3.21.2013

LA CRISI DI VIA SOLFERINO

Corriere in sciopero

Oggi e domani giovedì il quotidiano di Via Solferino non sarà in edicola. Di seguito due testi del Comitato di redazione (Cdr)

Mercoledì e giovedì il Corriere della Sera non sarà in edicola, il sito online non sarà aggiornato, e non usciranno tutti gli inserti settimanali. I giornalisti del Corriere con questi scioperi respingono nettamente il piano di ristrutturazione presentato ieri dalla direzione aziendale che prevede una riduzione dell’organico di 110 giornalisti su un totale di 355, il taglio di parti rilevanti delle retribuzioni effettive, la possibile vendita di sedi e riduzioni di pagine. Meno giornalisti, meno risorse significano semplicemente un Corriere meno autorevole e meno autonomo.

    Il piano dell’azienda di fatto sfigura il primo quotidiano italiano (stando agli ultimi dati di diffusione) e appare addirittura suicida, visto che il Corriere tuttora presenta i conti in attivo e solo qualche giorno fa ha assunto due giornalisti. Il Comitato di redazione ha sempre accettato di discutere con l’azienda su come razionalizzare i costi e, soprattutto, su come aumentare i ricavi. Quello presentato ieri non è un piano di ristrutturazione, ma semplicemente un grossolano e inaccettabile intervento che mira alla distruzione del Corriere della Sera.

    Il Cdr continuerà a denunciare come alcune politiche aziendali (ad esempio l’acquisto del gruppo editoriale spagnolo Recoletos, che ha causato centinaia di milioni di debiti) abbiano portato all’attuale situazione della Rcs MediaGroup. Senza quelle scelte il gruppo avrebbe le risorse necessarie per affrontare la crisi. Il difficile momento che attraversa il settore dell’editoria richiede azionisti e manager all’altezza di un giornale come il Corriere della Sera.



La crisi Rizzoli e gli stipendi dei manager


Contemporaneamente alla presentazione del nuovo piano di ristrutturazione della Rizzoli Corriere della Sera (Rcs), che prevede il taglio di 800 dipendenti e un netto ridimensionamento del perimetro industriale, l'amministratore delegato Pietro Scott Jovane ha annunciato l'autoriduzione del 10 per cento della sua retribuzione.

    Il Cdr del Corriere vorrebbe tuttavia che questo gesto fosse accompagnato dall'applicazione di un criterio per la corresponsione dei vari bonus e della parte variabile dello stipendio, nonché dell'eventuale buonuscita di tutti i manager del gruppo, adeguato alla gravità del momento: stabilire quelle somme in rapporto non al numero dei posti di lavoro tagliati, ma di quelli salvati.

    Da troppi anni ormai la Rcs, dove i piani di ristrutturazione si susseguono ai piani di ristrutturazione senza che assurdi sprechi vengano sfiorati, dimostra nei confronti dei propri manager una grande generosità, indipendente dai risultati.

    Nel 2007 su un importante quotidiano si leggeva: «Via Solferino ha speso negli ultimi quattro anni quasi 30 milioni fra buonuscite e buonentrate per oliare il frenetico turnover dei suoi manager». Proprio così: buonentrate. Perché, sempre secondo lo stesso articolo, il predecessore di Scott Jovane, Antonello Perricone, arrivato al timone della Rcs dopo che era saltata la sua nomina a direttore generale della Rai, avrebbe intascato un «bonus d'ingresso» di un milione. Un bonus d'ingresso: avrebbe cioè percepito un superincentivo soltanto per mettere piede in azienda. Più 3,4 milioni di euro quando ne è uscito, e la Rcs non nuotava certamente nell'oro, reduce com'era dallo stato di crisi.

    Quella di Perricone è una misera liquidazione se la confrontiamo con la somma incassata al momento dell'uscita da Vittorio Colao: 7,8 milioni, metà dei quali, a onor del vero, versati da lui in beneficenza. Oppure con quella dell'ex direttore generale Gaetano Mele: 9,6 milioni. Cifre che impallidiscono di fronte alla buonuscita di Maurizio Romiti: 17 milioni di euro, dopo un paio d'anni al timone della Rcs. Ottocentocinquantamila euro al mese. Per inciso, con quei 17 milioni si sarebbero pagati per un anno 400 dipendenti della Rcs Quotidiani, molti dei quali venivano invece mandati in prepensionamento.

    Quando quella liquidazione monstre venne pagata, lo stesso presidente della Rcs, Guido Roberto Vitale (anch'egli allora in uscita), ammise: «Certi tipi di remunerazione sono giustificabili solo in presenza di risultati estremamente positivi». Facendo capire che non era quello il caso.

    Non è ammissibile che continui questa giostra milionaria che arricchisce manager e dirigenti, indipendentemente dalla qualità professionale.

    In un momento come questo dovrebbe essere il primo solenne impegno dell'azienda.

Il Cdr del Corriere della Sera