11.29.2011

Le idee del Prof. Monti

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

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Le idee del Prof. Monti sono solide e consolidate. Certo aspettiamo la verifica dell'operato del suo governo. Oltre alle indicazioni date nei discorsi alle Camere del Parlamento, vi sono due suoi importanti documenti, preparati in momenti non sospetti, che meritano un'attenta lettura.

Sono dei paper che possono aiutare a capire meglio lo spirito ed il progetto dell'"uomo dell'emergenza".

Il primo è "La Commissione Attali e l'Italia" pubblicato nel 2008, prima della Lehman Brothers e dell'esplosione della crisi finanziaria globale, insieme al Prof. Franco Bassanini. Il documento è l'introduzione alla pubblicazione in italiano del "Rapporto Attali. Liberare la crescita. 300 decisioni per cambiare la Francia" che dettaglia le proposte per far fronte alle sfide di sviluppo e di dinamismo dell'economia e della società francesi.

Monti rimase positivamente impressionato dall'iniziativa francese di mettere in campo un vasto spettro di competenze economiche e politiche ma soprattutto culturali e professionali europee ed internazionali, per riflettere non solo sui problemi generali ma per predisporre un set di riforme e di misure precise. Infatti, bisognava convincere i francesi, che vivevano le sfide della competizione globale come se fosse una minaccia.

La Commissione Attali propone riforme che mettono in discussione rendite e privilegi per affrontare al meglio il futuro. Si trattava e si tratta di "dire la verità anche con un'analisi spietata della realtà economica", di sfidare i "medici pietosi", le cui deboli analisi sui ritardi nella modernizzazione economica e sociale "offrivano alibi a scelte di conservazione e alle resistenze da parte degli interessi colpiti dalle riforme".

Il Rapporto Attali fa proprio le best pratices degli altri paesi per superare i ritardi accumulati, per coniugare le sue proposte di crescita con il superamento delle disuguaglianze, per liberare energie e risorse per la ripresa, salvaguardando i livelli di solidarietà e di coesione sociale.

Monti rimase affascinato dallo spirito europeo con cui Jacques Attali affrontava la sfida, superando i vecchi cliché dello sciovinismo francese e collocandosi nel solco dell'economia sociale di mercato che "valorizza meriti e talenti, la capacità di imprenditoria e la tutela dei diritti fondamentali di tutti".

Riteniamo che tale esperienza sia stata d'ispirazione per il Prof. Monti anche nella stesura del suo Rapporto "Una nuova strategia per il Mercato unico" preparato per la Commissione europea e pubblicato il 9 maggio 2010.

Si tratta di un documento di 118 pagine denso di proposte concrete per una risposta europea unitaria alle sfide dell'integrazione e della crescita economica e sociale contro la crescente "stanchezza da integrazione" e l'avanzata dei nazionalismi economici che, spinti dagli effetti della crisi, potrebbero portare a delle "conseguenze drammatiche" e allo "sgretolamento dell'Ue".

Monti parla della necessità della "decisione politica" nella costruzione dell'Unione economica europea. Ribadisce che la piena realizzazione del Mercato unico è il pilastro essenziale per dare forza e unità al sistema monetario dell'euro e alla capacità di crescita dell'economia europea. Ciò significa riformare, modernizzare e semplificare l'intero sistema delle norme fiscali, legali, amministrative, economiche, ecc. di ogni singolo Stato membro dell'Unione ed uniformarle per promuovere il mercato della produzione, del lavoro, dei movimenti di uomini, di mezzi e di capitali a livello europeo. Solo così per Monti il Mercato unico può preparare la formazione di un unico governo economico europeo e diventare fattore di solidità generale dell'Ue..

Nel suo Rapporto gli interlocutori principali per avviare un tale processo sono i cittadini, i consumatori e le Pmi. Quindi vuole un'Europa dove le libertà economiche devono "dialogare" con i diritti dei lavoratori, dove le priorità sono nella creazione delle infrastrutture "fisiche" del Mercato unico, che deve rimanere "aperto ma non disarmato rispetto ai concorrenti a livello globale".

