3.24.2015

Trani: le agenzie di rating alla sbarra

 di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

I responsabili politici e governativi e anche i media italiani stanno trattando con troppa sufficienza, se non con ostilità, il processo in corso presso il Tribunale di Trani nei confronti delle agenzie di rating, la Standard and Poors’ e la Fitch. Tra maggio 2001 e gennaio 2012 esse resero pubbliche delle analisi che declassavano drasticamente l’Italia e il suo debito pubblico, provocando un terremoto economico e finanziario. Ciò, come è noto, fece schizzare lo spread, la differenza tra i tassi di interesse dei bond italiani e di quelli tedeschi, fino a 575 punti.

    Il comportamento delle suddette agenzie di rating era consapevolmente viziato e, attraverso un’informazione falsa e una tempistica manovrata, mirava a mettere in ginocchio l’Italia e a destabilizzare l’intera Europa. Secondo noi erano proprio l’Unione europea e l’euro i veri bersagli economici e geopolitici degli attacchi speculativi.

    Chi cerca di denigrare il sostituto procuratore di Trani, Michele Ruggiero, come un esagerato complottista dovrebbe rileggere i dossier preparati dalle varie commissioni americane sul ruolo nefasto delle agenzie di rating nel favorire prima la crisi finanziaria globale più devastante della storia e poi nel detonarla.

    Il rapporto del 2011 della bipartisan “Financial Crisis Inquiry Commission” di Phil Angelides, al termine di centinaia di pagine piene di dettagli comprovanti le varie responsabilità degli attori coinvolti, dice: “Sosteniamo che i comportamenti fallimentari delle agenzie di rating siano stati le componenti essenziali nel meccanismo della distruzione finanziaria. Le tre agenzie sono state gli attori chiave del meltdown finanziario. I derivati emessi sulle ipoteche, che sono al centro della crisi, non potevano essere piazzati né venduti senza il loro bollino di approvazione. Senza le agenzie di rating la crisi non ci sarebbe stata.“

    Anche la Commissione d’indagine del Senato americano, guidata da Carl Levin e Tom Coburn, nel rapporto “Wall Street and the Financial Crisis: The Role of Credit Rating Agencies” del 2010 scriveva:” La Commissione ha provato che le suddette agenzie di rating hanno permesso a Wall Street di influenzare le loro analisi, la loro indipendenza, la loro reputazione e la loro credibilità. E lo hanno fatto per soldi.. Esse hanno operato con un inerente conflitto di interesse in quanto venivano pagate dagli stessi istituti che emettevano i titoli a cui loro davano il rating.”

    Secondo noi è rilevante il fatto che a Trani anche la banca americana Morgan Stanley, uno dei colossi della speculazione in derivati otc, sia stata messa sul banco degli imputati. Essa era azionista della S&P e, proprio nel mezzo dello sconquasso provocato dal declassamento del rating dell’Italia, mise all’incasso un derivato sottoscritto con il Tesoro italiano nel 1994. Si trattava di un classico derivato capestro che, a seguito dell’impennata dei tassi di interesse, era arrivato fino a 2 miliardi e mezzo di euro. Nel corso del 2012 il governo italiano pagò senza fiatare. Quei dirigenti che sollevarono dubbi e richieste di ulteriori valutazioni vennero zittiti. La Morgan Stanley avrebbe portato, a giustificazione della repentina richiesta di monetizzazione del derivato, supposte pressioni fatte dalle autorità di vigilanza americane e inglesi che avrebbero ritenuto inaccettabile l’esposizione della banca con l’Italia.

    Anche in questo caso emerge chiaramente il conflitto di interesse tra l’agenzia di rating e la banca in questione. Era una cosa risaputa e generalizzata. Perciò si rende ridicolo, se non peggio, chi sostiene di non aver saputo di una tale commistione di interessi!

    Già nel 2006 analizzammo e pubblicammo le strutture di controllo delle agenzie di rating per evidenziare, ancora prima del fallimento delle Lehman Brothers, come le “tre sorelle” fossero compenetrate e teleguidate dalla grande finanza globale.

