3.26.2009

Derivati: cappio al collo dei Comuni!

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo scritto da Mario Lettieri (già sottosegretario all’Economia nel governo Prodi) insieme all'economista Paolo Raimondi che denunciano la questione, ormai esplosiva, dei cosiddetti "derivati" in rapporto alla finanza locale. Ricordiamo a tal proposito che un mese fa la Corte dei Conti ha denunciato "l’uso sconsiderato di derivati finanziari da parte degli enti locali" facendo appello ad adottare un "principio di prudenza per i contratti derivati finalizzati alla ristrutturazione del debito degli enti locali". Ma i richiami alla trasparenza, alla certificazione e a una maggiore qualifica degli operatori coinvolti non basteranno per affrontare l’emergenza della crisi.

di Mario Lettieri e Paolo Raimondi

I dati di fine anno 2007, riportati nelle recenti audizioni della Commissione Finanze del Senato, indicano 41 miliardi di euro in derivati su un debito totale dei comuni, delle province e delle regioni pari a 82 miliardi. Cioè il 50% -- per i soli comuni la cifra sale percentualmente al 58% del loro debito totale.

    Negli anni passati molti amministratori locali di tutte le tendenze e colori politici hanno pensato di riorganizzare il debito dei loro enti anche attraverso operazioni in derivati swap, che permettevano loro di diluire nel tempo il pagamento dei debiti e, in molti casi, addirittura di negoziare un montante del debito maggiore e di incassare subito la differenza in cash.

    Essi avrebbero fatto bella figura con i loro concittadini perché avevano più soldi da spendere!
    Gli intermediari finanziari però non avevano detto loro cosa prevedeva il derivato. In particolare non avevano detto che negli anni a venire e per decenni i bilanci degli enti sarebbero stati soffocati dalla bolla degli interessi da pagare alle banche. In verità molti amministratori locali sono stati vittime di una vera e propria "circonvenzione di incapace". Altri, pochi, hanno partecipato a vere e proprie truffe su cui le Procure stanno indagando. Per loro ci sarà il giudizio del voto e quello della legge.

    Infatti, spesso non si tratta solamente di atti finanziari speculativi ad alto rischio, bensì di sottrazione di risorse ai servizi pubblici primari.

    In una situazione di crisi finanziaria globale e nazionale ciò si traduce anche in un peggioramento della capacità produttiva, in una perdita di produzione e di lavoro delle nostre PMI e in un generale impoverimento di ampie fasce sociali.

    Il Comune di Roma nel 2009 pagherà 200 milioni di euro in più di spese per ammortamento (con maggiori interessi passivi) dell’attuale debito a lungo termine che è stato sottoposto a complesse operazioni di ristrutturazione finanziaria, passando da 420 a 620 milioni di euro. Non solo. Roma infatti dovrebbe continuare a pagare altissimi interessi per questi contratti derivati capestro fino al 2048!

    La Procura di Milano indaga da tempo, anche con numerosi avvisi di garanzia, per chiarire contratti in derivati per 1 miliardo e 680 milioni di euro che, secondo varie stime, potrebbero comportare una perdita tra 200 e 300 milioni di euro per il Comune. La Guardia di Finanza di Firenze starebbe acquisendo documenti per un ‘indagine su "alte commissioni e abuso di tassi esageratamente alti" che coinvolge 8 banche e 11 comuni della provincia per derivati pari a 1 miliardo e 700 milioni di euro. Poi ci sono i derivati di Napoli, Torino, fino ai piccoli comuni, e delle principali regioni a cominciare dalla Lombardia.

    Naturalmente questi contratti in derivati determinano un grande trasferimento di risorse finanziarie dai bilanci degli enti locali verso le banche. Queste banche, nazionali e soprattutto internazionali, sono le stesse che sono in situazioni di grande crisi proprio per le bolle speculative create dai titoli tossici. Sono sempre le stesse banche che chiedono sostegni finanziari ai governi per salvarsi dalla bancarotta. Chiedono capitali pubblici garantiti dagli stati e quindi dalla collettività.

    Come si può quindi tollerare che la collettività paghi due volte? La prima per salvare le banche dalla crisi e la seconda per pagare i derivati sottoscritti con le stesse?

    A fronte di tale situazione servirebbe anzitutto bloccare immediatamente le eventuali ulteriori sottoscrizioni di derivati da parte degli enti locali. In seguito, quando le nuove auspicate regole dell’economia e della finanza verranno definite, si decideranno anche metodi e comportamenti che riguardano i vari strumenti finanziari e bancari utili alla stabilità del sistema.

    Il Governo dovrebbe individuare altre fonti e altre norme per il risanamento dei bilanci degli enti locali. Intanto lo Stato dovrebbe esigere che le banche, in cambio dell’aiuto pubblico, trasformino i derivati in essere in normali prestiti a medio e lungo termine con tassi di interesse chiari ed equi. Tecnicamente non sarebbe un problema: chi è stato capace di costruire un complicato e poco trasparente contratto derivato, è certamente capace di "decostruirlo".

