9.20.2011

La spinta è finita (2/2)

Riceviamo e volentieri pubblichiamo / Dibattito a sinistra

 

Fenomenologia della crisi e del possibile passaggio.

di Rodolfo Ricci

 

Nel 2011 appare chiaro che ciò che chiamiamo "mercati" è così forte da mettere in crisi interi Stati, non Stati marginali o periferici, ma Stati centrali, al centro dell'Impero; gli stessi Stati che ospitano e hanno allevato e fatto crescere l'oggettività dogmatica dei mercati.

    L'operazione straordinaria a cui stiamo assistendo è che questi poteri ci stanno dicendo che sono superiori alle loro madri, alle loro levatrici storiche. Sono cioè il vero dominio globale. Ben più potenti degli Stati più potenti. I quali debbono ora riconoscere pubblicamente la loro superiorità e abdicare definitivamente alla loro costitutiva funzione di sovranità.

    Questo è il messaggio e il risultato a cui si deve accondiscendere. Nell'aggressione agli Stati centrali dell'Impero, i veri poteri intendono indicare che essi rappresentano l'unica oggettività sistemica, mentre gli Stati non sono altro che il prodotto di meri processi storici umani, parziali, discutibili, relativi. [4]

    Loro sono cioè la NATURA, mentre gli Stati sono solo la STORIA. Ed è la seconda che, notoriamente, accade e si sviluppa dentro la prima. Non viceversa.

  La NATURA inoltre, può dislocarsi secondo logiche del tutto svincolate dall'etica, da qualsiasi tipo di etica, anche dall'etica della nazione e della patria, che le aveva internamente costituite, ai suoi albori, come strumento del suo potere.

    Vi è cioè un processo di emancipazione totale della finanza dagli Stati. Anche dagli Stati Uniti d'America, ove essa si è strutturata nella sua forma più avanzata, dopo che aveva tentato, nel corso del '900, una dislocazione per aree di potenza nazionali o continentali, forme queste ultime, limitate rispetto alle sue potenzialità interne.

    In questo senso, il progetto di Nuovo Secolo Americano configurato dagli eventi dell'11/9, è stato forse l'ultimo tentativo di controllo operato da leaderships patriottiche degli USA per produrre una limitazione nazionale alla proliferazione finanziaria globale. La sua sconfitta, corrisponde al superamento definitivo della territorialità sistemica. Ora la fase che si attraversa è quella della compiuta extraterritorialità finanziaria dei poteri globali. [5]

    Non costituisce dunque alcun problema sostanziale dislocare la propria attenzione e potenzialità di investimento verso un paese comunista come la Cina, poiché non vi è più alcun vincolo ideologico. La extraterritorialità è quindi fisica, ma anche ideologica.

    In ciò, il carattere Naturale del nuovo potere viene ulteriormente confermato.

    Esso si manifesta come spirito naturale superiore agli uomini e ad ogni creazione umana, inclusi gli Stati, la democrazia e ogni altro artefatto antropologico. A posteriori, esso si presenta come la nuova Scolastica destinata a regnare per il millennio a venire, con tutti i risvolti feudali che esso comporta nell'articolazione astratta (sovrastrutturale) e concreta (strutturale) del nuovo impero e dei suoi poteri.

    Ma perché e a quali condizioni, questo progetto potrà funzionare ?

    Esso può funzionare solo se potrà acquisire gli elementi di consenso tipici di ogni epoca dogmatica: quegli elementi che possono essere riassunti con il termine di FEDE.

    A ciò si stanno predisponendo con un'enorme riconversione mondiale i media mainstream che hanno coperto l'epoca imperiale anglosassone. Da ora in poi, essi dovranno costituire e coprire la funzione di nuove cattedrali gotiche attraverso le quali dovrà essere diffuso il verbo del nuovo ordine mondiale astratto, ubiquo, e indipendente da nazioni e da Stati.