Va sottolineato il fatto che sulle cause della crisi globale Monti evidenziava che "la liberalizzazione finanziaria iniziata negli anni '90 senza essere accompagnata, soprattutto negli Usa, da regolamentazioni prudenziali e di vigilanza, è stata una dei principali fattori dell'origine della crisi finanziaria", che non può essere affrontata con soluzioni "troppo blande".

Tra le sue proposte, significativa è quella dell'istituzione degli eurobond con cui trasformare parte delle obbligazioni dei singoli Stati in titoli europei. C'è ovviamente il sostegno, anche con un quadro giuridico più favorevole, agli investimenti di lungo termine nelle infrastrutture, come quelli proposti dal Fondo Margherita delle Casse Depositi e Presti europee.

Il Rapporto è ricco di proposte concrete. Egli però insiste sul "rafforzamento del processo di attuazione". A tal fine propose la creazione di "un gruppo specifico per la politica fiscale" in Europa.

Il successo dell'azione del governo Monti dipenderà, oltre che dal risanamento di bilancio italiano, dalla capacità di intervento in sede europea per la realizzazione di un vero Mercato unico e di una effettiva unione politica ed economica oltre che monetaria dell'Europa. Nonché dall'impegno collettivo a non essere "disarmati" nei confronti della speculazione e dei mercati finanziari senza regole.

11.16.2011

Al G20 ha vinto il “sistema del dollaro”

Non sorprende che il G20 di Cannes non abbia prodotto gran che. E' dal 2008 che i G20 ci hanno abituato a tante promesse e a tante "raccomandazioni". Non hanno mai presentato iniziative efficaci capaci di cambiare a fondo il sistema che ha generato la crisi finanziaria ed economica globale.

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di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

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Il recente summit rivela però un profondo cambiamento geopolitico. Infatti, dopo tre anni di una crisi che è stata originata primariamente dal e nel sistema bancario e finanziario americano, a Cannes la barra del timone sembra essere ritornata pericolosamente in mano al "sistema del dollaro".

Ciò in barba al fatto che l'economia americana sia la più debole del settore avanzato e che le sue banche abbiano una "leva" assolutamente sproporzionata rispetto al proprio capitale. Sono quindi le più esposte ai rischi ed ai titoli tossici.

La dichiarazione finale del summit purtroppo rivela il grande lavoro fatto dalle lobby per spostare la responsabilità della crisi dalla finanza e dalle banche a quella dei debiti sovrani. In particolare a quelli dell'eurozona.

"Dopo il nostro ultimo meeting, si legge nel documento, la ripresa economica globale si è indebolita e le tensioni sui mercati finanziari sono aumentati soprattutto a causa dei rischi sovrani in Europa".

Il grave e "vecchio" problema della finanza è stato quindi messo in second'ordine. E' scomparso qualsiasi riferimento agli Stati Uniti e alle sue difficoltà, dimenticando il quasi default federale esploso soltanto lo scorso mese di luglio. Anche i piani di ripresa della produzione, dell'occupazione e della crescita sono finiti nel portabagagli della macchina del G20!

Viene invece riconosciuto un ruolo centrale al Fondo Monetario Internazionale nella gestione dei paesi con un debito pubblico più pesante. Al Fondo dovrebbero essere assegnati più risorse e più poteri di intervento. La parola chiave è "sorveglianza", cioè la possibilità di interferenza nelle decisioni economiche nazionali ed europee. Da subito ciò vale per la Grecia e per l'Italia. In un futuro non lontano potrebbe valere per la Francia e per l'intera Ue, responsabile di non sapere gestire i suoi membri più riottosi. Si ritorna di fatto ai condizionamenti e alle sanzioni che il Fmi ha incompetentemente e con grandi danni attuato in passato nei confronti di tutti i paesi in via di sviluppo. Si ricordino gli interventi nell'America Latina. Il Fmi è stato ed è la lunga mano del "sistema del dollaro".

Il voluto ritorno dell'"egemonia del dollaro" è dimostrato dal fatto che l'idea di una grande riforma del sistema monetario internazionale basato su un paniere di monete sia stata accantonata.

