi ai partecipanti al servizio civile, incentivare forme di collaborazione con associazioni imprenditoriali e di categoria del mondo del lavoro, con associazioni di rappresentanza delle cooperative e con altri enti senza scopo di lucro per favorire percorsi di orientamento al lavoro dei giovani che hanno svolto il servizio civile), prevedendo progetti di servizio civile da finanziarsi con autonomi stanziamenti di bilancio, con risorse regionali in aggiunta a quelle statali per sostenere i progetti di servizio civile nazionale, attuando iniziative di valorizzazione e sostegno del sistema regionale di servizio civile, definendo interventi formativi per i formatori, per gli operatori locali di progetto e per le altre figure professionali del servizio civile, prevedendo azioni informative, di studio e promozionali".

    "L'impegno economico - ha concluso l'Assessore - è costituito in massima pare da risorse statali, mentre la destinazione delle risorse regionali, stimate in 200.000 euro per ciascun anno del biennio 2014-2015, sarà oggetto di valutazione in sede di approvazione del bilancio annuale: potranno incrementare il servizio civile nazionale o essere destinate ai progetti regionali, a seconda delle diverse esigenze ".

    

 

 

Da Italialaica riceviamo e volentieri pubblichiamo

http://www.italialaica.it/news/editoriali/53726

 

DELL’8 x 1000 E DELLA SUA RADICE

 

Si avvicina la scadenza della dichiarazione dei redditi e non fa male orientare un po’ l’attenzione sul perverso meccanismo dell’8 per 1000, che crea un’insopportabile situazione di favore (insieme ad una infinità di altre) alla chiesa cattolica. Come funziona la faccenda?

 

di Aldo Zanca

 

Ogni anno lo Stato crea un pozzo mettendo insieme l’8 per 1000 di tutte le contribuzioni fiscali relative all’Irpef, dopo di che distribuisce l’intera somma così ottenuta in proporzione al numero di scelte espresse dai contribuenti a favore delle confessioni religiose ammesse alla ripartizione (la chiesa cattolica in forza del concordato, le altre confessioni in forza delle intese, che altro non sono, in effetti, che concordati sanciti con apposita legge).

    Il trucco sta nel fatto che si distribuisce l’intero pozzo assegnando a ciascuna confessione non la somma che deriverebbe dalla somma degli 8 per 1000 solo di quei contribuenti che hanno apposto la propria firma a favore di questa o di quella confessione, ma tutto il pozzo. Si tenga conto, peraltro, che gli 8 per 1000 dei vari contribuenti possono avere una consistenza anche assai diversa.

    Così, mentre alla chiesa cattolica spetterebbe una certa somma derivante dalle firme espresse da un 35-40% dei contribuenti e un’altra piccola percentuale verrebbe distribuita alle altre confessioni, lasciando non assegnata la più grande fetta (più o meno il 60% dell’intero gettito), nei fatti la chiesa cattolica percepisce intorno al 90% dell’intero gettito, perché la sua percentuale risulta di gran lunga più elevata rispetto a quella delle altre piccole confessioni. Per rendere più chiaro questo meccanismo, facciamo il paragone con le elezioni. I seggi da assegnare sono un certo numero, che vengono tutti assegnati. Ogni partito se li accaparra in ragione della percentuale di voti ottenuti, indipendentemente dal fatto che, così come avviene, una larga percentuale di cittadini si astiene dal voto.

    Il meccanismo del 5 per 1000, al contrario, non prevede la costituzione di un pozzo uguale al 5% dell’intero gettito dell’Irpef, e dunque distribuisce solamente le somme che si formano dalla sottoscrizione dei contribuenti.

    Nel caso dell’8 per 1000 non si capisce perché le somme che derivano dalle firme non apposte da un enorme numero di contribuenti (abbiamo detto circa il 60%) non rimangano, come sarebbe logico, all’erario, che potrebbe spenderle per altri fini, specialmente nell’attuale momento di vacche magre. Anzi, si capisce perfettamente, perché questo perverso meccanismo è stato studiato proprio con l’intento di favorire sfacciatamente la chiesa cattolica.

    La radice di questo favoritismo dello Stato verso la chiesa cattolica non è da riferire al concordato in quanto tale, ma al famigerato articolo 7. È del tutto ragionevole che lo Stato laico ricerchi accordi con le confessioni religiose a tutela delle loro ragionevoli peculiarità e che quindi stipuli con esse concordati e intese, o come altrimenti li si voglia chiamare, ed è altrettanto ragionevole che le protezioni siano stabilite in ragione del numero dei fedeli. Ciò che non è tollerabile è che lo Stato non abbia una postura di equilibrata equidistanza nei confronti di tutte le confessioni, come avviene per il cattolicesimo che gode della superprotezione costituzionale che lo pone in una posizione vertiginosamente più elevata delle altre confessioni.

