4.15.2013

A Cipro un test premeditato - Da Durban la sfida dei Brics

Per le crisi bancarie si vuole una guerra tra contribuenti e risparmiatori. Intanto arriva posta dal summit dei Paesi Brics

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista


La decisione del governo di Cipro, spintonato da una Troika troppo invadente, di tassare tutti i conti correnti oltre i 100.000 euro delle banche cipriote in default, è stato un test premeditato e un pericoloso precedente per l’intera Ue. Lo possiamo affermare con certezza.

    La conferma del resto è arrivata dal portavoce di Michel Barnier, il Commissario europeo al mercato interno, che non ha potuto escludere la possibilità che in futuro i depositi oltre quella cifra possano essere utilizzati per operazioni di salvataggio delle banche in crisi.

    Anche l’Institute of International Finance di Washington, uno degli enti privati più noti della finanza globale,  ha sostenuto che la “soluzione” cipriota potrebbe diventare un modello per l’intera Europa.

    Al riguardo è da sottolineare che dal 10 dicembre 2012 era già in circolazione un documento della Federal Deposit Insurance Corporation (Fdic) americana e della Bank of England, il  “Resolving Globally Active, Sistemicaly Important Financial Institutions (SIFI)”, che affronta le emergenze relative all’eventuale bancarotta di istituzioni finanziarie di importanza sistemica.

    Si afferma che non si intende più utilizzare i soldi pubblici per salvare con dei bail-out le banche in crisi, come finora è sempre avvenuto dopo il fallimento della Lehman Brothers.

    Il motto è: dal bail-out al bail-in! Con il procedimento del bail-in le perdite dovranno essere sopportate dagli azionisti e dai cosiddetti “unsecured creditors”. Sembra molto razionale: perché devono essere i contribuenti a pagare per le malefatte e per i giochi fatti dai banchieri con i derivati speculativi?

    Ma il diavolo, come sempre, si nasconde tra i dettagli. Chi sono questi fantomatici “unsecured creditors”? Di certo i detentori di azioni, obbligazioni e di altri titoli di credito non garantiti. Si salvano invece i crediti vantati dalle pubbliche amministrazioni, dalle Banche Centrali, dalla Bce in Europa e da enti internazionali come il Fmi.

    Dopo la crisi del 2008, per evitare il panico e la fuga dalla banche, i governi europei opportunamente hanno deciso di garantire i depositi dei correntisti fino ad un massimo di 100.000 euro. Il che significa, almeno in teoria, che oltre quella cifra i depositi potenzialmente entrano a far parte degli “unsecured creditors”. Potrebbero essere quindi confiscati per coprire i buchi e/o forzatamente trasformati in capitali di rischio (azioni) della banca.

    Si colpiscono direttamente i risparmiatori anziché i contribuenti.

    Negli Usa la decisione di mettere in campo la Fdic, invece della Fed, è ancora qualcosa di più perverso. Infatti essa era stata creata dal presidente Roosevelt per fronteggiare la grande crisi bancaria del ’29 e proprio per garantire i depositi dei risparmiatori e delle famiglie.

    E’ importante notare che Londra a sua volta si aspetta che sia proprio la direttiva europea per evitare instabilità finanziarie in caso di crisi bancarie, la “Recovery and Resolution Directive”, a fornire maggiori poteri di intervento. Ciò sta a significare che il citato documento anglo-americano detta il nuovo corso all’intera Europa.

    Nel definire strategie di “intervento risolutivo” per singole gravi emergenze finanziarie, non si prende in considerazione la cosa più ovvia: cosa si intende fare se i meccanismi dello stesso sistema sono la causa dei fallimenti?

    D’altre parte il documento indica come un atto dovuto di riorganizzazione e di stabilizzazione delle banche in crisi la possibilità di separare le attività di deposito da quelle di investimento. Cosa naturalmente auspicabile.

    Ma allora perché non ritornare alla pura e semplice separazione tra banche commerciali e banche di investimento, proprio come indicato dalla legge Glass-Steagall del 1933? Secondo noi sarebbe la via più sicura per garantire una vera protezione per i risparmiatori e mettere al contempo fuori gioco la speculazione.