Il summit ha infatti sottolineato che "la composizione del paniere dei Diritti speciali di prelievo (Dsp) deve continuare a rappresentare il ruolo che le monete hanno nel sistema finanziario e commerciale globale e che essa può essere nel tempo modificata qualora le caratteristiche e il ruolo delle monete cambiassero". La valutazione della sua composizione quindi dovrebbe essere basata sui "criteri attuali". Il Fmi è chiamato semplicemente a renderli più chiari. In ogni modo, dice il documento, si riparlerà della composizione del paniere dei Dsp soltanto nel 2015!

Infine il G20, su pressioni americane, è tornato a premere sulla Cina e sugli altri paesi con un surplus economico affinché sottopongano le loro monete al giudizio dei mercati e quindi ad una rivalutazione.

Anche la tanto osannata decisione del nuovo presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, di abbassare dello 0,25% il tasso di sconto, che è forse l'unica "decisione" pratica di Cannes, di fatto fa seguito alla recente esplicita richiesta del ministro del Tesoro americano Tim Geithner. Egli chiese, si ricorderà, che la Bce seguisse le orme della Federal Reserve nel creare maggiori livelli di liquidità.

Secondo noi ciò non è un automatico stimolo alla crescita. Senza meccanismi specifici di credito per i settori produttivi, tale decisione, oggi come in passato, può andare solo a vantaggio del sistema bancario internazionale e creare pericolose "bolle liquide" che potrebbero dar luogo anche ad attività speculative.

Per il resto il vecchio sistema finanziario ha messo in stallo gran parte delle riforme. Nonostante ciò bisogna riconoscere che alcune istituzioni, a cominciare dal Financial Stability Board fino allo IOSCO, l'organizzazione internazionale delle autorità di controllo dei mercati finanziari, hanno preparato degli studi importanti e dettagliati di riforma dei derivati, degli Otc, dei Cds, delle banche ombra, di quelle di importanza sistemica, ecc. Essi però rischiano di rimanere dei lavori accademici, se i decisori del G20 non li mettono in pratica.

A Cannes Sarkozy ha giocato con Obama la sua carta elettorale di grande capo europeo e di guida del mondo, ma una Francia sopravalutata e artificialmente stabilizzata potrebbe a breve crollargli addosso come un castello di carta.

Se guardiamo oltre l'uscio di casa, Cannes è stato un passo indietro. Non solo sul fronte della nuova architettura finanziaria, monetaria ed economica mondiale, ma anche sullo scacchiere dei giochi geopolitici globali. La riteniamo una sconfitta strategica per l'intera Europa.

11.07.2011

Idee deboli e vecchie dal Summit Ue

Decisioni coraggiose e convincenti avrebbero dovuto includere gli eurobond, la creazione di un ministero europeo di "difesa economica" e nuove snelle architetture di credito per il rilancio dell'economia reale e dell'occupazione attraverso investimenti di medio e lungo periodo nelle infrastrutture e nella modernizzazione di tutti i Mezzogiorno d'Europa. Invece, i capi di Stato e di Governo dell'Ue hanno recitato le solite litanie . . .

 

di Mario Lettieri , già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi , Economista

 

Di positivo c'è soltanto la decisione di non lasciare andare alla deriva l'Unione europea e di non far implodere in tempi brevi il sistema dell'euro. Per il resto il drammatico Summit del Consiglio europeo dei capi di stato e di governo del 26 ottobre a Bruxelles ha prodotto una serie di proposte insoddisfacenti e lontane dall'affrontare di petto la speculazione e le sfide presentate dai crescenti debiti sovrani.

    A nostro avviso le decisioni coraggiose e convincenti avrebbero dovuto includere gli eurobond, la creazione di un ministero europeo di "difesa economica" e nuove snelle architetture di credito per il rilancio dell'economia reale e dell'occupazione attraverso investimenti di medio e lungo periodo nelle infrastrutture e nella modernizzazione di tutti i Mezzogiorno d'Europa.

    La dichiarazione finale del Summit, invece, è farcita di vecchie idee non idonee a "combattere gli effetti della crisi finanziaria globale". Il consolidamento fiscale, gli aggiustamenti di bilancio e alcune eventuali riforme strutturali nei paesi più indebitati non bastano, e possono causare deflazione e recessione.

