10.31.2011

Dal G20 di Parigi un mega- bailout delle banche

di Mario Lettieri , già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi , Economista

 

Le crescenti tensioni finanziarie ed il rischio di un rallentamento significativo dell'economia globale sembrano spingere il G20 verso un nuovo mega bailout del sistema bancario.  Il debito sovrano dei paesi più esposti evidentemente passa in secondo ordine.

    E' la vecchia ricetta fallimentare.  Se fosse ripetuta si riproporrebbero interventi che in passato abbiamo sperimentato senza successo. Il dato ignorato è che l'economia dei paesi occidentali oggi è fortemente indebolita e più indebitata rispetto a tre anni fa.

    La impraticabilità della citata ricetta emerge anche dal comunicato finale del recente summit di Parigi dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali dei paesi del G20.

    Al di là dei tanti "we agree" and "we welcome" su tematiche importanti ma "futuribili", come la regolamentazione degli Otc, la preparazione della lista dei grandi istituti internazionali di importanza sistemica o la gestione dei flussi di capitali  "crossborder" potenzialmente destabilizzanti, lo scettro è rimasto saldamente nelle mani del dominante "Re bailout".

    Infatti il testo dice chiaramente che "siamo impegnati ad intraprendere tutte le azioni necessarie per preservare la stabilità del sistema bancario e dei mercati finanziari. Noi garantiremo che le banche siano adeguatamente capitalizzate e abbiano accesso sufficiente ai fondi per fronteggiare i rischi attuali. Recentemente le banche centrali hanno preso iniziative decisive al riguardo e continueranno a mantenersi pronte a fornire la liquidità necessaria alle banche".

    La seconda ciambella per i salvataggi finanziari dovrebbe essere quella del Fondo Monetario Internazionale a cui si devono "garantire adeguate risorse per renderlo capace di realizzare le sue responsabilità sistemiche". Il Fmi, che sulla carta dovrebbe avere a disposizione 390 miliardi di dollari, sarà chiamato a studiare "nuovi modi per fornire, caso per caso, liquidità a breve termine a quei paesi che devono far fronte a shock esogeni e sistemici derivanti dagli strumenti finanziari in possesso e dalle condizioni esistenti".

    A Parigi fortunatamente non è stata sostenuta la precedente proposta del ministro del Tesoro americano Tim Geithner di trasformare la Banca Centrale Europea in un'altra Fed che stampasse soldi a go go e diventasse il prestatore illimitato di ultima istanza per tutti i bancarottieri, privati e pubblici. E' noto che l'agitazione di Geithner è finalizzata a "coprire" la situazione delle banche americane la cui necessità di finanziamento dei debiti è di gran lunga più grande di quella delle banche europee.

    A tal fine l'impatto del fondo Efsf salva stati "dovrebbe essere massimizzato per evitare il contagio". Si chiede anche che il Consiglio europeo prepari un "piano comprensivo capace di rispondere alle sfide correnti" per il suo prossimo meeting del 23 di ottobre.

    A Parigi infatti si è parlato di portare la "capacità di fuoco" dell'Efsf da 440 a 2.000 o a 2.500 miliardi di euro per i piani di salvataggio.

    La questione è: per fare che cosa?

    Per salvare le banche in caduta libera e per comprare i titoli di debito di paesi che nessuno più vuole o per creare eurobond e trasformare il 60% del debito pubblico in obbligazioni europee garantite dall'Unione europea?

    Nel primo caso, secondo noi, sarebbe un disastro e dimostrerebbe la sudditanza dell'Ue ai mercati e al sistema bancario. Si consideri che i bond dei paesi Piigs direttamente in mano al sistema bancario europeo sarebbero 750 miliardi di euro,150 dei quali sono titoli greci.

    Nel secondo caso, quello dell'emissione di eurobond, avremmo invece una posizione politica univoca e forte da parte dell'Europa che dimostrerebbe la chiara volontà di contrastare la speculazione finanziaria puntando alla stabilizzazione e alla riduzione del debito pubblico attraverso politiche di crescita economica.

    Il documento finale di Parigi, comunque, contiene qualche elemento a nostro avviso  positivo. Il primo, chiaramente sollecitato dai Brics e dagli altri paesi emergenti, chiede di "allargare il paniere degli SDR, i diritti speciali di prelievo, come un contributo all'evoluzione del sistema monetario internazionale". E' la prima volta che in un atto ufficiale di rilevanza internazionale si menziona il processo di superamento del sistema del dollaro e si fa riferimento ad un paniere di monete.

