4.09.2014

Il dominio delle banche centrali

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

Negli ultimi anni le banche centrali si sono sostituite al mercato, ai governi e a tutti gli altri attori economici nel definire le strategie monetarie, finanziarie e anche economiche dei Paesi cosiddetti industrializzati. I loro bilanci sono cresciuti a dismisura tanto che la Fed attualmente ha attivi pari a 4.160 miliardi di dollari, di cui 1.570 sono mbs, i derivati su ipoteche, mentre la Bce, con le banche centrali della zona euro, ha attivi pari a circa 2.200 miliardi di euro.

Eppure prima si credeva che il mercato avesse leggi proprie, forti, sicure e capaci di regolare l’economia e la finanza. Anzi si sosteneva che meno fossero coinvolti gli Stati e gli enti di controllo e meglio era per il sistema. Poi venne la crisi globale. Tutti, a cominciare dalla banche, quali le “too big too fail”, corsero a piangere miseria e a chiedere aiuti presso i governi.

Allora c’era la “magia del mercato” ed ora quindi c’è un’altra formula magica, quella della cosiddetta “forward guidance”. Dal 2008 è diventata il fulcro della politica monetaria. La Fed, la Bce, la Bank of Japan e la Bank of England forniscono, in varie forme quantitative e qualitative, appunto la loro “guida” nella politica monetaria, dei tassi di interesse e di fatto determinano l’intera politica economica..

Questa nuova situazione è oggetto di dibattito, di perplessità e di riflessione. Recentemente anche la Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea ha messo in guardia che la politica della “foward guidance” potrebbe generare ripercussioni negative e veri e propri choc nei mercati e nelle economie internazionali. Gli economisti della Bri sostengono che nel breve periodo le banche centrali sembrano dare più certezze politiche e meno volatilità nei comportanti monetari. I possibili cambiamenti e finanche le loro percezioni, nella politica monetaria, basata sul tasso di interesse zero, potrebbero però mettere a rischio la stabilità finanziaria e colpire la reputazione e la credibilità delle stesse banche centrali.

Infatti, quando esse comunicano che i tassi di interesse rimarranno fermi per un certo lasso di tempo o fino al persistere di certe condizioni economiche, gli operatori finanziari si sentono sicuri e perciò investono, muovono capitali e purtroppo speculano con più tranquillità. Ma non è detto che ciò accada sempre, che le banche centrali siano fisse nei loro impegni, che comunichino chiaramente le loro decisioni e che i mercati interpretino correttamente i loro “segnali di fumo”.

Già nel maggio 2013 le poche parole dette dall’allora governatore della Fed, Ben Bernanke, su una possibile riduzione del quantitativo di nuova liquidità, mandarono in tilt il sistema. Da quel momento nei Paesi emergenti si verificano fughe di capitali, disinvestimenti dai bond, crolli di borsa e massicce svalutazioni valutarie. Bernanke, nel tentativo di tranquillizzare i mercati, lamentò di essere stato frainteso.

Se il semplice fraintendimento di una frase può determinare nuove crisi sistemiche, allora il mondo è veramente messo male.

I mercati quindi, secondo noi, più che concentrarsi sulle dichiarazioni dei governatori centrali, diventati i novelli dei dell’Olimpo finanziario ed economico, analizzino con maggiore obiettività gli andamenti e i parametri dell’economia reale.

Anche per gli economisti della Bri, se i mercati si basano esclusivamente sulla “forward guidance”, un qualsiasi cambiamento significativo nella “guida” potrebbe portare a delle “reazioni distruttive dei mercati”. Per altro verso, il timore di forti reazioni da parte dei mercati potrebbe bloccare le banche centrali dall’adozione di politiche monetarie richieste da nuove situazioni e nuovi andamenti. Da ultimo, non si può ignorare che la politica del tasso di interesse zero, prolungata nel tempo, incoraggi operazioni finanziarie in cerca di profitti più alti anche se con alto rischio, generando nuovi squilibri e vulnerabilità.

Tutto ciò preoccupa e spinge gli organismi internazionali più responsabili come la Bri a riconoscere che non si può continuare indefinitamente con le politiche monetarie accomodanti e non convenzionali. A nostro avviso occorre innanzitutto riportare la politica finanziaria e monetaria al suo ruolo naturale di ancella dell’economia reale.