    La battaglia laica deve quindi concentrarsi non sul concordato, che, se non fosse “costituzionalizzato” e fosse invece tradotto in una legge ordinaria (come lo sono le intese), potrebbe essere emendato con facilità, anche unilateralmente, ma appunto sull’articolo 7. Si tratta di una revisione costituzionale, di un’impresa politicamente difficilissima ma, nel caso, tecnicamente semplicissima. Basterebbe abrogare sic et simpliciter l’articolo 7 e cassare dal secondo comma dell’articolo 8 l’espressione «diverse dalla cattolica», soddisfacendo così il dettato del primo comma  dello stesso articolo, che vuole che «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge». Finora il cattolicesimo è più libero, o disegualmente libero, rispetto alle altre e non perché sia la più grande minoranza.

    L’articolo 7 è una vera e propria cessione unilaterale di sovranità dello Stato italiano a favore del Vaticano, un atto gratuito  che è un atto di sottomissione. La questione romana era già chiusa con i Patti lateranensi, che Mussolini non inserì nello Statuto albertino. Che ci guadagna l’Italia? Il Vaticano accampa un numero incredibile di privilegi resi intoccabili sul territorio italiano. Che cosa acquista l’Italia sul territorio del Vaticano? Non c’è la più pallida ombra di bilateralismo. Lo capirebbe anche un bambino che lo Stato italiano, di fronte al Vaticano, nel proprio ordine non è né indipendente né sovrana.

   

 

L’Europa e la Banca dell’Asia

Un passo avanti verso una nuova governance monetaria internazionale

 

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

L'adesione dell'Italia, della Germania, della Francia e della Gran Bretagna al processo di creazione della Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) promossa dalla Cina è indubbiamente un fatto molto rilevante nello scacchiere geopolitico. E' il messaggio che l'Europea e il nostro Paese non intendono restare fuori dai processi importanti dello sviluppo economico globale. Non partecipare, semplicemente per seguire il sentiero stretto e isolato indicato da Washington, ci avrebbe pesantemente penalizzato sui mercati cinesi e asiatici in veloce crescita.

    Sarebbe però errato limitare la valutazione soltanto alle grandi opportunità economiche. Insieme alla Banca di Sviluppo dei Paesi del Brics appena varata, l'AIIB è un altro tassello importante nel percorso per ridefinire l'intero sistema monetario internazionale.

    In tutti i recenti summit del G20, da ultimo quello di Brisbane, si è ripetuta la stessa scena: i Brics con gli altri cosiddetti Paesi emergenti chiedevano una riforma della governance economica globale  e un loro peso maggiore nelle vecchie istituzioni del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale mentre gli Stati Uniti apertamente bloccavano ogni cambiamento significativo.

    Adesso invece i passi verso una ridefinizione dell'intero sistema economico, monetario, finanziario e commerciale mondiale possono e debbono essere fatti alla luce del sole.

    Dopo oltre settanta anni dalla sua creazione, il sistema di Bretton Woods ha terminato il suo ciclo storico ed è arrivato il momento per creare un nuovo modello multipolare, più giusto. Solo una pericolosa miopia politica può cercare di ritardare simili profondi cambiamenti, generando inevitabilmente gravi tensioni e conflitti difficilmente gestibili.

    In questo processo noi riteniamo centrale e fondamentale il ruolo dei Paesi europei e dell'Unione europea. Occorre essere consapevoli delle strategie necessarie per realizzare la Grande Riforma in modo da diventarne protagonisti e non attori secondari, magari in cerca soltanto di qualche business appetibile. Ci sembra doveroso sottolineare che senza l'Unione europea e senza un euro stabile qualsiasi tentativo di riforma rischia di deragliare o di diventare una semplice questione regionale.  Si tratta, invece, di una sfida che richiede una vera maturazione del ruolo politico dell'Ue.

    La Cina ha riserve in valuta e in oro per 4.000 miliardi di dollari. E' una capacità monetaria notevole ma insufficiente a portare gli Usa sul sentiero del cambiamento necessario. Un'Europa politicamente determinata potrebbe farlo. Anche la decisione inglese di partecipare all'AIIB ha una grande valenza in quanto Londra prende una posizione completamente autonoma da Washington. Ciò sta creando riverberi importanti anche in Australia, in Giappone e nella Corea del Sud. Fatto non irrilevante, considerando che questi Paesi finora si sono tenuti in linea con gli Usa.