    Ci sembra interessante che il prossimo G20 che si terrà a Cannes il 3-4 novembre dovrebbe affrontare il problema delle fonti di finanziamento per progetti di investimento in grandi infrastrutture, alcuni dei quali dovrebbero essere presentati come esempi guida. E' un passo nella giusta direzione.  Ne parliamo da tempo, come del resto fanno i paesi emergenti e alcune istituzioni europee, quali le Casse Depositi e Prestiti,  che già promuovono investimenti di lungo periodo nei settori trainanti delle infrastrutture e delle innovazioni tecnologiche.

10.10.2011

IPSE DIXIT / Lavoro e diritti : Italia più povera, pagano i giovani ; Giornalisti precari e informazione flessibile

IPSE DIXIT


Per diventare Vip - «Quel cervellone barbuto di Karl Marx l'aveva detto che nessuno può diventare ricco con il proprio lavoro soltanto e che per diventare un Vip ed entrare nell'élite dei più ricchi bisogna far lavorare gli altri. Per perseguire questo sogno, sono state tentate numerose soluzioni ingegnose nel corso della storia, dalla schiavitù e i lavori forzati, la tratta, la servitù debitoria e le colonie penali fino alla precarizzazione, i contratti a zero ore, il lavoro flessibile, la clausola di non-sciopero, lo straordinario obbligatorio, il lavoro autonomo forzato, le agenzie interinali, la subfornitura, l'immigrazione clandestina, l'esternalizzazione e molte altre novità organizzative improntate alla massima flessibilità». Marina Lewycka

LAVORO E DIRITTI

a cura di rassegna.it<http://www.rassegna.it/home/index.cfm>

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Italia più povera,

pagano i giovani

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Draghi, presidente designato della Bce, lancia l'allarme sull'economia italiana: "Servono riforme strutturali, perché nella situazione attuale si generano problemi di equità. I giovani sono fra coloro che ne subiscono i contraccolpi più forti".

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"La crescita economica non può fare a meno dei giovani né i giovani della crescita" e "la valorizzazione dei giovani è una condizione necessaria allo sviluppo di un'economia moderna". Lo ha detto il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, al seminario dell'Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà 'Giovani e crescita', all'Abbazia di Spineto (Sarteano).

Poi, il prossimo presidente Bce ha spiegato: "In passato, soprattutto nella lunga fase di espansione che ha caratterizzato le economie avanzate dopo la guerra, questo duplice nesso si manifestava chiaramente nello sviluppo demografico e della produttività, nel progresso tecnico, nelle caratteristiche del capitale umano adatte a sostenere lo sviluppo. Oggi non è più così". Draghi, infine, sottolinea come "la crisi che dal 2008 ha colpito l'economia mondiale ha acuito drammaticamente il problema perché i giovani sono fra coloro che ne subiscono i contraccolpi più forti".

Draghi ha sottolineato inoltre che "la famiglia costituisce" per i giovani "anche un riparo dalle temperie dell'economia. Ma se il miglioramento del proprio tenore di vita non avviene tramite l'accumulazione di risorse collegate al proprio lavoro come accadeva più frequentemente cinquant'anni fa, quando i patrimoni familiari erano modesti e i tassi di crescita del reddito elevati si generano problemi di equità".

A detta del numero uno di Bankitalia, "se per alcuni giovani, una maggiore rilevanza della ricchezza ereditata può costituire una forma di compensazione rispetto alle minori opportunità di guadagno, in generale tende ad accrescere le disuguaglianze nelle condizioni di partenza. Il legame tra i redditi da lavoro dei genitori e quelli dei figli è in Italia tra i più stretti nel confronto internazionale, più vicino ai valori elevati osservati negli Stati Uniti e nel Regno Unito che a quelli stimati per i paesi nordici e dell'Europa continentale".

La ricetta di Draghi, quindi, consiste nel "favorire i processi di riallocazione dei lavoratori tra imprese e settori per cogliere più prontamente le opportunità di crescita sui mercati globali" per poi "ridurre il grado di segmentazione del mercato del lavoro, oggi diviso in settori protetti e non protetti, intervenendo sulla regolamentazione delle diverse tipologie contrattuali ed estendendo la copertura degli istituti assicurativi". "E' indispensabile - ha detto ancora l'inquilino di Palazzo Koch - proseguire nell'azione di riforma del settore dell'istruzione per incrementare lo stock di capitale umano, oggi inferiore in quantità e qualità rispetto ai paesi con cui competiamo sui mercati".