 

Edilizia: uscire dalla crisi, senza costruire più case

LAVORO E DIRITTI - a cura di www.rassegna.it

 

"Consumo di suolo zero nel 2050 è il nostro obiettivo"- La relazione del segretario generale Schiavella apre il congresso della Fillea a Roma. In questi anni la crisi ha bruciato “oltre 700.000 posti di lavoro”, ma per uscirne non serve altro cemento.

“Questo congresso ci racconta una storia diversa da quella che raccontano i giornali. Un congresso fatto di persone che ci hanno consegnato i loro problemi, spesso insieme alla loro incazzatura, ma li hanno consegnati a noi e non ad altri, caricandoci di responsabilità e costringendoci ad interrogarci sull'efficacia della nostra azione. Tutto ciò non finisce sui giornali, sommerso da una lettura del confronto interno basata su uno scontro Fiom - Cgil. Quella rappresentazione è funzionale ad un disegno politico esterno, ma anche conseguenza di nostre responsabilità”. Inizia così la relazione di Walter Schiavella, segretario generale della Fillea Cgil che oggi, 2 aprile, ha aperto il congresso nazionale della categoria a Roma.

Per Schiavella però “il problema non è la democrazia interna, né il fatto che si sia andati al congresso con due documenti. Semmai quello che è inaccettabile è la negazione dei risultati congressuali e il discredito generalizzato spesso gettato sull'organizzazione”.

Per quanto riguarda il “congresso reale” come lo definisce il segretario della Fillea, la situazione è drammatica. “La crisi ha devastato il nostro mondo – ha detto Schiavella - I numeri non raccontano tutto: le storie raccontano di più, raccontano sofferenza ma anche dignità, coraggio e speranza; ma insieme al coraggio abbiamo incontrato anche disperazione, quella che spesso ci coglie di fronte a domande senza risposta..quelle domande alle quali, spesso,lo stesso che ce le pone non trova soluzioni e ricorre a gesti estremi, la tragedia dei tanti suicidi per il lavoro che manca che si aggiunge a quella altrettanto inaccettabile di chi muore sul lavoro”.

“L'Europa è stata il grande assente dal versante sociale e, su quello economico versante economico, la protagonista di politiche recessive che hanno aggravato diseguaglianze e sofferenze”, continua il segretario Fillea. Per questo “la prossima scadenza elettorale è fondamentale per restituire all'Europa la sua dimensione sociale e sconfiggere le forze della destra populista e i nazionalismi”.

Ma la crisi chiama in causa non solo i governi, anche le imprese, “in evidente crisi di rappresentanza – accusa Schiavella - e troppo spesso tentate di usare la crisi come pretesto per scaricarne i costi finali sul lavoro. In questo quadro, con i nostri limiti e le nostre contraddizioni, abbiamo agito.”

In questo contesto, la Fillea Cgil ha raggiunto “quasi 20.000 accordi di gestione di crisi aziendali in quattro anni, 5000 accordi l'anno, 400 accordi al mese”, sottolinea il segretario. “Accordi con i quali si è garantito sostegno al reddito ai lavoratori coinvolti e spesso la salvezza del futuro produttivo di molte imprese e dei relativi posti di lavoro. Abbiamo garantito la tenuta del sistema contrattuale rinnovando i CCNL e moltissimi accordi di secondo livello”.

Ciò nonostante, in questi anni la crisi ha bruciato “oltre 700.000 posti di lavoro” nel settore costruzioni e “ha alimentato tale fuoco col soffio potente dell'irregolarità”.

La risposta, per Schiavella non può che essere il Piano del Lavoro e al suo interno la sfida coraggiosa lanciata dalla Fillea: “Abbiamo scelto di uscire dalla crisi non costruendo più case – ha detto ancora il segretario - E' come se i metalmeccanici avessero scelto di non costruire più automobili perché inquinano e i chimici avessero deciso che curarsi con le erbe è più sicuro che farlo con i farmaci tradizionali, ovvio che è un paradosso, non abbiamo mai avuto ambizione di dare lezioni a nessuno, ma è altrettanto vero che non accettiamo lezioni da nessuno”.

