Nel suo ultimo Messaggio papale, Benedetto XVI ha esortato glioperatori di pace a costruire un "nuovo modello di sviluppo"
di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)
e Paolo Raimondi, Economista
In relazione alla sorprendente decisione di Papa Benedetto XVI di dimettersi dall’alta carica di capo della Chiesa cattolica, assume una particolare rilevanza il suo messaggio “Beati i Costruttori di Pace” scritto per la celebrazione della 46.ma Giornata Mondiale della Pace tenutasi il primo gennaio 2013.
E’ un messaggio assai importante sicuramente elaborato nella consapevolezza della gravità dei problemi mondiali e della difficile missione universale della Chiesa cattolica. Probabilmente le gravi questioni che tormentano il mondo e le vicissitudini del governo della Chiesa hanno pesato non poco sulla "rinuncia".
Nel messaggio ai "costruttori di pace" il Papa affrontava il tema della crisi economica e del ruolo di “un capitalismo finanziario sregolato” evidenziandone la minaccia per il raggiungimento del bene comune.
Benedetto XVI afferma autorevolmente che “il prevalere di una mentalità egoistica e individualistica e le ideologie del liberismo radicale erodono la funzione sociale dello Stato e delle reti di solidarietà della società civile, nonché dei diritti e dei doveri sociali”. A farne le spese - continua - sono la dignità dell’uomo e il diritto al lavoro che “viene considerato una variabile dipendente dei meccanismi economici e finanziari”.
Sostiene quindi che “oggi è necessario un nuovo modello di sviluppo” basato su una corretta scala di beni-valori. E’ una esplicita sollecitazione del Papa agli economisti e ai dirigenti politici che intendono essere dei “costruttori di pace” operando anche nel mondo dell’economia.
“E’ fondamentale e imprescindibile la strutturazione etica dei mercati monetari, finanziari e commerciali; essi vanno stabilizzati e maggiormente coordinati e controllati, in modo da non arrecare danno ai più poveri”, così continua il Pontefice.
Affinché queste sollecitazioni non restino delle mere aspirazioni etiche e morali è doveroso, riteniamo, che la società civile formuli delle proposte e dei progetti di riforma concreti per dimostrare che un’economia più etica, più giusta e più rispondente ai bisogni della gente è fattibile.
Del resto la Chiesa non può ignorare che il mondo è profondamente cambiato, non è più unipolare ma è multipolare. La Chiesa, e non solo, sa bene che i paesi del Sud del mondo e i loro popoli sono stati e sono le prime vittime della grande speculazione finanziaria e sulle materie prime, a cominciare dai beni alimentari, e molto spesso anche delle nefaste politiche condotte nei decenni passati dal Fondo Monetario Internazionale.
Dopo la crisi del sistema di Bretton Woods e la progressiva fine della centralità e unicità del dollaro, lo sviluppo e la pace passano attraverso un sistema più giusto, a partire da quello monetario, che non può essere basato ancora esclusivamente sul dollaro.
Finora le lobby bancarie e i caimani del mondo finanziario hanno bloccato ogni tentativo di riforma e di cambiamento delle regole e di quei comportamenti nefasti e fallimentari che sono stati e sono le vere cause della crisi.
Purtroppo le banche definite “too big to fail” ed il loro “sistema bancario ombra” continuano nei loro comportamenti sregolati.
Perciò anche i “costruttori di pace” dovrebbero, secondo noi, sostenere tra l’altro la reintroduzione del sistema “Glass-Steagall”, già voluto dal presidente Roosevelt per fronteggiare la crisi bancaria del ’29, per separare le banche commerciali da quelle di investimento, proibendo quindi l’utilizzo dei soldi dei risparmiatori nei giochi speculativi.
Non è più tollerabile ed è davvero sconcertante che la Goldman Sachs, la banca che due commissioni di indagine americane indicano essere al centro delle speculazioni più nefaste, continui ancora a distribuire le pagelle di credibilità agli economisti e agli uomini di governo.
In sintesi, questo ultimo messaggio di Papa Ratzinger ripropone l’esigenza di una economia sociale di mercato, finalizzata allo sviluppo e non allo sfruttamento dell’uomo e dei popoli, come già evidenziato nell’Enciclica Caritas in Veritate.
E comunque sullo sfondo di queste posizioni, c’è la “profezia” di Papa Giovanni Paolo II che affermò: "Io ho visto la fine del comunismo, voi vedrete la fine del capitalismo di speculazione finanziaria".