"Questi interventi - ha concluso - si rifletterebbero in un miglioramento anche delle opportunità economiche e professionali dei giovani. Rimuovere gli ostacoli all'attività economica riducendo i costi di apertura e di gestione delle nuove imprese promuove anzitutto la partecipazione economica delle nuove generazioni. Allentare le difficoltà di accesso al capitale di rischio, promuovendo lo sviluppo delle attività di venture capital significa in primo luogo aiutare la nascita e sostenere l'espansione delle imprese giovani a più alto potenziale innovativo. Ridurre la segmentazione del mercato del lavoro consente di riequilibrare le opportunità occupazionali e le prospettive di reddito, oggi fortemente sbilanciate a favore delle generazioni più anziane. Valorizzare le capacità e le competenze dei nostri studenti, riducendo il divario con i coetanei dei principali paesi europei, migliora la competitività e la capacità propulsiva delle imprese che li occuperanno, o che da essi verranno fondate".


Giornalisti precari e

informazione flessibile

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Si tiene a Firenze una due giorni per fare il punto sui precari nel giornalismo. Sono circa 100mila, di cui il 70% pubblicisti, hanno stipendi inferiori ai 5000 euro l'anno. Falcidiati dalla crisi, chiedono diritti e contratto.

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di Antonio Fico

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Il 7 e l'8 ottobre si tiene la due giorni "Giornalisti e giornalismi", l'iniziativa che per la prima volta chiama a raccolta a Firenze giornalisti precari e free lance, con l'obiettivo di fare il punto sulle difficili condizioni di lavoro nel settore e di promuovere una carta professionale dei diritti (per i precari) e dei doveri (per gli editori).

L'incontro nazionale, che vedrà oggi arrivare da tutta Italia centinaia di collaboratori di testate più o meno note del panorama editoriale italiano, e che avrà il suo fulcro al teatro Odeon di Firenze è promosso dall'Ordine nazionale dei Giornalisti, dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana, dall'Ordine dei giornalisti della Toscana e Assostampa Toscana, con il sostegno di Inpgi e Casagit.

Sempre più importanti per le attività di quotidiani e dei settimanali, sempre più numerosi, i precari rappresentano la spina dorsale di molte redazioni. Sono quasi sempre la manovalanza a basso costo, pronta all'uso indiscriminato e senza possibilità di contrattare i propri compensi. Secondo le stime dell'Ordine dei giornalisti, sono circa 100mila i giornalisti iscritti all'ordine, di cui il 70% pubblicisti. E una buona parte di essi percepiscono compensi inferiori ai 5000 euro l'anno.

Una situazione esasperata dalla crisi, durante la quale sono andati persi 5 mila posti di lavoro, per la decisione degli editori di bloccare il turn over. "A questo – spiega Antonella Cardone, del Coordinamento emiliano giornalisti precari e freelance e consigliere nazionale dell'Ordine dei giornalisti – si aggiungono le scuole di giornalismo che producono professionisti in serie mentre cala a picco l'offerta di lavoro stabile. La conseguenza? Che si è disposti anche a lavorare gratis in redazione, soprattutto nelle testate online".

I punti salienti della Carta di Firenze, che l'assemblea discuterà e dovrebbe approvare in via definitiva definitiva sabato, puntano a ridisegnare i rapporti di forza nel settore: compensi più alti e coinvolgimento effettivo nella contrattazione collettiva; percorsi di regolarizzazione e verso contratti stabili a tempo indeterminato; un'allenza tra ordine e sindacato per " il coinvolgimento dell'opinione pubblica e delle istituzioni in una vera e propria campagna per la dignità del lavoro; strumenti di rappresentanza del lavoro autonomo all'interno delle testate; ammortizzatori sociali.

Il programma della due giorni, prevede tra le altre cose, per la mattina del 7 ottobre i racconti a "microfono aperto" di collaboratori e freelance sulla loro esperienza di lavoro e una manifestazione in Piazza Signoria.