    Circa 30 Paesi, soprattutto dell'Asia, parteciperanno alla creazione della banca, che parte con un capitale di 50 miliardi di dollari. La Russia ha già espresso il suo interesse anche se per il momento resta l'attore più attivo nella realizzazione dell'altra banca di sviluppo, quella del Brics. In questo contesto l'Unione Eurasiatica  ha recentemente annunciato di voler creare una sua unione monetaria per poter giocare un ruolo importante negli scenari di sviluppo dell'intero continente euro-asiatico e fronteggiare gli attacchi speculativi condotti dopo la manipolazione del prezzi del petrolio..

    Non meno importante è il fatto che l'AIIB intende essere la banca che vuole sostenere e guidare gli investimenti di lungo termine nella realizzazione delle grandi infrastrutture di cui in Asia c'è un grande fabbisogno. In tal senso sarà un partner delle banche di sviluppo multilaterali esistenti e quindi anche di quelle del Long Term Investors Club, cui partecipa anche la nostra Cassa Depositi e Prestiti. 

    Si pone di fatto come il fulcro di una nuova industrializzazione e modernizzazione tecnologica nelle zone dell'Asia e del Pacifico dove vive la maggioranza della popolazione mondiale.

    E' quindi un modello alternativo alla fallimentare finanziarizzazione dell'economia globale e alle varie "ideologie post industriali". Il che può significare una svolta epocale.

    I primi grandi progetti che intende promuovere sono legati alle Nuove Vie della Seta, quello che i cinesi chiamano "One road, one belt", cioè la grande strada di collegamento con il resto del continente fino all'Europa creando un'ampia cintura di sviluppo economico, urbano e sociale lungo il suo percorso. Negli ultimi mesi ci sono stati anche intensi contatti e collaborazioni per collegare la nuova via della seta con il corridoio euro-asiatico "Razvitie" di sviluppo infrastrutturale che collegherà il Pacifico con l'Europa occidentale attraversando e sviluppando i vastissimi territori siberiani. 

    Ne abbiamo già scritto e siamo sempre più convinti che, per la realizzazione di questi grandi progetti, sia fondamentale e insostituibile la capacità industriale, tecnologica e professionale dell'Ue.

 

Appalti. Un decalogo per la legalità

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

Appalti. Un decalogo per la legalità

 

Legambiente, Libera, Cgil, Cisl e Uil presentano le loro proposte per liberare gli appalti da sprechi, mafie e corruzione. "Dieci priorità e trenta proposte concrete per un futuro migliore e per rendere il Paese più moderno e funzionale."

 

Legambiente, Libera, Cgil, Cisl e Uil lanciano il decalogo "Legalità e qualità nelle opere pubbliche" indirizzato al Premier e ministro ad Interim delle Infrastrutture Matteo Renzi. L'obiettivo è quello di sollecitare il Governo affinché siano prese tutte le misure necessarie affinché i cantieri delle opere pubbliche in Italia siano liberati dalla corruzione e dalle mafie, per rendere possibile la realizzazione di infrastrutture davvero utili per tutti, fondate su innovazione, qualità, trasparenza, sviluppo, occupazione, tutela del lavoro, dell'ambiente e del territorio.

    “L'Italia ha bisogno di nuovi investimenti nelle infrastrutture per rendere il Paese più moderno, con città più vivibili e sostenibili. Occorre garantire strutture di comunicazione funzionali, impianti idrici e di depurazione efficienti, solo per fare alcuni esempi, indispensabili per far ripartire davvero l'economia. I ritardi che caratterizzano il Paese, troppo spesso frutto di corruzione e opacità, possono essere recuperati solo attraverso scelte radicali, che passano innanzitutto per l'individuazione di opere realmente utili e coerenti con questa visione” – hanno dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, Luigi Ciotti, presidente di Libera, Susanna Camusso, Segretario Generale della Cgil, Annamaria Furlan, Segretario Generale della Cisl e Carmelo Barbagallo, Segretario Generale della Uil - “ma per questo serve una nuova programmazione, un confronto pubblico trasparente e delle serie e indipendenti analisi di costi e benefici”.