    Un atto politico unitario e serio sarebbe potuto essere la trasformazione di una parte dei debiti pubblici nazionali, intorno al 60%, in debito europeo, cioè in eurobond.

    Questi non sono la panacea di tutti i problemi del debito e delle loro cause, ma avrebbero trasmesso un messaggio di stabilità e di fermezza politica dell'Unione ai cosiddetti mercati.

    Sarebbe stato il primo baluardo contro la speculazione! Avremmo così guadagnato tempo per le necessarie manovre di correzione dei bilanci europei. Basate però più sulla ripresa e sulla crescita che sulla dominante isteria dei tagli.

    L'Eurosummit, invece, ha deciso di affrontare il pericolo di contagio attraverso operazioni di leverage fatte sulla base delle risorse dell'Efsf, il fondo salva-stati. Si è fatto esplicitamente riferimento a una leva fino a 4 o a 5 volte i 440 miliardi di euro del fondo. Parliamo dei circa 2.000 miliardi di euro di cui si era già accennato nelle settimane passate.

    Tra le possibilità, l'Efsf potrà creare dei "Special Purpose Vehicle", nuovi prodotti finanziari per un valore multiplo del capitale di base del fondo. Di fatto sarebbero dei titoli parzialmente garantiti dal fondo stesso e d'incerta appetibilità da parte degli investitori istituzionali e privati.

    Se funzionasse, tale somma dovrebbe essere utilizzata per la capitalizzazione delle banche private in difficoltà e per acquistare bond statali in caduta libera sui mercati. Le capitalizzazioni delle 90 banche europee di rilevanza sistemica dovrebbe essere, per il momento, intorno ai 106 miliardi di euro. Alla fine graveranno quasi per intero sul citato fondo.

    Sono operazioni finanziarie che dovranno sempre essere messe al vaglio dei mercati dove operano gli operatori e gli speculatori che sono stati la causa della crisi e che purtroppo continuano a muoversi al di fuori delle regole.

    Riteniamo ciò molto grave e preoccupante. Ancora una volta si dimostra l'incapacità di adottare decisioni politiche indipendenti da parte dell'Ue e la sua evidente sudditanza ai mercati e agli interessi della grande finanza.

    Eppure prima del Summit alcuni avevano parlato della necessità di dimostrare l'effettiva unità politica ed economica dell'Europa creando un ministero centrale dell'economia. Le lungaggini e le evidenti difficoltà della sua realizzazione imporrebbero una più realistica e immediata "Autorità centrale europea per la difesa economica".

    Le misure di difesa da adottare contro la speculazione dovrebbero essere: il divieto di tutte le operazioni allo scoperto e dei Cds speculativi, una tassa sulle operazioni finanziarie, l'obbligo di depositi in contanti a garanzia delle stesse, ecc.

    In passato in verità la Merkel aveva già proposto simili provvedimenti.

    Il meeting del Consiglio europeo, invece, ha inventato il ruolo del Presidente dell'Eurosummit che si riunirà almeno due volte l'anno. Scelta interessante, ma sempre interlocutoria, di informazione e non di decisione esecutiva. Inoltre, sembra aggiungersi alle burocrazie del presidente della Commissione Europea e a quella del presidente del Consiglio Europeo.

    Ma è sul fronte del rilancio produttivo, la vera opzione di stabilità economica e sociale e di riduzione del debito pubblico, che il Summit è mancato. Avrebbe potuto indicare e sostenere nuove emissioni europee di project bond per attrarre capitali privati ed internazionali interessati a investimenti in infrastrutture e nelle nuove tecnologie.

    Il documento finale ha invece sottolineato che la Commissione europea applicherà condizioni ferree e una stretta sorveglianza sui comportamenti dei paesi membri. I sostegni dell'Ue saranno mantenuti "a condizione che tutti i programmi concordati (cambiamenti strutturali, consolidamenti fiscali, tagli di bilancio, liberalizzazioni e privatizzazioni, nda) siano rispettati".

    Se non sono le solite litanie, sono però vecchie ricette.