 

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Mentre in Europa gli scenari di disintegrazione dell'Ue e del sistema dell'euro diventano sempre più inquietanti, i Paesi Brics  (Brasile Russia India Cina Sudafrica) lavorano alacremente e unitamente per "creare un nuovo asse di sviluppo globale", ipotizzando profondi cambiamenti dell'ordine economico e dei poteri mondiali.

    Noi riteniamo che il quinto summit dei Brics tenutosi a Durban in Sud Africa possa essere definito storico, perché ha posto per la prima volta lo sviluppo indipendente delle infrastrutture, delle manifatture e dell'agricoltura del continente africano al centro delle discussioni.

    Vi è stata quindi una discontinuità profonda rispetto alle vecchie politiche colonialiste. Per i partecipanti al summit l'Africa è e deve essere lo spartiacque morale del mondo moderno.

    A Durban si è deciso di istituire una Banca di Sviluppo per finanziare grandi infrastrutture e altri progetti di sviluppo, con il contributo iniziale di 10 miliardi di dollari di capitale da parte di ciascun Paese. Sarà un ente indipendente e sganciato dalle logiche e dai controlli del Fmi e della Banca Mondiale.

    E' stato creato un Fondo di riserva di 100 miliardi di dollari per le emergenze che dovrebbe garantire la stabilità finanziaria dei Brics contro le speculazioni sulle commodity e contro gli effetti recessivi della crisi globale. E' stato anche rinvigorito il Joint Business Committee, il comitato promotore degli investimenti strategici nelle loro economie.

    Nella logica di un mondo multilaterale e multipolare i Brics affermano che l'attuale architettura della governance globale dominante è obsoleta, per cui essi "esplorano nuovi modelli di sviluppo più equo". Si ricordi che ormai rappresentano il 20% del Pil mondiale.

    La Cina è il primo esportatore mondiale e nel 2020 diventerà la prima economia del globo. Il Brasile è l'"azienda agricola più grande del mondo". La Russia, come noto, è ricchissima di petrolio e gas. L'India è diventata la "centrale" della tecnologia informatica. Il Sud Africa è la miniera di tutte le risorse: le sue materie prime sono oggi stimate intorno a 2,5 trilioni di dollari.

    Ma la loro principale ricchezza ovviamente sta in una popolazione di circa 3 miliardi di cittadini, in maggioranza giovani.

    Sul fronte monetario e commerciale, la dichiarazione finale di Durban contesta apertamente le decisioni delle banche centrali delle cosiddette economie avanzate. Afferma che, di fronte al proseguire della crisi, esse "hanno risposto con azioni di politica monetaria non convenzionale che hanno aumentato la liquidità mondiale…la quale a sua volta ha accresciuto la volatilità dei movimenti dei capitali, delle monete e dei prezzi delle commodity con effetti negativi sulle altre economie, in particolare su quelle dei Paesi in via di sviluppo".

    I paesi Brics ribadiscono ancora una volta "il sostegno alla riforma del sistema monetario internazionale con un paniere allargato di monete di riserva"; riaffermano la necessità di un ruolo più forte dei Diritti Speciali di Prelievo e anche il cambiamento nella composizione del paniere di monete dei Dsp.

    Richiedono inoltre "un sistema di commerci multilaterale basato sull'apertura, sulla trasparenza e sulle regole".

    Cina e Brasile, per esempio, hanno già accordi monetari che permettono loro di effettuare scambi nelle loro monete per 300 miliardi di dollari.

    Perciò il ruolo dell'Europa è fondamentale rispetto ai problemi posti dai Brics. Infatti, se l'euro venisse meno, anche la riforma monetaria del paniere di monete verrebbe bloccata con incalcolabili conseguenze geopolitiche.

    Purtroppo gli attuali assetti europei ci sembrano non adeguati rispetto alle grandi sfide. C'è troppa pigrizia – che cozza con la intelligenza, la storia e la cultura dei popoli europei. I quali, nel bene e nel male, in passato hanno svolto un ruolo incisivo rispetto agli altri continenti.