4.20.2011

Thyssen, una sentenza che cambia tutto

LAVORO E DIRITTI
a cura di rassegna.it 
 
Intervista a Sergio Bonetto, legale di parte civile degli operai. Una sentenza storica: riconosce che l'omicidio colposo è sanzione troppo generosa, e fa prevalere le aggravanti sulle attenuanti. I metodi di indagine sono stati decisivi
 
Intervista a cura di Antonio Fico
 
Sergio Bonetto è il legale di parte civile degli ex operai della ThyssenKrupp, primus inter pares nel collegio di avvocati che ha difeso le ragioni dei familiari e dei lavoratori nel processo. Nella sua lunga storia di avvocato, ha assunto la difesa dei familiari dei morti di amianto, nel primo grande processo alla Eternit negli anni 80, e sarà a giugno in aula nel nuovo processo all'Eternit.
 
Avvocato, perchè siamo in presenza di una sentenza storica?
 
Per tre motivi. Innanzitutto, riconosce che l'omicidio colposo è una sanzione troppo generosa – in certi casi. Inquadra una figura che è molto più frequente di quello che si crede, quella dell'imprenditore che è perfettamente cosciente di correre dei rischi, e ciò nonostante decide di farli correre comunque ai lavoratori. La colpa è la negligenza, qui siamo in presenza di qualcosa di più. Mentre negli incidenti stradali si è già riconosciuto da tempo il dolo eventuale, in materia di lavoro è la prima volta.
 
Con quali effetti concreti?
 
L'aggravio di pena, che rende effettiva la sanzione - la prigione in questo caso -, in un paese in cui a nessuno capita mai niente, malgrado responsabilità gravissime. Secondo aspetto: la Corte ha fatto prevalere le aggravanti sulle attenuanti. Questi signori sono incensurati, hanno un sacco di soldi, e quindi risarciscono il danno immediatamente, con un abbattimento di sanzione drammatico. La Corte ha ritenuto prevalenti le aggravanti sulle attenuanti. Terzo aspetto: la presenza degli operai esposti al rischio nel processo. Anche questa è una cosa mai vista, e la Corte lo ha risconosciuto.
 
Quando ha capito che questo processo avrebbe preso un altra piega rispetto a quelli senza colpevoli di cui è costellata la nostra storia giudiziaria?
 
Dalle indagini. Le indagini hanno rappresentato la fotografia del processo. Sono state condotte in modo innovativo, sul modello di quelle criminali, con i sequestri immediati e perquisizioni alle persone. E' stata la perquisizione all' amministatore delegato a portare nuovi elementi che altrimenti sarebbero scomparsi, come la relazione di Espenhan che ricostruiva l'accaduto. Lì si è capito che era stata la società italiana a decidere di non investire nelle misure di sicurezza, mentre in Germania avevano stanziato i soldi.
 
I momenti più complicati del dibattimento?
 
Il momento più difficile è stato l'inizio. C'era un clima estremo, eravamo nell'immediatezza dei fatti. E in questo senso, il presidente della Corte è stata veramente bravissimo a gestire il clima, mantenendo un atteggiamento ragionevolmente distaccato ma umano. All'inizio, è stato complicato gestire anche il dolore delle famiglie. Avevano accettato i soldi della Thyssen, togliendosi il diritto di parola nel processo, per bisogno, per mantenere i figli piccoli. Però in realtà, le madri, le sorelle questo comportamento non se lo sono mai perdonato. Avevano una carica di aggressività pazzesca, ce l'avevano con gli operai, li accusavano in certo senso di essere ancora vivi e con noi che pure tentavamo di rappresentare anche i loro figli. Poi, un poco alla volta siamo riusciti a ricomporre il gruppo degli operai e delle famiglie. Sono stati sempre presenti – implacabili – a tutte le udienze.
 
Quanto ha contribuito il fatto che fosse la Thyssen sotto accusa, e cioè un'azienda straniera?
 