    I dispositivi utilizzati saranno analoghi e allo stesso tempo diversificati come gli infiniti ordini clericali medioevali che dovranno rappresentare e contenere le innumerevoli sollecitazioni delle minoranze razziali, etiche, di genere, di classe, in cui è possibile suddividere l'umanità sul pianeta. In ciò si appresta a cambiare la funzione POLITICA; essa servirà a tentare una rappresentanza dell'infinito particolare e allo stesso tempo a confermare la base strutturale della naturalità di sistema. Governi ed opposizioni si diversificheranno (come sta già accadendo) ovunque per ottenere questo risultato.

    Una dinamica che per certi versi ricorda quella tra domenicani e francescani nel corso della seconda metà del tredicesimo secolo.

    Il consenso sarà acquisito attraverso l'abito trasversale, interrazziale, interclassista, evolutivo, libertario, antietico (con varie improvvise escrescenze reazionarie alle quali verrà riconosciuta una parziale legittimità strumentale), con cui negli ultimi decenni ha già iniziato a vestirsi dopo aver pian piano dismesso la divisa militare.

    Ciò non significa affatto che esso abbandonerà la guerra e la violenza, ma la nuova guerra e il nuovo monopolio della violenza sarà sempre più guerra, dentro e fuori ogni confine, contro gli elementi ERETICI.

    La lotta alle ERESIE sarà il suo progetto, la sua linea di condotta. Insieme alla soppressione delle inevitabili jacquerie.

    C'è tuttavia un problema di fondo che il nuovo potere del millennio dovrà rapidamente risolvere: si tratta della sua insita e manifesta – almeno per ora, almeno finchéquesti dispositivi non avranno pienamente sviluppato i loro effetti - dimensione limitante rispetto alle potenzialità storiche, tecnologiche e spirituali raggiunte dalle masse a partire dai paesi avanzati dell'occidente che hanno costituito la sua levatrice storica.

    Questo problema è attuale – è il presente - e dalla sua soluzione dipenderà il corso degli eventi, della sua vittoria o della sua sconfitta: ove l'evidenza del carattere di limitazione e di blocco derivante dalla sua sostanziale natura (profitto e potere) arrivasse a convincere grandi masse, l'umanità potrebbe ancora evitare il medioevo prossimo venturo.

    Ove il meccanismo della solvibilità del debito dovesse accentuare, come sembra, la riduzione delle possibilità individuali (sta già accadendo e dovrebbe intensificarsi nei prossimi anni), ci troveremmo di fronte ad una possibile crisi analoga a quella del socialismo reale, nella quale, le potenzialità dei singoli e delle masse risultavano costrette da un sistema burocratico che non le riconosceva e che non era in grado di valorizzarle, malgrado le intenzioni costitutive del socialismo.

    La funzione di emancipazione del socialismo reale venne compromessa da questo fatto: le società erano più avanzate del sistema. Il sistema risultava essere un limite. E venne superato, salvo cadere dalla padella alla brace neoliberista.

    Oggi, anche se il sistema globale di finanza sembra avere un grande futuro nelle aree Brics, esso potrebbe non avere la stessa chance nei paesi avanzati. Qui, appare infatti più chiaro, a partire dalla quotidianità individuale e dal livello medio di coscienza sociale, che esso si è convertito in un enorme limite allo sviluppo soggettivo ed oggettivo.

    La grande battaglia per deliberare la fine del sistema propulsivo del capitalismo si gioca quindi nei prossimi mesi e nei prossimi immediati anni. Dopo sarà troppo tardi e riuscirà ad avere il sopravvento. E governerà fino a che le inevitabili eresie non riusciranno a scalzarlo. Ma in questo caso, potrebbe trascorrere molto tempo.

    Va fatto emergere con grande forza che se il nuovo equilibrio di poteri ci porta ad una riduzione drastica di benessere, seppure parziale, contraddittorio ed ecologicamente non sostenibile, ciò significa soltanto che la spinta propulsiva del capitalismo è terminata. E che bisogna introdure nel sistema tutti gli accorgimenti utili a farlo definitivamente crollare e a sostituirlo.