    Non era certamente proibito, ma era sorprendente trovare nei direttivi delle agenzie di rating uomini che provenivano dalle grandi banche impegnate nella speculazione con derivati finanziari ad altissimo rischio.

    Ad esempio, la Standard & Poor's (S&P) è una controllata della multinazionale McGraw-Hill Companies, il colosso delle comunicazioni, dell'editoria, delle costruzioni che è presente in quasi tutti i settori economici. Allora era guidata dal presidente della Citigroup Europa, dal presidente della Coca Cola, della BP, ecc., nonché partecipata anche dalla citata Morgan Stanley.

    La ragione vera degli attacchi contro il lavoro del sostituto procuratore Ruggiero, secondo noi,  è dovuta al fatto che a Trani si sta celebrando il primo, e finora unico, vero processo a livello internazionale nei confronti delle agenzie di rating.  Nemmeno negli Stati Uniti si sono tenuti dei validi processi contro di loro. Anche per questa considerazione sarebbe stato opportuno che il governo italiano si fosse costituito parte civile nel processo di Trani.

    Se a Trani le agenzie di rating dovessero essere condannate allora si potrebbe avere ovunque un’ondata di casi legali contro le stesse. Le richieste di risarcimento sarebbero di proporzioni gigantesche. Probabilmente emergerebbero anche tante verità sui giochi e sulle manipolazioni delle grandi banche. Ecco perché la finanza mondiale sta facendo di tutto per far passare sotto silenzio il processo in questione.

3.10.2015

HSBC - Una banca al centro di frodi fiscali e operazioni finanziarie illecite

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

E’ dal 2008 che liste di grandi evasori fiscali sono emerse e portate all’attenzione degli organi di vigilanza finanziaria e dei governi di molti Paesi. In primis degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Finora però vi sono stati solo grandi polveroni mediatici, misere condanne ufficiali e scarse contromisure legali. 

    Prima Hervè Falciani, poi SwissLeaks e infine il Consorzio Internazionale di Giornalisti Investigativi hanno indicato la HSBC Private Bank SA di Ginevra in Svizzera come uno dei centri operativi che organizzano servizi finanziari illegali, lavaggi di soldi sporchi e frodi fiscali per cittadini e organizzazioni interessati.

    Le frodi fiscali complessivamente coinvolgerebbero almeno 130.000 potenziali evasori internazionali (industriali, politici, attori, sportivi, ecc.) per parecchie centinaia di miliardi di dollari. Oltre 7.000 sarebbero cittadini italiani.

    A questo punto riteniamo sia indispensabile gettare luce sulla HSBC e sul suo ruolo di leader della grande finanza globale. La banca di Ginevra è la filiale delle britannica Hong Kong and Shanghai Banking Corporation. E’ la maggiore banca europea ed è la terza al mondo. Fu fondata nel 1865 da un consorzio di interessi coinvolti nel commercio della seta, delle spezie e, si dice, anche dell’oppio. Oggi ha 60 milioni di clienti in 80 Paesi e ha attività pari a 2,7 trilioni di dollari.

    E’ la classica banca “too big to fail” con una capacità di fuoco ed una influenza politica senza pari. Gli uffici centrali e le sue filiali sono coinvolti in tutte le indagini più grandi ed esplosive. Finora però ne è sempre uscita quasi indenne, pagando pochi spiccioli di multa.

    Le autorità americane hanno denunciato la HSBC Bank Usa (HBUS) per complicità nel lavaggio dei soldi sporchi dei cartelli della droga messicani e in operazioni fatte per aggirare le sanzioni nei confronti di Paesi come Cuba e l’Iran. Secondo l’Office of the Comptroller of the Currency americano dal 2006 al 2009 la HBUS avrebbe incrementato del 50% i trasferimenti di denaro via wire fino a raggiungere i 94,5 trilioni all’anno senza veri controlli e avrebbe permesso in particolare il trasferimento di 15 miliardi in contanti da parte delle filiali messicane.

    La Commissione per le Indagini del Senato, guidata dal democratico Carl Levin, nel 2012 ha formalmente denunciato la HBUS di riciclaggio di soldi provenienti dal traffico di droga. La HSBC messicana nel 2008 aveva creato anche una filiale nel paradiso fiscale delle Cayman Islands, senza uffici e senza impiegati, con oltre 50.000 conti correnti di clienti anonimi. 