Non c'è alcuna simpatia per i tedeschi, quando si pongono in questa maniera dura. La fabbrica era una vecchio stabilimento Fiat, non è nata con i tedeschi. Una cosa utile è stato chiamare i pompieri della Fiat, affinchè raccontasero come funzionava l'antincendio allora. E rapportarlo a come funzionava tre anni fa, con una squadra composta da gente che non non avevano fatto nemmeno dei corsi. E questo dice cosa è successo da quando sono arrivati questi signori.
 
Negli ultimi anni, lavoro e diritti sembrano essere in antitesi.
 
In questo senso, la sentenza va in controtendenza, rispetto a questa impostazione "marchionnesca", che sta avendo un successo notevole. "O è così o vi chiudo". Sono capaci tutti a fare gli eroi quando c'è un rapporto di forza di questo tipo. La sentenza rimette le cose in ordine, nel solco della Cassazione che dice: se non c'è proprio possibilità di mettere in sicurezza le cose, bisogna non lavorare. Tra il lavorare a rischio e il non lavorare è meglio non lavorare. E l'imprenditore che decide di correre il rischio, se ne assume le responsabilità.
 
Cosa cambia adesso?
 
A giugno riprende il processo alla Eternit. Faccio l'esempio dei risarcimenti: hanno dato 50 mila euro a quei dipendenti della Thyssen che sono stati esposti al rischio. Cosa devono dare ai cittadini di Casale e delle aree intorno agli stabilimenti esposti in modo permanente al rischio di cancro per venti anni? I signori della Eternit non solo hanno fatto i danni quando producevano, ma se ne sono andati lasciando tutto nella situazione in cui era. Non hanno fatto nulla per vent'anni, per rimediare al distastro che avevano provocato. E' normale in un paese normale? E' normale che lo Stato debba farsi carico di miliardi di bonifiche e loro se ne stanno tranquilli nei loro castelli in Belgio?
 
"La sicurezza è un lusso che non possiamo permetterci". E' una battuta di Tremonti.
 
Abbiamo ragione noi, e lui ha torto. Qualche volta dobbiamo dire chi ha ragione. Non solo perchè c'è chi ha pagato con la vita. Io pretendo, con le regole che ci sono e con la società che c'è, che non sia in discussione che una persona che va a lavorare non deve lasciarci la pelle. E questo va ricordato non solo quando qualcuno muore, ma tutti i giorni.
 
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a cura di ItaliaOggi
 
Una Cassa Depositi e Prestiti "alla tedesca"
 
di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)
e Paolo Raimondi, Economista