“Le nostre città future dovranno essere in primo luogo dei cittadini”, insiste Schiavella. “Una nuova legge sui suoli si impone, una legge che non regali plusvalenze immeritate alla rendita fondiaria e che metta la ricchezza determinata dagli strumenti di programmazione pubblici al servizio di interessi pubblici. Ci sono strumenti idonei a farlo, da quelli fiscali a quelli urbanistici legandoli alla scelta di non consumare più suolo e di privilegiare recupero e riuso delle aree impermeabilizzate. Consumo di suolo zero nel 2050 è il nostro obiettivo”.

Legalità e regolarità del lavoro sono altri due cardini fondamentali per la Fillea Cgil. “Su questo terreno ci piacerebbe davvero che il governo cambiasse verso al Paese”, aggiunge Schiavella secondo il quale “in questi anni la situazione è peggiorata: produzione e fatturati hanno continuato a calare mentre l'irregolarità aumentava; come allora non vedere l'inefficacia di politiche che hanno indebolito il quadro normativo, dalla responsabilità solidale al Durc, dalle norme sulla sicurezza a quelle sul mercato del lavoro? Ma se una politica palesemente non funziona, allora perché insistere?”.

Sul versante contrattuale l'obiettivo della Fillea, primo sindacato del settore in termini di rappresentanza, è quello della riduzione del numero dei contratti, giungendo a due soli Ccnl: uno unico per l’edilizia e un altro per gli impianti fissi che raggruppi legno, cemento, lapidei e laterizi”.

 

4.01.2014

Il corridoio Razvitie - Presentato a Mosca un grande progetto di sviluppo del continente euro-asiatico.

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

Mentre i venti di una nuova guerra fredda e i rischi di veri e propri conflitti intorno alla questione Ucraina crescono, importanti personalità dell’economia e delle scienze della Russia propongono invece una visione pacifica dello sviluppo infrastrutturale, economico e culturale dell’intero continente euro-asiatico.

L’11 marzo scorso, a Mosca il presidente delle Ferrovie Russe, Vladimir Yakunin, con il decisivo sostegno della prestigiosa Accademia delle Scienze Russa (RAS), ha proposto un progetto di grandi investimenti infrastrutturali noto come “Il corridoio euro-asiatico Razvitie”. Questa parola russa significa sviluppo.

Gli autori sono stati tra i pochi stranieri invitati all’evento. Dopo la sua validazione scientifica da parte della RAS, il progetto adesso è pronto per essere presentato e discusso nelle varie istituzioni dell’amministrazione statale.

Si tratta di un mega progetto, che negli anni potrebbe richiedere investimenti per parecchie centinaia di miliardi di euro, per collegare con moderne infrastrutture la costa russa del Pacifico con i Paesi europei fino all’Atlantico. Nel corridoio, oltre ai trasporti ferroviari e autostradali, sono previsti anche collegamenti continentali con pipeline per il gas, il petrolio, l’acqua, l’elettricità e le comunicazioni. Si prevedono anche collegamenti diretti con la Cina, che del resto sta già attivamente portando avanti simili politiche di sviluppo euro-asiatico attraverso la realizzazione di moderne Vie della Seta, e con il Nord America, con la realizzazione di collegamenti ferroviari che, passando attraverso lo Stretto di Bering, potranno collegare via terra la Russia e l’Asia con l’Alaska.

Evidentemente la visione strategica del progetto va ben oltre la realizzazione del corridoi di transito. Infatti si ipotizza anche lo sviluppo in profondità di una fascia di 200-300 km lungo l’intera linea per nuovi insediamenti urbani e nuovi centri produttivi. Secondo Yakunin un tale progetto potrebbe creare almeno 10-15 nuovi tipi di industrie basate su tecnologie completamente nuove.

Potrebbe sembrare l’idea di visionari. Ma la Russia da tempo sta cercando di definire una strategia che non sia soltanto economica ma che sappia mobilitare e unire le forze sociali, culturali e spirituali dell’intera popolazione intorno ad un grande progetto.

In questo modo si pensa anche di affrontare la questione demografica in un Paese che ha visto negli ultimi venti anni diminuire spaventosamente i livelli di popolazione e di fertilità. Con esso si potrebbe mettere in moto anche una progressiva urbanizzazione dei territori della Siberia e dell’Estremo Oriente ancora quasi totalmente disabitati.