    Per sradicare la corruzione che pervade il settore dei lavori pubblici su cui, dal Mose all'Expo, è intervenuta a più riprese la magistratura, occorre cambiare in modo radicale il sistema che governa appalti e lavori. Già nel 1996 il Rapporto Cassese aveva fatto suonare allarmi che non sono stati ascoltati: a quasi venti anni da quel documento ancora troppo poco è cambiato. “Su 33 grandi opere oggetto di indagine nel triennio 2007-2010, il costo sostenuto dalle casse pubbliche era passato da 574 milioni di euro dell'assegnazione iniziale a 834 milioni di euro: si tratta di un onere aggiuntivo per i cittadini pari al 45% del valore iniziale di aggiudicazione. È necessario stabilire regole chiare e responsabilità - hanno concluso Cogliati Dezza, Ciotti e Camusso, Furlan e Barbagallo - ma è altrettanto indispensabile innovare il settore delle costruzioni in Italia, per elevare finalmente la qualità della progettazione attraverso i concorsi, riducendo gli impatti e contribuendo alla lotta ai disastri ambientali con serie valutazioni preliminari, garantendo un trasparente confronto con i territori e la più ampia informazione dei cittadini, tutelando i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici”.

    Ecco, di seguito, dalle regole ai controlli, le dieci priorità indicate da Legambiente, Libera, Cgil, Cisl e Uil.

 

 

1. Rendere più efficace il quadro normativo: recepire le Direttive comunitarie in tema di appalti e procedere a una rapida riscrizione del nuovo codice degli appalti; snellire il codice dei contratti pubblici per evitare il ricorso all’urgenza o all’azione in deroga delle norme; ridurre il numero dei centri decisionali; riformare l’istituto dell’arbitrato;

    2. Assegnare appalti di lavori, servizi e concessioni pubbliche solo tramite gare standardizzate: abolire la trattativa privata e ridurre le strutture parastatali e quelle con struttura privatistica; standardizzare e semplificare contratti del medesimo genere, prevedendo l'indicazione in fase di gara del contratto applicato per profilo merceologico prevalente e l'utilizzo del documento di gara unico europeo; attivare concorsi per tutte le opere pubbliche;

    3. Rafforzare i corpi tecnici dello Stato per eliminare il ricorso a professionisti esterni in progettazione e direzione lavori; abolire l’anomalo istituto del general contractor per evitare che la direzione lavori sia in carico alla stessa stazione appaltante; organizzare corpi stato separati e autonomi da influenze politiche; prevedere subappalti controllati, divieto di attribuzione del sub appalto ad imprese che hanno partecipato alla gara;

    4. Affidare lavori solo sulla base di progettazioni esecutive: permettere l’affidamento per le concessioni di lavori e di project financing solo sulla base di progettazioni definitive; condizionare l’esecuzione della gara alla sussistenza di finanziamenti sufficienti a coprire l’intera durata della prestazione;

    5. Implementare e migliorare il sistema delle white list: premiare nelle gara le imprese che non siano coinvolte in vicende di corruzione e di mafia; rendere obbligatorio, per le categorie di lavori sensibili, l'iscrizione alle white list, preferire le imprese con buoni e certificati risultati nelle loro precedenti attività contrattuali e controllare la certificazione fiscale e contributiva;

    6. Attuare il miglior controllo istituzionale: ampliare i poteri di intervento, vigilanza e sanzione dell'Autorità nazionale anticorruzione per tutte le opere pubbliche; definire indicatori certi e quantificabili sia di processo che di risultato, in modo da poter tempestivamente misurare l’efficienza della prestazione dei contraenti privati;

    7. Rendere efficace il controllo tecnico per ogni appalto: scegliere collaudatori indipendenti sulla base di criteri definiti dall'Autorità nazionale anticorruzione e solo alla fine dei lavori; fornire incentivi economici per quei funzionari che conseguono buoni risultati ed inchieste interne volte ad accertare le cause di procedure con esiti scadenti;

    8. Garantire completa trasparenza e incoraggiare il controllo civico: adottare il Freedom Of Information Act anche in Italia, per rendere massimamente trasparente qualunque opera pubblica nazionale e locale; introdurre il Debat Public per tutte le opere pubbliche nazionali, con garanzie su informazioni e risposte ai cittadini, sui tempi del confronto e delle decisioni.

    9. Proteggere l’ambiente: attraverso la Valutazione di impatto ambientale sul progetto preliminare, con verifiche nelle fasi successive e introduzione di Linee guida per le mitigazioni e compensazioni ambientali; utilizzare materiali provenienti dal recupero nei capitolati di appalto, per ridurre il prelievo da cava, attraverso il recepimento delle Direttive europee e fissando standard minimi obbligatori;

    10. Tutelare i lavoratori, contrastando la pratica del massimo ribasso; reintrodurre il rispetto della clausola sociale vincolante nei campi di appalto; escludere dalle procedure di appalto le imprese che abbiano violato gli obblighi contrattuali verso i lavoratori, assicurando la corretta applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro; rendere obbligatorio il pagamento diretto del subappaltante da parte della stazione appaltante e in caso di inadempienza dell'impresa appaltatrice, il pagamento diretto dei lavoratori da parte della stazione appaltante.