    Il primo di questi accorgimenti consiste nell'evitare in ogni modo il suo approvvigionamento di valori pubblici che intende realizzare e il secondo è quello di gridare a tutte le latitudini che la sua natura è meramente convenzionale, creatura storica parziale, che può e deve essere abbattuta e superata per sempre.

    Esistono le tecnologie per gestire la transizione dal valore di scambio al valore d'uso. O, se si vuole, dall'alienazione alla valorizzazione delle infinite potenzialità umane come parte dei processi evolutivi della natura; una valorizzazione svincolata da ogni profitto e da ogni interesse. - (2/2 - Fine )

 

NOTE

 

[4] – La discussione italiana intorno alla corruzione della casta politica e alla sua incapacità di gestione nazionale dei processi finanziari globali, costituisce una modalità interessante e su cui riflettere del modo in cui il meccanismo finanziario si pone ad un meta-livello rispetto alla politica. Ciò è già avvenuto per la Grecia e in generale per i paesi del sud Europa in crisi. Mentre per i paesi del nord Europa, la discussione si è già spostata intorno alla capacità della politica di contenere con ogni mezzo le jacquerie e l'ordine costituito, come avviene in questi giorni a Londra.

     [5] - Il termometro di questo processo sono le agenzie di rating, costrette anch'esse, a conferma e coerenza del processo in corso, a declassare il debito USA, a cui seguirà a breve il declassamento del debito di altri grandi paesi.

Senza accordi, nessuna stabilità

Economia

a cura di ItaliaOggi

 

Fa un certo effetto sentire i leader delle istituzioni del vecchio sistema di Bretton Woods parlare di un aggravamento della crisi finanziaria ed economica globale . . .

 

di Mario Lettieri , già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi , Economista

 

La nuova direttrice del Fmi, Christine Lagarde, ha detto al Der Spiegel che l'economia mondiale è di fronte al rischio di una «minacciosa spirale discendente». La generale crisi di fiducia ha portato ad un circolo vizioso che deve essere rotto. Lagarde ha affermato che «lo spettro di misure disponibili è molto ristretto in quanto molte munizioni sono già state utilizzate nel 2009».

    Sul Daily Telegraph di Londra Roberto Zoellick, presidente della Banca Mondiale, ha aggiunto che «in autunno l'economia mondiale potrebbe entrare in una nuova zona di pericolo».

    Gli autorevoli moniti valgono soprattutto per gli Stati Uniti e per l'Europa. Meritano un approfondimento più attento. Dopo tre anni si torna insistentemente a parlare di crisi sistemica. Quantitative easing, iniezioni di nuova liquidità, aumento dei debiti pubblici per salvare il sistema finanziario, stimoli alla crescita e altre misure pro cicliche non hanno funzionato.

    Anche il recente programma di Barack Obama che stanzia 450 miliardi di dollari per lavori pubblici non porterà l'America fuori dalla palude della recessione.

    La verità è che le cause profonde della crisi finanziaria non sono state rimosse!

    Ce lo conferma con parole molto misurate anche il recente rapporto annuale della Banca dei regolamenti internazionali di Basilea. Nelle pagine dedicate alla «Riforma della regolamentazione» la Bri ammette che il sistema funziona ancora con gli stessi meccanismi e la stessa mancanza di regole di prima del fallimento della Lehman Brothers.

    Basilea 3 stabilisce sia la quantità minima del capitale delle banche che la sua qualità al fine di coprire un ventaglio più ampio di rischi cui il sistema bancario è esposto. Ma si tratta di regole scritte non ancora applicate. La Bri dice inoltre che le Sifi, Sistemically important financial institutions, istituzioni finanziare di importanza sistemica, non sono state ancora individuate e quindi non sono state definite le misure necessarie per renderle sufficientemente resistenti alle crisi.

    È vero che il Financial Stability Board di Mario Draghi ha formulato delle precise raccomandazioni in merito, ma le autorità di vigilanza tardano nella definizione dei regolamenti attuativi.La Bri ricorda ancora che «per gettare le fondamenta di un sistema finanziario stabile è necessario estendere il perimetro regolamentare al di là delle istituzioni finanziarie tradizionali, al fine di comprendere anche le banche ombra, ossia quelle entità che svolgono attività di trasformazione delle scadenze o della liquidità al di fuori dell'attuale sistema bancario regolamentato».