    Nel suo rapporto “US vulnerability to money laundering, drug and terrorist financing. HSBC case history”  di 330 pagine la Commissione sostiene anche che i controlli messi in atto dalla banca per evitare che la propria struttura fosse sfruttata da organizzazioni criminali erano inefficaci e che i campanelli d'allarme suonati da alcuni dipendenti sono stati regolarmente ignorati dal top management.

    Di fronte ad innumerevoli ed inconfutabili prove, nel 2012 la banca ha preferito pagare una multa complessiva di 1,9 miliardi di dollari e chiudere convenientemente i casi legali. D’altra parte questa cifra era solo l’8,6% dei 22 miliardi di profitto di quell’anno. Nessuno venne condannato per i crimini penali.

    Questo “lassismo” nei controlli sui movimenti finanziari sembra sia stato sfruttato anche da reti e sospette organizzazioni fondamentaliste islamiche.

    Si ricordi che la HSBC è anche sotto inchiesta per i noti scandali Libor ed Euribor. Nel 2012 gli organismi di controllo finanziario, l’americana SEC e la britannica FSA denunciarono una ventina di banche internazionali per aver manipolato il famoso London interbank offered rate (Libor), cioè il tasso che stabilisce la base per definire tutti gli altri tassi di interesse applicati sui mercati finanziari. La HSBC era in testa alla lista. Dal 2005 al 2007 le banche in questione avevano gonfiato i loro dati per far salire il Libor e incassare sui tassi alti. Dopo lo scoppio della crisi hanno invece giocato i loro dati al ribasso per mascherare le proprie difficoltà ed abbassare il costo dei prestiti di cui avevano bisogno per sopravvivere. Hanno quindi semplicemente fornito informazioni fasulle a proprio profitto.

    La HSBC è anche una delle 5 grandi banche internazionali che hanno manipolato per anni, almeno dal 2009 fino alla fine del 2013, i cosiddetti tassi Forex, i tassi di scambio delle valute, sfruttando la conoscenza di informazioni confidenziali dei clienti e operando pochi secondi prima che i tassi di riferimento fossero fissati. Ogni giorno sul mercato dei cambi si fanno operazioni per 5,3 trilioni di dollari. Anche per queste manipolazioni la multa da pagare avverrà con la solita completa sanatoria delle violazioni e dei reati.

    E’ chiaro che se la HSBC fosse una banca italiana verrebbe chiamata la “banca della mafia e del crimine organizzato”. Il fatto che non sia un semplice sportello locale “occupato” dalla camorra, ma una delle principali banche globali, pone delle domande inquietanti sull’intero sistema delle grandi banche internazionali e della “finanza ombra”.

    Ne abbiamo scritto altre volte, ma ora riteniamo che la riforma e la trasparenza del mondo finanziario e bancario non siano più eludibili. Sono troppi gli squilibri economici che di volta in volta questo sistema malato provoca.

 

3.02.2015

Il ruolo insostituibile delle banche di credito cooperativo

 Le banche popolari diventeranno oggetto di scalate finanziarie e di attacchi speculativi? Diventeranno pedine locali delle grandi banche “too big to fail”?

 

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

Il sistema bancario dovrebbe essere l’ancella primaria dello sviluppo delle attività industriali e imprenditoriali dell’economia reale. Se così è, la riforma delle banche popolari parte purtroppo da una premessa sbagliata. Mira a soddisfare le esigenze della grande finanza invece di privilegiare le strutture del credito direttamente legate al territorio e alla sua crescita economica.

    Secondo la succitata riforma, fatta con decreto e senza alcun coinvolgimento dell’Assopopolari, le 10-11 banche popolari con attivi superiori a 8 miliardi di euro dovranno essere trasformate in società per azioni. In quanto organismi di tipo cooperativo, gli attuali organi di gestione sono eletti con il voto capitario. Ogni socio può avere soltanto un voto.