 

 

4.01.2015

Il QE europeo verrà “parcheggiato” nelle banche?

C'è troppa "psicologia" e poca economia reale nel Quantitative Easing (QE) di Mario Draghi. E anche in molti commenti alla politica della Bce.

 

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

Il governatore centrale europeo afferma chiaramente che gli acquisti per 60 miliardi di euro, di bond dei debiti pubblici, di  attività cartolarizzate (asset-backed securities) e di obbligazioni garantite, ogni mese fino a settembre 2016, ed eventualmente oltre, servono essenzialmente a far salire il tasso di inflazione fino al 2%. La mission del QE della Bce, quindi, è questo cosiddetto "medium term price stability"  .

    Nel suo recente discorso al Center for Financial Studies di Francoforte dell'11 marzo ha ripetuto per almeno una dozzina di volte questa valutazione. Infatti, secondo la Bce, l'indicatore principale per poter dire se ci sono stabilità e ripresa oppure deflazione e crisi è costituito di fatto dal dato relativo all'inflazione. A noi sembra un approccio errato e fuorviante. Si tratta di una strana e limitativa idea, molto simile a quella che aveva il governatore della Fed, Ben Bernanke, negli anni del crac finanziario, quando intravedeva nell'andamento del mercato immobiliare americano l'oracolo per capire l'evoluzione della crisi globale.

    La domanda vera dovrebbe essere: quanta parte dei nuovi soldi immessi nel sistema andrà veramente a sostenere gli investimenti nell'economia reale e i redditi delle famiglie, generando maggiore occupazione?

    Occorre tenere presente che le obbligazioni dei debiti pubblici saranno acquistate sul mercato secondario, di fatto quindi comprate dalle banche. Lo stesso dicasi per gli abs. Perciò la massa di liquidità fluirà nel sistema bancario e, ancora una volta, senza alcuna condizione. Infatti, al di la dei desideri del governatore Draghi, non c'è nessun impegno formale a che essa affluirà verso il sistema produttivo.

    Del resto l'esperienza degli oltre mille miliardi di fondi TLTRO, dalla Bce in passato messi a disposizione delle banche europee a bassissimi tassi di interesse, non è stata affatto positiva. Anzi, i crediti concessi dalle grandi banche ai settori non finanziari dell'economia sono addirittura diminuiti. Era di -3,2% a febbraio 2014, rispetto a dodici mesi precedenti, e si è ridotto a -0,9% lo scorso gennaio, ma resta sempre negativo. Soltanto le banche di credito cooperativo e quelle locali collegate al territorio hanno mantenuto e aumentato i flussi di credito alle Pmi e alle famiglie.

    Mentre negli Usa l'accesso al capitale passa per due terzi attraverso il mercato e solo per un terzo attraverso il sistema bancario, in Europa è esattamente il contrario.

    Draghi ammette che, acquistando titoli di Stato e abs, la Bce  di fatto "pulirà" i bilanci delle banche che, di conseguenza, dovrebbero allargare i loro prestiti. In pratica, mentre è certo il beneficio al sistema delle grandi banche europee, non c'è affatto garanzia che esse aumenteranno i crediti alle industrie e alle altre attività volte alla modernizzazione e all'esportazione.

    Certamente il QE della Bce farà scendere i rendimenti dei titoli dei debiti sovrani. Alcuni miliardi di euro di interessi saranno risparmiati. I bilanci degli Stati ne gioveranno. Si dovrebbero anche migliorare le condizioni di indebitamento delle imprese e delle famiglie. La maggior liquidità contribuirà a mantenere basso il cambio dell'euro nei confronti del dollaro e delle altre monete rendendo più competitive le esportazioni europee. L'altra faccia della medaglia sarà il maggior costo delle materie prime importate. Ovviamente  gran parte di essa finirà per riversarsi sulle borse facendo salire i già gonfiati listini.

    Le aspettative rosee della Bce si basano su delle desiderabili ricadute positive nel tessuto produttivo e nei consumi dell'intero continente. Si auspica un automatismo ancora tutto da verificare. Non vorremmo che fosse solo un pio desiderio.