    È chiaro che si parla del sistema di fabbricazione dei derivati finanziari over the counter, che sono negoziati al di fuori dei mercati e tenuti fuori bilancio. Queste banche ombra possono assumere un elevato grado di leva e «rappresentano un'importante fonte potenziale di rischio sistemico essendo strettamente collegate alla banche commerciali». Il rapporto della Bri aggiunge che «le banche, spesso di rilevanza sistemica, generano profitti elevati attraverso la sponsorizzazione di attività bancarie ombra».

    Il sistema bancario tradizionale, purtroppo, accorda delle garanzie ai detentori di passività e di titoli delle banche ombra originando rischi peggiori per la stabilità finanziaria. Anche in questo campo il sistema delle nuove regole è come la promessa che i bambini fanno nel mese di maggio con i loro fioretti.

    I dati più recenti indicano che a fine 2010 il totale del valore nozionale dei derivati otc aveva nuovamente superato i 600.000 miliardi di dollari. Negli Usa alla fine del primo trimestre le banche americane avevano 244 trilioni di derivati, il 5,5% in più di quelli dell'ultimo trimestre del 2010 e il 12,7% in più dell'anno precedente. Quattro banche soltanto, la Jp Morgan Chase, la Citi, la Bank of America e la Goldman Sachs ne manovrano 231 trilioni.

    Il rischio di queste operazioni ombra è incalcolabile. Fintanto che la bolla non esplode di nuovo, questa finanza ombra rappresenta una massa di manovra davvero straordinaria capace di attaccare chiunque. In primis l'euro. Ed è in grado anche di generare un «effetto orda» sui mercati. Le recenti indicazioni della Goldman Sachs ai suoi clienti di giocare contro l'Europa lo dimostrano.

    Non basta definire "tossici" certi titoli. Di fronte alla legge hanno gli stessi diritti di quelli sani. Possono essere monetizzati, possono essere portati a copertura di altre operazioni finanziarie e creditizie. In parte persino presso la Fed e la Banca Centrale Europea.

    Ovviamente si muovono con la benedizione delle agenzie di rating . Anche quando si utilizzano per comprare valori e titoli reali o aziende e immobili pubblici.

9.12.2011

Va prosciugato l'oceano dei derivati finanziari

Economia

a cura di ItaliaOggi

 

di Mario Lettieri , già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi , Economista

 

Chi è oggi il prestatore di ultima istanza, il "lender of last resort", colui che può "salvarci" dalla più virulenta crisi del debito e delle borse verificatasi dopo la seconda guerra mondiale?

    Nel 2008 quando il sistema bancario internazionale nel suo insieme era in default furono gli Stati ad intervenire con massicce iniezioni di liquidità a tassi di interessi inesistenti. La Federal Reserve fece scuola stampando centinaia di miliardi di dollari per elargire alle banche "crediti a perdere" e per acquistare Treasury bond a sostegno di un tentativo di rilancio basato sul debito.

    Senza nuove regole e senza un nuovo modello economico, il mix di liquidità - tassi allo 0%, deficit e debito - non è servito a rilanciare la produzione, i consumi e l'occupazione. In Europa la Bce ha seguito le stesse orme. In modi più complicati e contraddittori in quanto l'Europa unita è ancora da fare e manca di una azione federale univoca. Nella sostanza le sue politiche di salvataggio della finanza privata e quelle di stimolo economico sono state simili a quelle americane. Soprattutto nella inefficacia.

    La crisi di oggi, però, parte dalla debolezza degli Stati e dalla insostenibilità dei loro debiti pubblici, cresciuti soprattutto per salvare le banche.

    Chi può essere allora il "prestatore di ultima istanza" per il debito sovrano degli Stati? Certamente non la finanza privata e le grandi banche che più di altri sono coinvolte nelle speculazioni a breve, in particolare sui titoli di stato.