In verità la Russia in passato si è sempre mobilitata intorno a grandi progetti che inizialmente sembravano irrealizzabili. La costruzione più di cento anni fa della linea ferroviaria transiberiana lunga 9.300 km, il piano di elettrificazione dell’Unione Sovietica e i programmi spaziali sono gli esempi più noti.

Yakunin ha ricordato che recentemente sono già stati decisi investimenti di lungo termine quali la modernizzazione della Transiberiana e della linea ferroviaria Bajkal-Amur.

La crisi globale che ancora caratterizza l’inizio del ventunesimo secolo potrebbe essere un importante stimolo per un nuovo accordo della Russia con l’Unione europea e gli Stati Uniti dando una risposta vincente alla politica di deindustrializzazione che ha colpito tutte e tre le aree.

L’utopia della società post-industriale è fallita e potrebbe così essere superata con una nuova e moderna industrializzazione. In un mondo di scambi di beni e di tecnologie, il corridoio di sviluppo euro-asiatico dovrebbe quindi conciliare gli interessi dei tre grandi sistemi economici, creando nel contempo una garanzia di sicurezza geopolitica per tutti.

E’ ovvio che un progetto di così grande portata può essere realizzato soltanto con la partecipazione di tutti i Paesi coinvolti ed interessati, a cominciare dall’Unione europea, il cui contributo tecnologico appare insostituibile. Per l’Europa e per l’Italia si aprirebbero anche prospettive di modernizzazione tecnologica, di nuova occupazione e di nuovi business per le nostre imprese.

Può sembrare stravagante in questo delicato momento dei rapporti tra i Paesi del G8 parlare di simili progetti, ma riteniamo che occorra pensare a nuove fasi di sviluppo globale e a nuovi assetti geopolitici pacifici e fortemente integrati.

 

 

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

Europa - «Un milione di

firme contro l'austerità»

Al via la raccolta di sottoscrizioni: obiettivo da raggiungere su almeno sette paesi dell'Unione. Fausto Durante, responsabile del Segretariato Europa Cgil: "Dobbiamo indurre la Commissione a un cambio di passo in direzione della crescita"

“Dobbiamo indurre la Commissione europea, particolarmente sorda alle istanze del mondo del lavoro, a produrre atti legislativi che cambino le politiche di austerità e affrontino il tema della crescita, ovviamente della crescita sostenibile, come leva per superare la crisi. Ci auguriamo che quest’iniziativa riesca a centrare l’obiettivo”. A dirlo è Fausto Durante, responsabile del Segretariato Europa della Cgil, parlando della raccolta di firme (ne servono un milione in almeno sette paesi dell'Unione) avviata tra i cittadini europei, che ha come base “il Piano per un nuovo corso in Europa approvato nel novembre scorso dalla Confederazione europea dei sindacati”.
A sostenere queste azioni sindacali, spiega Durante ai microfoni di RadioArticolo1 (
qui il podast), ci sono le associazioni e i movimenti della società civile, a partire dal Movimento federalista europeo, che “ha deciso, e noi come sindacato confederale italiano supportiamo questa decisione, di dare corso alla raccolta di firme, sfruttando la possibilità dell’Iniziativa dei cittadini europei, che è un modo con il quale i cittadini dell'Unione possono far sentire la propria voce su singoli temi specifici alle istituzioni di Bruxelles”.

Nella giornata del 24 marzo si sono svolte le conferenze stampa di presentazione della campagna in Italia e in Francia. Nei prossimi giorni, e comunque entro la fine di questa settimana, sono previste iniziative analoghe di presentazione negli altri paesi in cui è costituito il comitato nazionale a sostegno del Comitato europeo per la raccolta delle firme.
“Molto utile per la divulgazione dell’iniziativa – conclude Durante – è l'impegno congressuale della Cgil, così come potranno essere utili tutte le iniziative per il Primo Maggio, per fare in modo che ci sia già dall'avvio di questa raccolta di firme, che può durare un anno, un risultato significativo. Per raccogliere le firme, che possono essere apposte sia su moduli cartacei sia online, utilizzeremo tutte le iniziative per la campagna elettorale delle elezioni europee. Anche perché, come abbiamo visto dalle elezioni amministrative francesi di ieri, se non si cambiano queste politiche di austerità, di rigore, di taglio al welfare e alla spesa pubblica, alla fine vince la destra e l'idea di Europa deperisce”.