    Inevitabilmente, oltre alle grandi banche europee e ai loro alleati internazionali, i Paesi più solidi, come la Germania, saranno i maggiori beneficiari del QE in quanto la Bce distribuirà gli acquisti di titoli in relazione alle quote di partecipazione al suo capitale. La Grecia, purtroppo, ne resterà esclusa fintanto che non finirà il programma di revisione fiscale e di bilancio imposto dalla Troika.

    Di fatto il gap tra il centro e le periferie dell'Europa, nell'economia e nella distribuzione del reddito, aumenterà invece di diminuire.

    La scelta della Bce, per quanto importante e significativa, manca quindi di almeno tre elementi. Non impone delle regole di comportamento al sistema bancario. Non indica dei percorsi certi e controllati per far fluire la liquidità verso i nuovi investimenti. Non sollecita e non "guida" un vero programma di sviluppo, di investimenti e di infrastrutture che siano decisivi per la ripresa economica. La Bce, di fronte a queste sfide, si trincea dietro al suo mandato di semplice guardiano dell'inflazione. Noi riteniamo, invece, che tale giustificazione non sia accettabile rispetto alla necessità di un profondo e radicale cambiamento che l'Unione europea dovrebbe affrontare, pena la sua disgregazione.

 

CASO INCA-GIACCHETTA

Audizione di Susanna Camusso (Cgil) presso la Commissione parlamentare

 

Su richiesta del senatore Micheloni (PD), la segretaria Generale CGIL apre a una mediazione con i danneggiati

 

Vai al Podcast dell’Audizione di Susanna Camusso su Radio Radicale - http://www.radioradicale.it/scheda/437064

 

 

ECCO LA POSIZIONE DEI DANNEGGIATI

 

Le cose da ritenere nell'audizione alla Signora Camusso, segretario generale CGIL, sono in brevis:

    1. Le sentenze emesse dai tribunali svizzeri che dichiarano la colpevolezza dell’ INCA nella truffa non sono considerate dalla CGIL.

    2. La Camusso conferma l’apertura degli uffici INCA in Svizzera sotto un’ altro nome.

   

Sostanzialmente la Signora Camusso, segretario generale CGIL, dichiara che gli italiani all’estero quando si rivolgono ad un patronato italiano all' estero non sono tutelati dalle autorità italiane.

   

Che poi io, presidente del CDF, facendo causa agli istituti di previdenza professionale e riuscendo dopo vari sacrifici a fare riavere a mio padre quello che l’INCA gli aveva rubato, debba ringraziare la CGIL è proprio il colmo.

(…)

 Spero comunque che ci sia un seguito e soprattutto un incontro più costruttivo per risolvere un problema che tocca oramai tutta l’emigrazione italiana perché i diritti di tutti noi sono stati calpestati.

 

Marco Tommasini, presidente CDF

 

Ci auguriamo che una mediazione possa finalmente iniziare, ma soprattutto che Cgil e Inca compiano un atto di concreta solidarietà nei riguardi degli anziani danneggiati. - La red dell’ADL

 

Landini: le nostre parole d'ordine sono Diritti, Lavoro, Democrazia

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

Nell'intervento trasmesso su RadioArticolo1, a parlare è il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini (ascolta il podcast integrale).

 

Che spiega le ragioni della manifestazione del 28 marzo: "Il nostro obiettivo principale è cambiare le politiche economiche e sociali del governo, che riteniamo del tutto sbagliate, a partire dal Jobs act".

 

"Il nostro obiettivo principale è cambiare le politiche economiche e sociali del Governo, che riteniamo del tutto sbagliate, a partire dal Jobs act – esordisce il dirigente sindacale –. Con la nostra iniziativa di sabato, facciamo proposte molto precise: siamo contro i licenziamenti individuali e collettivi e la deregolamentazione nel sistema degli appalti. Metteremo in campo azioni contrattuali nei luoghi di lavoro per far sì che le nuove assunzioni a tutele progressive abbiano l'estensione dei diritti previsti per i vecchi ccnl, e che quindi lo Statuto non venga progressivamente cancellato. Inoltre, siamo per la salvaguardia dei diritti anche in caso di cambi d'appalto, mentre rispetto al demansionamento e al controllo a distanza siamo per mantenere le norme contrattuali e legislative preesistenti. E visto che questo è l'anno dei rinnovi, discuteremo direttamente con i lavoratori di tutte queste cose e le inseriremo nelle piattaforme con il loro consenso. Così come va messa in campo la decisione della Cgil di costruire una proposta di nuovo Statuto dei lavoratori, attraverso un coinvolgimento che riguardi tutte le forme di lavoro, non solo quello dipendente: dev'essere di nuovo sancìto il principio che, a parità di lavoro, deve corrispondere parità di diritti e retribuzione. Per far questo, va bene una proposta di legge d'iniziativa popolare, i cui contenuti vanno costruiti raccogliendo le firme, sottoponendo a consultazione straordinaria tutti gli iscritti e, se è il caso, ricorrendo anche al referendum abrogativo di leggi sbagliate".