    Alcuni auspicano un salvataggio da parte della Cina e degli altri Paesi con un surplus finanziario. Soltanto degli ingenui possono sperare nell'arrivo di novelli re magi dall'oriente carichi di doni e di oro per comprare titoli di carta. La Cina, invece, ha già messo sull'avviso Washington!

    Molti chiedono un intervento risolutivo da parte delle banche centrali. Si illudono che tali istituzioni siano qualche cosa di diverso dagli Stati e che abbiano nei loro caveau qualche pozione miracolosa. La Fed ha già annunciato la sua politica: tassi zero per altri due anni, un altro "quantitative easing" che vuol dire creare nuova liquidità, stampare dollari e acquistare titoli del Tesoro.

    Lo stesso si vorrebbe dalla Bce. Ma l'attuale Fondo di Stabilità di 440 miliardi di euro è insufficiente a garantire la sicurezza dell'euro. Ci vorrebbero almeno 2.000 miliardi per far sì che l'intero debito europeo si avvicini ai livelli di stabilità di quello tedesco. Se la Bce intervenisse direttamente nell'acquisto dei titoli degli Stati in difficoltà, diventerebbe sempre più la copia della fallimentare Fed. Senza averne i prerequisiti costituzionali.

    Sono politiche perdenti che ripropongono delle condizioni già viste. Una maggiore liquidità che diventa la droga dei mercati finanziari e un aumento del rischio di inflazione.

    Il rilancio economico non è alla base dei loro meccanismi. Anche se simili misure portassero ad un momentaneo stato di calma apparente, rimanendo nel vecchio paradigma, possiamo essere certi che a breve ci sarebbe un nuovo "run" proprio sulla sostenibilità delle stesse banche centrali.

    Allora chi può raddrizzare le cose? La politica oppure i mercati? Noi da tempo riteniamo che debbano essere gli Stati sovrani a indirizzare le decisioni e le politiche, a dettare le condizioni e le regole ai mercati.

    Occorre riprendere con urgenza il percorso mai concluso della grande riforma del sistema finanziario economico globale. Lo si era ritenuto indispensabile dopo lo shock del 2008. Poi le lobby bancarie ci hanno riportato al business as usual.

    I governi del G20, degli Stati Uniti, dell'Europa, del Giappone, e anche dei Paesi del Brics, però con un ruolo maggiore, devono ridisegnare il sistema.

    Occorre togliere ogni autorità alle agenzie di rating. Si può tollerare che le loro valutazioni di tripla A dettino legge sugli investimenti? Che i grandi investitori e i fondi pensione debbano disfarsi di quei titoli che non hanno tale valutazione? Che anche le banche centrali debbano tenerne conto per i titoli portati in garanzia dei crediti concessi?

    Bisogna inoltre prosciugare l'oceano dei derivati finanziari, a cominciare dagli Otc negoziati fuori dai mercati e tenuti fuori dai bilanci.È indispensabile introdurre da subito semplici ma chiare misure per proibire azioni speculative allo scoperto e altri pericolosi giochi finanziari. Occorre ristabilire un moderno Glass-Steagall Act, cioè la legge bancaria anti-Grande Depressione del 1933 che separava le banche commerciali da quelle di investimento, per evitare che i risparmi siano usati per le speculazioni. E si mandi a casa chi sostiene che bisogna dare credito ai mercati e non alla politica. Chi pretende per la finanza e per la speculazione una libertà assoluta.

    Non ci si può sottrarre alla domanda: Chi merita maggiore protezione? Gli Stati, la vita e il lavoro dei cittadini oppure i mercati e gli speculatori?

9.05.2011

Serve un nuovo ordine monetario

a cura di ItaliaOggi - di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi e Paolo Raimondi, Economista.