In vista dell'incontro dell'Odeon, decine di famiglie fiorentine hanno offerto la loro disponibilità ad ospitare i giornalisti in arrivo. Così come si è offerta di ospitare i precari, venuta a conoscenza dell'iniziativa, la Comunità islamica del capoluogo toscano. La due giorni è dedicata alla memoria di Pierpaolo Faggiano, il giornalista precario che si è tolto la vita pochi mesi fa.

10.09.2011

Un timido raggio di sole

La politica di Obama sta dando i suoi primi frutti? L'economia USA registra in settembre 103 mila posti di lavoro in più rispetto al mese precedente. Il mercato del lavoro americano appare in crescita "oltre le aspettative", rilevano gli esperti.

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(mes) - Un timido raggio di sole lambisce il mercato del lavoro amerciano, profondamente scosso dalla crisi. Lo ha annunciato venerdì il ministero dell'economia dell'Amministrazione USA precisando che il numero degli occupati sarebbe salito ben oltre le previsioni.

Gli analisti avevano calcolato un aumento di 60 mila posti di lavoro, con una quota di disoccupati intorno al 9.1%. La crescita è stata invece di 103 mila posti in più. Metà dell'incremento è derivato, tuttavia, dal ritorno al lavoro di 45 mila dipendenti della Verizon, impresa delle comunicazioni nella quale le maestranze avevano scioperato durante il mese di agosto. D'altro canto, però, vanno tenute in debito conto anche le correzioni aritmetiche riguardanti i mesi precedenti, che sono positive, riferisce l'agenzia Reuters.

In agosto negli USA si sono creati 57 mila jobs contro una previsione originaria a crescita zero. Analogo incremento in luglio: 127 mila unità in più contro una previsione di 85 mila.

A settembre la crescita dell'occupazione ha interessato soprattutto i settori dei servizi, della sanità ed edilizio.

Sul piano psicologico si segnala una diminuzione delle "paure da recessione" che si accompagna con il dato reale di un lieve aumento delle retribuzioni su base oraria (+0,2%). Anche l'orario medio di lavoro è salito negli Stati Uniti da 34,2 a 34,3 ore alla settimana.

Il buon risultato, nonostante un'estate "debole", viene letto come un segnale di possibile fuoriuscita dalla recessione dell'economia USA.

Il presidente Barack Obama, che aveva annunciato in agosto l'avvio della "Campagna elettorale per il lavoro", può tirare un sospiro.


Forse, persino le gravi perdite registrate nei mesi scorsi in ambito azionario potrebbero aver toccato il punto di minima. Almeno per il momento.

I grandi problemi epocali planetari restano lì, ovviamente, ma è possibile che la ripresa economica americana e la stabilizzazione finanziaria preludano a una fase nuova. A patto che l'Europa, però, affronti in modo risoluto, e cioè con un salto di qualità politico, la crisi dei debiti sovrani.

Qui si sposta ora la sfida, concordano gli esperti.

Ed è tutto l'Occidente a rischiare grosso, se l'Europa sbarella, per via di quell'"effetto domino" che verosimilmente potrebbe innescarsi in seguito al default di un paese appartenente all'eurozona.

Il pallino è in mano della Germania. Peccato che quest'anno all'Oktoberfest furoreggi una leggenda metropolitiana di gusto, come dire, berlusconico.

In essa si narra di un gruppo di turisti bavaresi recatisi in Grecia l'estate scorsa. Una sera, giunti sull'isola di Kos, dopo aver ben mangiato e ben bevuto il gruppo si alza da tavola improvvisamente abbandona il locale senza saldare il conto: "Abbiamo già dato pagando le nostre tasse", dicono al cameriere sghignazzando.

Oggi lo scherno riguarda la Grecia. Domani chissà. Ma davvero c'è poco da ridere. Anzitutto, a rigor di logica lo scherno dovrebbe valere nei confronti non delle osterie greche, ma di svariate banche distribuite su tutto il territorio del nostro continente, a sud delle Alpi come nel Settentrione, al di qua come al di là del Reno.

Due ex cancellieri tedeschi, il socialdemocratico Helmut Schmid e il suo successore democristiano Helmut Kohl, mettono poi in guardia i loro connazionali da pericolose sbornie di altezzosità, ricordando che se gli altri popoli europei trarranno l'impressione di una leadership della Germania divenuta inaffidabile, il conto più salato lo pagherà, alla fine, proprio il popolo tedesco.