    "Un punto importante della nostra piattaforma riguarda le pensioni – precisa Landini –: vogliamo cambiare la riforma Fornero. Ci vuole una riduzione drastica dell'età pensionabile, perchè non è accettabile un sistema che fa arrivare a 70 anni e più la messa a riposo di un lavoratore. Per noi, 62 anni deve essere l'età di uscita senza penalizzazioni, così come bisogna ripristinare le pensioni di anzianità, a partire dai lavori più pesanti. Del resto, aver introdotto il concetto di aspettativa di vita uguale per tutti, senza tener conto che è legato al lavoro che si fa, è un'ingiustizia gravissima. Nel contempo, va fatta una discussione perché un sistema solo contributivo per i giovani è un'altra cosa che alla lunga non sta in piedi. La manifestazione del 28 è l'avvio di una vertenza su questo punto: chiediamo al Governo che si apra una trattativa sul sistema delle pensioni".

    "Pensiamo, poi, che vada rilanciato il problema della riduzione degli orari – rileva ancora il numero uno della Fiom – e l'incentivo dei contratti di solidarietà. In questa fase, bisogna togliere la defiscalizzazione al lavoro straordinario e bisogna mettere più risorse per le imprese che, anziché licenziare, ricorrono ai contratti di solidarietà. E anche laddove si chiede di aumentare l'utilizzo degli impianti, lavorando di notte, il sabato, e in alcuni casi la domenica, il modello non deve essere quello che viene applicato attualmente a Melfi, con un aumento dell'orario individuale. Per noi, la disponibilità è fare accordi sulla falsariga di Continental, Carraro, Volfswagen-Ducati, dove di fronte a un maggior utilizzo degli impianti c'è una riduzione degli orari e un aumento dell'occupazione attraverso più squadre. Lo schema è la quinta squadra, cioè più gente e meno orario; ciò vuol dire distribuire il lavoro su più persone, e lo scambio è aumento di produttività attraverso migliori condizioni di lavoro. Secondo noi, questo è un punto da estendere in questa fase, tanto più se ci sarà una ripresa degli investimenti. Pensiamo, poi, ci sia la necessità di rilanciare una politica industriale che veda un intervento pubblico con investimenti straordinari, anche sul piano della manutenzione del territorio. Su questo, però, il Governo è contraddittorio: da una parte, c'è la vicenda Ilva, dove si parla di gestione diretta dello Stato; dall'altra, c'è Finmeccanica, dove l'esecutivo agisce all'opposto, vendendo interi pezzi sul mercato, come nel caso dei trasporti. Non possiamo accettare casi come la Pirelli, l'ultimo di una lunga serie. Al contrario di quel che è avvenuto in paesi come Stati Uniti, Giappone, Francia, Germania, solo per citare i più forti, qui siamo alla totale assenza di una politica industriale. Ma i posti di lavoro si creano solo se ripartono gli investimenti pubblici e privati, e questo è un punto essenziale della nostra vertenza".

    "Rispetto ai contratti – prosegue Landini –, noi non siamo disponibili ad accettare che venga esteso il modello Fiat. Confindustria sta chiedendo in modo esplicito ad ogni azienda di scegliere se applicare il contratto nazionale o in alternativa un contratto aziendale sostitutivo. Noi diciamo in modo molto chiaro che questa è una linea improponibile, così come non è accettabile quanto hanno chiesto gli imprenditori del settore chimico, cioè di avere indietro 79 euro al mese, anziché rinnovare i contratti. E siccome nei prossimi mesi anche noi saremo di fronte alle prese con un rinnovo che riguarderà milioni di lavoratori, deve essere chiaro che il contratto nazionale rimane un punto fondamentale. In questa fase, bisognerebbe fare anche una legge sulla rappresentanza, che non metta in discussione né il diritto di sciopero né estenda il modello Fiat, ma che aggiunga ciò che c'è già nel pubblico impiego, dove si misura la rappresentanza su voti e iscritti, dove i contratti nazionali e aziendali, per essere validi, devono essere firmati da chi ha la maggioranza certificata dal voto delle lavoratrici e dei lavoratori interessati. Allo stesso tempo, un ccnl così concepito, per noi può diventare un contratto che ha validità di legge 'erga omnes'; di conseguenza, la nostra proposta sul salario orario minimo è che debbono essere i minimi salariali sanciti dal ccnl che diventano il salario minimo di riferimento, in modo che a parità di lavoro e di mansione, debba corrispondere il minimo salariale uguale per tutte le forme di lavoro".