L'attuale tempesta speculativa, forse la più grave della storia moderna, sembra celebrare a suo modo il quarantesimo anniversario della fine del sistema di Bretton Woods. Il 15 agosto 1971 infatti il presidente americano Richard Nixon decise di sganciare il dollaro dal valore dell'oro.
L'accordo monetario internazionale realizzato nel 1944 per la ricostruzione economica del dopoguerra e per garantire una stabilità nella regolazione delle bilance dei pagamenti dei Paesi del mondo occidentale era stato ancorato al dollaro con accertate riserve auree. In teoria i Paesi con riserve in dollari potevano in ogni momento richiedere la loro riconversione in oro.
Negli anni sessanta il dollaro americano non poteva più mantenere il vecchio valore di cambio con l'oro a seguito di una serie di crisi economiche e monetarie, di impennate inflazionistiche ed in particolare a causa di una crescente esposizione debitoria determinata dalle spese sostenute per la guerra in Vietnam.
L'amministrazione americana aveva due alternative: svalutare il dollaro e risalire la china della crescita produttiva oppure far saltare gli accordi di Bretton Woods. Decise per la seconda alternativa.
«Dobbiamo proteggere il dollaro dagli attacchi degli speculatori internazionali» disse Nixon nel suo famoso discorso. Si passò al sistema dei cambi monetari flessibili, sempre ostaggio dei mercati valutari.
Il 15 agosto 1971 fu uno spartiacque nella storia economico-politica del dopo guerra. Molti guai che oggi stanno venendo al pettine sono nati lì! L'accordo che era stato costruito da 44 Stati fu distrutto con una firma unilaterale. Così si infranse il disegno condiviso di costruire un mondo e uno sviluppo economico più stabili e giusti. Disegno perseguito fino ad allora, nonostante le tensioni della guerra fredda.
Da quel momento gli Stati Uniti hanno affrontato i loro deficit di bilancio e le loro spese crescenti stampando sempre più dollari. Dollari che hanno inondato il mondo. Comprati prima dall'Europa, poi dai produttori di petrolio e più recentemente dalla Cina.
Nel 1971 in Usa il rapporto debito pubblico/pil era di 36,2%. Oggi ha superato il 100%.
Da 40 anni l'America ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità. I buchi sono stati coperti con nuovi debiti che la Fed si è sempre premurata di monetizzare. È stato un cattivo esempio per molti altri paesi. Se il gatto ruba il formaggio, figuriamoci i topolini!
Per gestire un debito crescente e una situazione finanziaria sempre più malata, gli Usa hanno cambiato nel tempo molte altre norme. Hanno abbattuto anche l'intero apparato di regole realizzate dal presidente Franklin Delano Roosevelt per superare la Grande Depressione e lasciato mano libera alla finanza più selvaggia. Non si può dire che l'Europa si è comportata in modo diverso, più corretto.
Perciò oggi le sfide per riorganizzare e armonizzare le relazioni economiche in un mondo globale e profondamente cambiato sono l'imperativo per tutti. Soprattutto per gli Usa se vogliono ancora avere un ruolo strategico. L'Europa finalmente sembra volersi dare un governo politico ed economico unitario. Intanto i Paesi del Brics e l'Africa bussano alla porta della storia.
Per evitare che la crisi porti a una guerra tra le valute, uno dei perni del nuovo accordo internazionale dovrà essere quello monetario. Il ruolo del dollaro come moneta di scambio e di riserva è arrivato al capolinea!
Pochi giorni fa, l'agenzia di stampa cinese Xinhua ha ribadito che «occorre studiare altre opzioni al dollaro come moneta di riserva. Per gli Usa il tempo dei prestiti facili e del debito è finito». Il governatore della Banca Centrale della Cina Zhou Xiachuan ha avvisato che le attuali politiche economiche di Washington indeboliscono la fiducia nei Treasury bond e il sistema finanziario internazionale.
Il messaggio dei paesi del Brics è chiaro: è tempo di lavorare per creare un paniere stabile di monete, anche con riferimento all'oro, come elemento essenziale per gestire insieme e in modo costruttivo la nuova stagione di sviluppo e di cooperazione economica mondiale.
Del resto nel discorso del 1971 Nixon parlò della «necessità urgente di creare un nuovo sistema monetario internazionale» perché era consapevole della «gravità» della sua decisione. Fino a oggi sottovalutata da molti.