    Il cambiamento strutturale proposto dal governo viene motivato dal fatto che il voto capitario violerebbe il principio di democrazia penalizzando quei fondi che partecipano con ingenti capitali. Inoltre, si afferma che, aprendosi al mercato globale, esse potrebbero attrarre investimenti nazionali ed internazionali rendendole così più grandi e più competitive.

    A dir il vero, in questo modo le banche popolari diventeranno oggetto di scalate finanziarie e di attacchi speculativi che ne snatureranno la loro originaria funzione di sostengo allo sviluppo del territorio, delle pmi e delle famiglie. Molto probabilmente diventeranno pedine locali delle grandi banche too big to fail.

    E’ davvero sorprendente il fatto che in Italia ci si dia da fare per “offrire” le banche popolari in pasto agli squali della grande finanza. Nel mondo bancario americano invece si riconosce che le dimensioni enormi delle banche globali sono il vero problema della stabilità finanziaria e sono state la causa delle passate crisi sistemiche.

    Non si tratta soltanto di una decina di banche. Il nuovo approccio, secondo noi, prima o poi investirà l’intera struttura delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo (bcc). Le si ritiene evidentemente obsolete dal mondo della finanza globale.

    Noi pensiamo esattamente il contrario. Non solo per il nostro Paese ma per l’intera Europa. Sono proprio le banche territoriali a sostenere la crescita e a fornire ossigeno al sistema produttivo italiano rappresentato, come noto, per il 95% dalle Pmi.

    Negli ultimi anni la Bce ha messo a disposizione oltre 1.000 miliardi di euro con operazioni di rifinanziamento a lungo termine (ltro) a tassi di interesse vicini allo zero nella speranza che questi soldi andassero a finanziare la ripresa. Finora però le grandi banche hanno incassato ma non hanno aperto i rubinetti del credito alle pmi.

    Nel nostro Paese tra il 2011 e il 2013 le banche popolari hanno aumentato del 15,4% il credito offerto alle imprese e alle famiglie mentre le banche spa lo hanno diminuito del 4,9%.

    E’ pur vero che le popolari nel 2013 hanno erogato il 15% del credito mentre le grandi banche ne hanno erogato il 75%. Ma in Italia si ha una situazione del tutto particolare in quanto le banche di interesse nazionale sono state completamente privatizzate, perdendo così anche la loro storica funzione sociale e pubblica.

    Nel corso del 2014 le 70 banche popolari e le 381 bcc - che occupano 120.000 dipendenti – hanno insieme dato credito alle pmi per quasi 240 miliardi di euro con un aumento di ben 35 miliardi. Alle imprese esportatrici sono andati 50 miliardi. Nel periodo della crisi tra il 2008 e il 2014 i finanziamenti alle pmi esportatrici sono aumentati del 28%. Esse hanno quindi svolto efficacemente un ruolo anticiclico favorendo la ripresa economica dei territori in cui operano.

    Spesso si parla della tenuta esemplare del tessuto industriale tedesco, formato anch’esso dal mittelstand, la rete delle pmi in Germania, ignorando che la sua forza sta proprio nella rete capillare delle banche di credito cooperativo.

    Secondo uno studio della Bundesbank nel 2008 vi erano oltre 1200 istituti e 13.600 sportelli, regolati da principi mutualistici e di interesse sociale, con un bilancio aggregato di 1.000 miliardi di euro, al servizio di 30 milioni di clienti.

    La società tedesca e molti economisti si sono mobilitati in difesa della rete di banche territoriali anch’esse sotto attacco da parte delle grandi banche tedesche, tra cui la Deutsche Bank e la Kommerzbank, e di quelle internazionali.

    Un economista tedesco, Richard Werner, direttore del Centro Studi Bancari dell’Università inglese di Southampton, in prima fila nella difesa delle banche popolari e delle bcc in Germania e in Europa, ha scientificamente dimostrato che sono proprio queste banche, e non la Bce, le banche centrali e le grandi banche globali, il vero motore della creazione di credito produttivo e dell’ampliamento della base monetaria necessaria al sostegno della ripresa economica. 

    Senza iattanza riteniamo che sarebbe opportuna una riconsiderazione della scelta governativa.