Dopo l’annuncio della cig per 30mila operai Marchionne spiega: “Senza incentivi, conseguenze sulle fabbriche”.
Epifani: “Benzina sul fuoco”.
Camusso: “Incentivi drogano la domanda”.
Da Bonanni ok ai soldi pubblici. Termini Imerese è già chiusa
di D. O.
La Fiat chiude le sue fabbriche per due settimane, mette 30 mila operai in cassa integrazione dopo aver distribuito lauti dividendi ai proprio azionisti, insiste nella chiusura definitiva dello stabilimento siciliano di Termini Imerese (e anzi la anticipa, secondo quanto denuncia la Fiom) e in vista dell’incontro con governo e sindacati del 29 gennaio rimette sul tavolo il buon vecchio aut-aut degli incentivi. Ossia: volete le fabbriche a pieno regime? Non è possibile senza i soldi dello stato. In un’intervista a Repubblica l’amministratore delegato Sergio Marchionne (che il 29 non ci sarà, perchè si trova a Detroit) la spiega senza giri di parole: “Non c’è niente che non sia stato già annunciato con largo anticipo, quando abbiamo ripetuto che senza gli incentivi ci sarebbero state conseguenze sulle fabbriche”. “In assenza degli incentivi – sostiene Marchionne - in Italia si perderanno 300mila auto: il mercato da due milioni scenderà a 1,7 milioni e poiché a soffrirne saranno le vetture piccole, l'impatto sarà più pesante per Fiat”. In quanto a Termini Imerese, incentivi o no per Marchionne il suo destino è già segnato: la Fiat “in futuro non pensa di utilizzare lo stabilimento per nessuno dei suoi business”.
Marchionne assicura che l’azienda non vuole lo scontro con governo e sindacati. Anche il presidente della Fiat, Luca Cordero di Montezemolo, cerca di placare gli animi sostenendo che “tutti i nodi vanno affrontati in un clima di dialogo e confronto con le parti sociali e con il governo, che ha dimostrato in questi mesi una grande attenzione alla filiera dell'auto. In questo senso dalla Fiat, lo abbiamo già detto più volte, c'è la massima disponibilità”.
Ma lo scontro già c’è e la decisione di mettere in cassa gli operai è stata letta sia dal governo che dai sindacati come una pressione che le parole di Marchionne sembrano in effetti confermare. Il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, ha parlato di “scelta inopportuna” e “dialogo difficile”. Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, vede “benzina sul fuoco” e spiega: “La scelta dell'azienda di forzare in maniera così netta la chiusura di uno stabilimento, non dare risposte ai precari di Pomigliano, mettere in cassa integrazione 30 mila lavoratori per due settimane proprio quando si deve affrontare con il governo la questione della chiusura dello stabilimento di Termini Imerese, dimostra che l'azienda sta mettendo benzina sul fuoco”.
Sempre in casa Cgil la segretaria confederale Susanna Camusso legge nell’operato della Fiat “una volontà di pressione per mantenere politiche di incentivi senza vincoli e senza una relazione con quanto avviene negli altri paesi”. Camusso ricorda pure che “politiche di incentivi ‘drogano’ la domanda, ma non determinano un’effettiva ripresa. Il tema vero sulla produzione delle auto deve, invece, riguardare: l’innovazione, le nuove alimentazioni e la sostenibilità; la distribuzione dei volumi produttivi di Fiat e l’aumento della produzione in Italia; garanzie per il futuro degli stabilimenti e dell’occupazione. Questi rimangono per noi i vincoli per un’eventuale politica di incentivi oltre che il centro della discussione sul piano industriale”. “Resta evidente – conclude Camusso - che il futuro industriale nei due stabilimenti del Sud rimane per noi centrale, a partire da una soluzione industriale vera per Termini Imerese in grado di mantenere l’occupazione diretta e indiretta. Fiat non può pensare che una volta annunciato il problema, le sue responsabilità passino in capo ad altri”.
Assai più propenso agli incentivi il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, che durante la trasmissione 'Mattino 5' spiega; “Gli incentivi sono in ballo e noi siamo per darli ma, visto che sono soldi pubblici, a condizione che i cittadini possano riconoscere una loro utilità, vale a dire che non si perdano posti di lavoro”. In quanto a Termini Imerese, “noi sosteniamo che tutti gli altri siti vanno fortificati – dice Bonanni -. Su Termini diciamo che si può pure produrre altro, anche in ausilio a Fiat ma bisogna non chiudere il sito. Se lo Stato dà soldi qualcosa deve anche ottenere”.
Nel frattempo Termini è chiusa. E’ ancora sospeso l'assemblaggio della Lancia Ypsilon nella fabbrica siciliana, dove lavorano complessivamente 1.350 persone e altre 600 sono occupate nelle aziende dell'indotto. “Noi siamo qui davanti i cancelli pronti a lavorare, lo stop alla produzione non dipende da noi”, dice Roberto Mastrosimone della Fiom Cgil. La decisione di fermare la consegna delle auto è arrivata ieri da Torino. Con un telegramma inviato ai sindacati e a diverse autorità istituzionali, la Fiat ha spiegato le ragioni della scelta: “Da alcuni giorni - scrive la direzione aziendale della fabbrica siciliana - lo stabilimento è teatro di manifestazioni e proteste che in varie forme ne hanno disturbato l'attività lavorativa”. Il riferimento è anche alla protesta, ancora in corso, dei 13 dipendenti della Delivery Email (18 occupati in tutto) che da martedì scorso manifestano su uno dei capannoni dello stabilimento in difesa del loro posto di lavoro, dopo avere ricevuto una lettera di licenziamento a partire dal primo febbraio. “Motivi di sicurezza e blocco delle merci sono solo un pretesto, la verità è che la Fiat sta anticipando la chiusura dello stabilimento di Termini Imerese: è molto grave”. Questa la replica di Mastrosimone. “I lavoratori di Fiat sia ieri sia stamattina - dice Mastrosimone - si sono presentanti sul posto di lavoro, è la Fiat che ne ha impedito l'ingresso. Per noi sono in cassaintegrazione”.
“Abbiamo gia' 16 lavoratori sui tetti a Termini (i dipendenti dell’azienda di servizi Delivery Email, ndr), altrettanti a Pomigliano, ora arriva l'annuncio del blocco degli stabilimenti proprio alla vigilia dell'incontro al Ministero dello sviluppo economico. Direi che la situazione non è solo preoccupante, ma che l'atteggiamento di Fiat è assolutamente arrogante e inaccettabile”. Aggiunge Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom, ai microfoni di CnrMedia.
a cura di rassegna.it