 
Se ne parla da tempo, ma è venuta l'ora di rompere gli indugi e trasformare la Cassa Depositi e Prestiti in un'efficiente e potente macchina per la crescita della nostra economia. Ha, infatti, attività di bilancio per 235 miliardi di euro e una raccolta di risparmio attraverso la rete degli uffici postali pari a 196 miliardi.
    Ma il suo mandato la costringe ad un ruolo troppo secondario e marginale.
    È forse l'istituzione più vecchia del nostro paese. Fu creata prima dell'Unità d'Italia. Il suo statuto la vincola però ad operazioni primariamente interne come cassa di riserva dello stato e come istituto di finanziamento di progetti degli enti locali.
    Può invece diventare il motore principale del finanziamento a medio e lungo termine di grandi progetti nelle infrastrutture, nella ricerca, nelle nuove tecnologie per mettere il paese in condizione di rispondere alle sfide della ripresa e dell'economia globalizzata.
    In verità negli ultimi anni ha allargato il suo orizzonte, aprendo linee di credito a favore della piccola e media industria. Nel passato triennio ha globalmente concesso crediti per 33 miliardi di euro. Nel triennio 2011-2013 i prestiti dovrebbero essere per 43 miliardi, di cui 24 per investimenti in opere pubbliche e per le Pmi. Però se non cambia il suo statuto e la sua «mission», la Cdp rischia di rimanere un nano con tante potenzialità.
    In tutte le sedi nazionali e internazionali il presidente della CDP, Franco Bassanini e il suo amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini giustamente chiedono una trasformazione della Cdp sul modello della Kreditanstalt fuer Wiederaufbau, la banca di ricostruzione tedesca.
    La KfW è uno dei meccanismi più efficienti dell'economica tedesca. Ha attività per oltre 400 miliardi di euro ed è il perno del "sistema paese", soprattutto per le attività di investimento e di intervento nei mercati internazionali. Conta su una struttura di 12.800 operatori suddivisa in importanti settori strategici. Ha una banca per gli investimenti nelle Pmi e negli enti locali che nel 2009 ha svolto attività per 24 miliardi di euro. Opera attraverso la Ipex Bank con investimenti a medio e lungo termine in progetti internazionali e in finanziamenti all'export per 60 miliardi di euro. Ha anche creato una banca per lo sviluppo per sostenere progetti e infrastrutture nei paesi emergenti.
    La sua forza sta nel non aver abbandonato la sua mission iniziale a sostegno dello sviluppo a lungo termine dell'economia reale. Nacque insieme al Piano Marshall per la ricostruzione delle economie europee devastate dalla guerra. Si ricordi che all'epoca gli Usa non richiesero che i crediti concessi fossero ripagati in dollari ma in moneta nazionale, versando i pagamenti in un conto speciale detto «fondo di controvalore» presso le banche centrali. Alcuni stati come la Gran Bretagna lo utilizzarono per ridurre il debito dello stato. La Germania invece ottenne che il fondo potesse essere utilizzato per il finanziamento della KfW. Quindi oltre al sostegno pubblico iniziale, la KfW sviluppò il meccanismo di autofinanziamento, sempre mirato agli investimenti di lungo periodo nella ricostruzione e nella modernizzazione dell'economia reale.
    Nei passati decenni la KfW è cambiata molto nella sua struttura e nei suoi meccanismi senza mai venir meno alla sua mission di fondo per lo sviluppo. Oggi essa affianca le industrie tedesche sui mercati internazionali non solo come centrale di credito ma anche come garante di fatto degli accordi e come procacciatrice di commesse. Emette obbligazioni che hanno la garanzia dello stato tedesco e può operare sui mercati aperti.
    Nei passati tre anni la nostra Cdp ha unito le sue forze con la KfW, con la francese Caisse des Depots et Consignations e con la Banca Europea per gli Investimenti (Bei) per creare la «Rete Marguerite» dei fondi equity e il Long Term Investors Club per riportare la finanza pubblica e privata a sostenere investimenti di lungo termine nelle infrastrutture e nei settori dell'energia e della ricerca.
    Molti stanno cercando di frenare il cambiamento della Cdp ventilando il rischio di un ritorno dello «stato padrone». Secondo noi sono paure e argomentazioni non del tutto fondate. In passato l'Italia ha potuto positivamente contare su istituti come l'Iri e la Cassa per il Mezzogiorno nel suo processo di ricostruzione e di sviluppo del dopoguerra. Poi col tempo in un processo di degenerazione della politica essi sono diventati dei pesanti ed inefficienti carrozzoni. Ciò portò alla loro soppressione senza però creare efficaci meccanismi alternativi per il credito agli investimenti a sostegno delle attività produttive.
    L'errore è stato quello di buttare il bambino con l'acqua sporca! Infatti le banche private e il mercato da soli hanno dimostrato di non essere capaci di farlo adeguatamente. Anzi hanno sempre più puntato sulla finanza a breve.
    Perciò discutiamo laicamente della Cdp tenendo conto delle esperienze passate e delle necessità attuali.
 
 