    Si tratta di non essere succubi dei forti poteri delle banche! E’ una decisione di politica economica che il Parlamento e il Governo possono prendere in pochi giorni e in modo condiviso, liberando in tempi brevissimi notevoli risorse per interventi di sostegno sociale e di investimento locale.

3.25.2009

Derivati: cappio al collo dei Comuni!

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo scritto da Mario Lettieri (già sottosegretario all’Economia nel governo Prodi) insieme all'economista Paolo Raimondi che denunciano la questione, ormai esplosiva, dei cosiddetti "derivati" in rapporto alla finanza locale. Ricordiamo a tal proposito che un mese fa la Corte dei Conti ha denunciato "l’uso sconsiderato di derivati finanziari da parte degli enti locali" facendo appello ad adottare un "principio di prudenza per i contratti derivati finalizzati alla ristrutturazione del debito degli enti locali". Ma i richiami alla trasparenza, alla certificazione e a una maggiore qualifica degli operatori coinvolti non basteranno per affrontare l’emergenza della crisi.


di Mario Lettieri e Paolo Raimondi


I dati di fine anno 2007, riportati nelle recenti audizioni della Commissione Finanze del Senato, indicano 41 miliardi di euro in derivati su un debito totale dei comuni, delle province e delle regioni pari a 82 miliardi. Cioè il 50% -- per i soli comuni la cifra sale percentualmente al 58% del loro debito totale.

    Negli anni passati molti amministratori locali di tutte le tendenze e colori politici hanno pensato di riorganizzare il debito dei loro enti anche attraverso operazioni in derivati swap, che permettevano loro di diluire nel tempo il pagamento dei debiti e, in molti casi, addirittura di negoziare un montante del debito maggiore e di incassare subito la differenza in cash.

    Essi avrebbero fatto bella figura con i loro concittadini perché avevano più soldi da spendere!

    Gli intermediari finanziari però non avevano detto loro cosa prevedeva il derivato. In particolare non avevano detto che negli anni a venire e per decenni i bilanci degli enti sarebbero stati soffocati dalla bolla degli interessi da pagare alle banche. In verità molti amministratori locali sono stati vittime di una vera e propria "circonvenzione di incapace". Altri, pochi, hanno partecipato a vere e proprie truffe su cui le Procure stanno indagando. Per loro ci sarà il giudizio del voto e quello della legge.

    Infatti, spesso non si tratta solamente di atti finanziari speculativi ad alto rischio, bensì di sottrazione di risorse ai servizi pubblici primari.

    In una situazione di crisi finanziaria globale e nazionale ciò si traduce anche in un peggioramento della capacità produttiva, in una perdita di produzione e di lavoro delle nostre PMI e in un generale impoverimento di ampie fasce sociali.

    Il Comune di Roma nel 2009 pagherà 200 milioni di euro in più di spese per ammortamento (con maggiori interessi passivi) dell’attuale debito a lungo termine che è stato sottoposto a complesse operazioni di ristrutturazione finanziaria, passando da 420 a 620 milioni di euro. Non solo. Roma infatti dovrebbe continuare a pagare altissimi interessi per questi contratti derivati capestro fino al 2048!

    La Procura di Milano indaga da tempo, anche con numerosi avvisi di garanzia, per chiarire contratti in derivati per 1 miliardo e 680 milioni di euro che, secondo varie stime, potrebbero comportare una perdita tra 200 e 300 milioni di euro per il Comune. La Guardia di Finanza di Firenze starebbe acquisendo documenti per un ‘indagine su "alte commissioni e abuso di tassi esageratamente alti" che coinvolge 8 banche e 11 comuni della provincia per derivati pari a 1 miliardo e 700 milioni di euro. Poi ci sono i derivati di Napoli, Torino, fino ai piccoli comuni, e delle principali regioni a cominciare dalla Lombardia.

    Naturalmente questi contratti in derivati determinano un grande trasferimento di risorse finanziarie dai bilanci degli enti locali verso le banche. Queste banche, nazionali e soprattutto internazionali, sono le stesse che sono in situazioni di grande crisi proprio per le bolle speculative create dai titoli tossici. Sono sempre le stesse banche che chiedono sostegni finanziari ai governi per salvarsi dalla bancarotta. Chiedono capitali pubblici garantiti dagli stati e quindi dalla collettività.

    Come si può quindi tollerare che la collettività paghi due volte? La prima per salvare le banche dalla crisi e la seconda per pagare i derivati sottoscritti con le stesse?

    A fronte di tale situazione servirebbe anzitutto bloccare immediatamente le eventuali ulteriori sottoscrizioni di derivati da parte degli enti locali. In seguito, quando le nuove auspicate regole dell’economia e della finanza verranno definite, si decideranno anche metodi e comportamenti che riguardano i vari strumenti finanziari e bancari utili alla stabilità del sistema.