    "Il vero problema di competitività di questo Paese – aggiunge l'esponente della Fiom – non è la riduzione dei diritti del lavoro, ma è la criminalità organizzata, che ormai controlla pezzi interi dell'economia reale. Il Governo mette la fiducia per cancellare i diritti, ma non è in grado di cancellare il reato di falso in bilancio nè di fare una lotta vera al riciclaggio, e nel frattempo i livelli di corruzione aumentano. Questo è un altro punto importante della nostra piattaforma. perché la lotta alle mafie, all'evasione fiscale, all'illegalità, sono per noi la stessa cosa. Su questo punto, il sindacato deve essere un soggetto attivo, a partire da una nuova legge sugli appalti. Assieme alla Cgil, stiamo raccogliendo le firme per una legge d'iniziativa popolare, perché quello è il punto di fondo, che non solo riduce i diritti di chi lavora, attraverso una competizione al ribasso, ma ha favorito l'ingresso della malavita organizzata nel sistema. Ci vuole una legge sugli appalti che dica che la responsabilità rimane dell'azienda che fa l'appalto e deve essere sua responsabilità giuridica e penale che negli appalti vengono applicati i contratti, che vengono applicate le leggi, e anche in caso di cambi d'appalto, i lavoratori devono mantenere i diritti e le condizioni precedenti".

    "Rispetto alla riforma degli ammortizzatori sociali – puntualizza Landini –, siamo perché si vada a un'estensione della cassa integrazione ordinaria e straordinaria a tutti i settori. La cassa integrazione ordinaria e straordinaria non deve essere pagata con i soldi dello Stato, ma con quelli delle imprese e dei lavoratori, perché è un elemento di mutualità generale. Accanto a questo, pensiamo e condividiamo la battaglia che anche Libera sta facendo, circa l'introduzione di un reddito minimo garantito nel nostro Paese. Quindi, al centro della manifestazione del 28, c'è anche un'idea di riforma generale su questo punto".

    "L'ultima cosa riguarda l'Europa – conclude il sindacalista dei metalmeccanici Cgil  –: è evidente che i vincoli e le scelte che il Governo sta facendo, incluso l'attacco al contratto nazionale, sono tutte dentro la lettera che la Bce mandò nel 2011 a Berlusconi. Da tale punto di vista, al contrario, una mutualizzazione del debito e il non pagamento degli interessi sarebbero strade che il movimento sindacale e i governi, incluso quello italiano, dovrebbero battere per costruire davvero un'Europa sociale. Questo è un altro punto centrale delle nostre rivendicazioni. Non a caso, la Fiom è stata, nei giorni scorsi, tra i soggetti che hanno manifestato in Germania, perché la costruzione di un'Europa sociale deve vedere protagoniste le persone che lavorano, i diritti, la giustizia, non l'economia. In tale quadro, la manifestazione di sabato ha il senso della continuità con le battaglie fatte. Per questa ragione, continueremo la mobilitazione, anche in forme nuove. Penso alla proposta che abbiamo lanciato di coalizione sociale, che spero stavolta venga presa per quella che è: non vuol dire fare un partito o candidare qualcuno alle elezioni".

    "Ciò è totalmente sbagliato, e non è nel modo più assoluto la nostra idea. Noi partiamo da un dato sindacale: non era mai successo, nella storia dell'Italia repubblicana, che un Governo agisse in accordo con Confindustria, facendo leggi che cambiano diritti soggettivi delle persone e rapporti di forza nel Paese, senza che questo sia oggetto di confronti e discussioni. La coalizione sociale, una proposta ancora tutta da costruire, sta raccogliendo molto consenso e adesione tra associazioni, movimenti, persone, e in aprile avrà la sua continuazione. Vuol dire che soggetti diversi che finora si sono battuti singolarmente su obiettivi comuni, definiscono assieme iniziative e programmi sul piano sociale, dell'unità del lavoro, dell'applicazione dei principi della nostra Costituzione, dell'affermazione di diritti che oggi sono negati: penso non solo al diritto al lavoro, ma al diritto alla scuola, alla formazione, alla sanità. Questo è il processo che vogliamo aprire, non solo a livello nazionale, ma nei singoli territori, in ogni provincia, per dare una continuità alla nostra azione".