4.13.2011

Istat: Le famiglie spendono più di quanto guadagnano

a cura di rassegna.it
E' stato un 2010 orribile: gli italiani perdono potere d'acquisto e cala la propensione al risparmio. Lo dice l'Istituto di statistica. Calano anche gli investimenti. In lieve aumento solo i profitti delle piccole società non finanziarie.Le famiglie italiane spendono più di quanto guadagnano e il loro potere d'acquisto crolla, così come la propensione al risparmio. E' la fotografia di un paese in grossa difficoltà, quella scattata oggi dall'Istat.L'istituto di statistica, nella sua analisi sul "Reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società", rivela infatti che nel 2010 la propensione al risparmio delle famiglie, definita dal rapporto tra il risparmio lordo e il loro reddito disponibile, si è attestata al 12,1 per cento, registrando una diminuzione di 1,3 punti percentuali rispetto all'anno precedente.Se infatti, lo scorso anno, la spesa per consumi finali è aumentata rispetto al 2009 (+2,5 per cento), la propensione al consumo degli italiani ha visto un rialzo delle uscite superiore a quello segnato dal reddito lordo disponibile (+0,9 per cento). In parole povere, significa che gli italiani si stanno indebitando sempre di più.A detta degli analisti, poi, anche il potere di acquisto è sceso. Nel complesso del 2010 le famiglie hanno subito una riduzione dello 0,6 per cento. Anche se nell'ultimo trimestre del 2010 si è registrato un aumento dello 0,8 per cento rispetto al trimestre precedente, facendo tornare il dato ai livelli registrati alla fine del 2009.Nel 2010, poi, il tasso di investimento delle famiglie (definito dal rapporto tra gli investimenti fissi lordi, che comprendono gli acquisti di abitazioni e gli investimenti strumentali delle piccole imprese classificate nel settore, e il reddito disponibile lordo) si è attestato all'8,9 per cento, 0,2 punti percentuali in più rispetto al 2009, grazie alla crescita del 3,8 per cento degli investimenti. Nel quarto trimestre 2010 il tasso di investimento, calcolato sui dati destagionalizzati, si è invece attestato all'8,9 per cento, 0,2 punti percentuali in meno rispetto al trimestre precedente, a causa della riduzione dello 0,4 per cento degli investimenti delle famiglie.In ogni caso, il reddito delle famiglie ha registrato un aumento dello 0,9 per cento rispetto al 2009. Un reddito che però ha dovuto per far fronte ad una crescita della spesa per consumi "più consistente" rispetto all'anno precedente (+2,5 per cento). E' con questi dati che l'Istat spiega la riduzione della propensione al risparmio degli italiani, che si è attestata al 12,1 per cento, registrando una diminuzione di 1,3 punti percentuali rispetto al 2009.Una nota positiva, però, arriva dalla quota di profitto delle società non finanziarie, data dal rapporto tra il risultato lordo di gestione e il valore aggiunto lordo a prezzi base, che si è attestata al 41,5 per cento, 0,5 punti percentuali in più rispetto al 2009. La lieve ripresa riguarda il comparto di tutte le società di persone e di capitale e le imprese individuali con oltre 5 addetti che svolgono la loro attività nei settori diversi da quelli finanziari.

4.06.2011

Cgil: ok all'accordo

IPSE DIXIT La mano invisibile - «I membri di questa gran bella nuova società sono noti per accalcarsi negli stessi negozi nello stesso giorno e alla stessa ora, guidati oggi dalla invisibile mano del mercato con la stessa efficienza di quando venivano ammassati nelle fabbriche davanti alle catene di montaggio dai padroni e dai loro supervisori prezzolati.» – Zygmunt Bauman Alla Fiat di Melfi La Cgil condivide ed esprime apprezzamento per l'intesa siglata allo stabilimento Fiat di Melfi sull'introduzione del sistema di lavoro detto Ergo-Uas. "La sigla dell'accordo tra Fiat e tutte le organizzazioni sindacali a Melfi può rappresentare l'avvio della ricostruzione delle relazioni sindacali dopo mesi di rotture", afferma il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere. Il dirigente sindacale, nel considerare "un fatto positivo il raggiungimento di un'intesa e il merito di questa", sostiene che "sarebbe utile evitare polemiche rispettando le procedure di verifica e soprattutto l'opinione dei delegati, dei lavoratori e delle lavoratrici coinvolti. Il fatto che in un importante stabilimento Fiat ciò accada - conclude Scudiere - dovrebbe rendere tutti più cauti su giudizi e polemiche affrettati, puntando invece alla ricostruzione e al recupero a Mirafiori". SÌ AI REFERENDUM - CONTRO IL NUCLEARE - CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE DELL'ACQUA - CONTRO IL LEGITTIMO IMPEDIMENTO