    Il Governo dovrebbe individuare altre fonti e altre norme per il risanamento dei bilanci degli enti locali. Intanto lo Stato dovrebbe esigere che le banche, in cambio dell’aiuto pubblico, trasformino i derivati in essere in normali prestiti a medio e lungo termine con tassi di interesse chiari ed equi. Tecnicamente non sarebbe un problema: chi è stato capace di costruire un complicato e poco trasparente contratto derivato, è certamente capace di "decostruirlo".

    Si tratta di non essere succubi dei forti poteri delle banche! E’ una decisione di politica economica che il Parlamento e il Governo possono prendere in pochi giorni e in modo condiviso, liberando in tempi brevissimi notevoli risorse per interventi di sostegno sociale e di investimento locale.

 

3.03.2009

Epifani: "Bene Franceschini, governo dia risposte subito"

La Cgil saluta il nuovo corso del PD e incalza la destra priva di idee al governo del Paese
Roma, 28 febbraio - Il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani esprime "apprezzamento" per le proposte avanzate oggi dal leader del Pd Dario Franceschini. "Le proposte affrontano correttamente temi che riguardano le condizioni piu' drammatiche delle persone in questa fase della crisi - dice Epifani - Il governo dia ora risposte immediate, senza perdere ulteriore tempo e cambi le priorita' dei propri interventi. Pomigliano d'Arco ieri, Prato e Torino oggi - conclude il segretario della Cgil - indicano che il Paese chiede urgentemente una svolta nella politica economica e sociale".

Sul fronte della crisi, il barometro dei numeri segna maltempo. "Minor produzione, assieme a minori consumi, e ricadute drammatiche sull’occupazione", commenta il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni il dato diffuso oggi dall’Istat sul Lavoro e retribuzioni nelle grandi imprese. Dati da cui emerge, aggiunge il dirigente sindacale, "un ennesimo calo dell’occupazione nelle grandi imprese concentrato particolarmente nell’industria assieme all’esplosione della cassa integrazione".

Mentre anche Confindustria, continua Fammoni, "oggi diffonde un dato sulla produzione industriale di gennaio febbraio gravemente negativo e che avrà inevitabili e pesanti ripercussioni sulle future rilevazione dell’occupazione. Quanti altri dati negativi - conclude - sono necessari per avere da parte del governo una politica all’altezza di questi problemi?".

È evidente che in questo clima economico e sociale, gli strappi del governo sulla contrattazione prima e sul diritto di sciopero ora, non possono che produrre effetti negativi.

In particolare sul diritto di sciopero Epifani ha ammonito severamente l'esecutivo di destra: "perché in materia di libertà del diritto di sciopero costituzionalmente garantito bisogna procedere con molta attenzione". E sempre rivolgendosi al goiverno il segretario generale della Cgil in merito alla riforma ha aggiunto: "Se c’è qualcosa da aggiustare rispetto a una normativa già rigida eventualmente lo si può vedere. Ma se si vogliono introdurre forzature che limitano poteri e prerogative è altra questione".

Il segretario generale della Cgil attende, infatti, di vedere cosa il governo deciderà effettivamente. ''Se intende, partendo dal problema del rispetto dei diritti degli utenti, ridurre una libertà fondamentale, la Cgil si opporrà ora e dopo").

Il numero uno della Cgil fa notare che il sindacato confederale "è sempre stato attento a conciliare il diritto di sciopero con quello degli utenti in alcuni settori particolari come i trasporti". Secondo Epifani, "tutto dipende da ciò che il governo decide e dalle questioni che porrà". Quindi, entra nel merito delle questioni: "Non si può decidere con il 51% uno sciopero perchè così l'altro 49% non può mai scioperare - spiega Epifani - lo sciopero virtuale non può essere mai sostitutivo ma aggiuntivo. Il fatto poi di dichiarare prima individualmente la propria adesione può essere un modo di rendere inutile lo sciopero. Attorno ai questi nodi - insiste - ruoterà il confronto se il governo intende aprirlo che su questo terreno deve stare molto attento".

La stampa vicina a Berlusconi è subito insorta proiettando ombre minacciose nel legittimo monito del leader sindacale. Alcuni commentatori si sono prodotti in editoriali dai toni violentemente anti-sindacali. Insomma, si va avanti lungo quella linea di spaccatura del Paese cui sembra ormai improntarsi ogni gesto dell'attuale establishment.

Ronde anti-stranieri, demagogia anti-sindacale, neo-clericalismo etico: la destra italiana appare convinta di poter giungere al redde rationem grazie alla copertura vaticana, a una sinistra politicamente umiliata nonché un mondo del lavoro frammentato tra un sindacato "rosso", un sindacato "giallo" e financo un sindacato "nero". Insomma, come dicevano gli antichi, anche le vespe fanno i favi.