Helmut Schmid ha infine aggiunto: «Mi piace suddividere l'umanità in tre categorie: la prima sono le persone normali. Tutti noi da ragazzini abbiamo portato via una mela, ma poi siamo diventati delle persone decenti. La seconda categoria sono quelli che hanno una vena criminale e questi bisogna condurli davanti al giudice. La terza è data dai manager dei fondi e delle banche d'investimento».

10.03.2011

Salva stati, salva banche

Cari amici in Europa, incredibile, lo stanno facendo di nuovo: i nostri governi stanno riempiendo con i soldi nostri le tasche delle banche!

    Dobbiamo dare il via libera al fondo salva-stati il prima possibile per salvare la Grecia, l'Europa e l'euro. Tuttavia l'attuale fondo salva-stati fa sì che siamo noi contribuenti a rimborsare le banche del 90% dei loro investimenti forsennati. I greci non vedranno nemmeno un euro di tutti i soldi che stiamo per destinare ai ricchi banchieri. Peggio ancora: il 30% dei nostri soldi andrà agli speculatori, che faranno profitti enormi dalla speculazione sul fondo salva-stati!

    Come può essere che i nostri governi abbiano siglato il fondo salva-stati, che ricopre d'oro banche e speculatori e lascia la Grecia in mutande? La risposta è semplice: i governi hanno chiesto anche ai banchieri di firmare il patto. I nostri ministri delle finanze s'incontreranno fra 3 giorni e decideranno del piano: lanciamo un appello enorme a loro e ai nostri parlamenti per tornare al tavolo delle trattative per salvare la Grecia e non le banche:

 

http://www.avaaz.org/it/eu_people_vs_banks/?vl

 

In un momento in cui ovunque c'è una grossa stretta sul credito e fette importanti della nostra spesa sociale vengono tagliate con l'accetta, i governi cedono davanti all'altare della lobby dei banchieri. Si giustificano dicendo che sono preoccupati che alcune banche non saranno in grado di assorbire la perdita degli investimenti in Grecia, e che senza gli aiuti fallirebbero. Ma se siamo noi ad avere bisogno di aiuto, e di conseguenza ci rivolgiamo alle banche, non riceviamo soldi gratuitamente, bensì prestiti. Ora le banche sono in difficoltà e si sono rivolte a noi: perché dovremmo trattarle diversamente da come fanno loro? Anziché dare via i nostri soldi gratuitamente, facciamo prestiti o investimenti nelle banche, e chiediamo che ci vengano restituiti a un buon tasso d'interesse!

    Questo è quello che hanno fatto Gordon Brown nel Regno Unito e Barack Obama negli Stati Uniti: quando le banche stavano per fallire, non le hanno salvate con finanziamenti a tasso zero, ma con prestiti e investimenti. E nel giro di un anno i contribuenti ci hanno persino guadagnato!

    Questo accordo è corruzione pura e semplice. Non c'è ragione alcuna legata all'interesse pubblico per fare questo regalo a banche e speculatori, mentre ci sono miliardi di buoni motivi per provare a proteggere i conti pubblici. Invece di dare via quei soldi, possiamo investirli in Grecia e nella capacità delle nostre società di uscire dalla crisi finanziaria e cominciare nuovamente a crescere. E' arrivato il momento per i nostri politici di non nascondersi più dietro argomentazioni complicate scritte dai banchieri: questo gioco è finito. Urliamo il nostro no a questo scandaloso fondo salva-stati e chiediamo un nuovo patto:

 

http://www.avaaz.org/it/eu_people_vs_banks/?vl

 

Troppo spesso ormai il futuro dell'economia e dei nostri bambini viene deciso nelle segrete stanze da interessi corrotti che vogliono solo fare profitto. I cittadini sono totalmente tagliati fuori: è ora di dire basta. I banchieri e i politici ritengono che tutto questo sia troppo complicato perché le persone possano capire o interessarsene. Dimostriamo loro quanto si sbagliano.  Con speranza,


Alex, Iain, Antonia, Emma,

Alice, Maria Paz, Pascal 

e il team di Avaaz

Maggiori informazioni su:

 

=> Corriere della Sera - Gli hedge fund faranno profitti sul recupero dei bond greci

=> Il Fatto quotidiano - Crisi greca, alunni a scuola senza libri. E un dipendente pubblico su 5 resterà a casa

=> Corriere tv - Austerità e crescita: un binomio difficile

=> La Repubblica - G20: maxi piano da tremila miliardi

per la ricapitalizzazione delle banche