7.07.2009

VITTIME DELL'AMIANTO

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

ACCORDO TRA SUVA E INAIL PER RINTRACCIARE GLI EX EMIGRATI

di Dino Nardi *)

Dall’inizio di questo decennio la questione "amianto" tiene ormai banco sia in Italia che in Svizzera a causa delle numerose vittime che già vi sono state anche tra gli ex lavoratori che sono stati a contatto con questo micidiale materiale. Soprattutto nei vari stabilimenti Eternit: in Italia a Casale Monferrato, Cavagnola, Reggio Emilia e Napoli; in Svizzera a Niederurnen (GL) e Payerne (VD). Vittime che, purtroppo, vi saranno ancora nei prossimi decenni. Infatti i sintomi dell’asbestosi, malattia polmonare che può causare il mesotelioma e cioè un tumore incurabile alla pleora o al peritonio, si manifestano in media 30/40 anni dopo che vi è stata l’esposizione alle fibre d’amianto ed il divieto di questo materiale è entrato in vigore solo nel 1990 in Svizzera e nel 1992 in Italia. Un rischio, tra l’altro, non limitato ai soli lavoratori ma anche alle loro mogli, che lavavano le loro tute, ed anche a tutti quei nuclei familiari che abitando nelle immediate vicinanze di queste fabbriche respiravano inconsapevolmente nell’aria la polvere contenente le fibre d’amianto. Secondo le stime di alcuni ricercatori nei prossimi decenni vi saranno nell’Europa occidentale 300'000 decessi per mesotelioma in conseguenza all’esposizione all’amianto.

    Come ricordavo, la questione "amianto" tiene banco da diversi anni in Italia e Svizzera, coinvolgendo i rispettivi enti assicuratori, l’Istituto Nazionale Infortuni sul Lavoro (INAIL) e l’Istituto Nazionale Svizzero Assicurazione Infortuni (SUVA) per tre motivi. In primo luogo, perché l’Eternit aveva stabilimenti in entrambi i Paesi (in Italia è pendente una causa contro la proprietà con ben 739 parti civili); in secondo luogo, la proprietà di Eternit era del finanziere elvetico Stephan Schmidheiny ed del belga Jean Luis Marie Ghislain de Cartier. Infine per il fatto che nei due stabilimenti Eternit in Svizzera vi hanno lavorato moltissimi emigrati italiani, in gran parte, poi, rimpatriati disperdendosi così sull’intero territorio della penisola e quindi difficilmente rintracciabili (ancor di più, in caso di decesso, i loro superstiti) per poterli informare dei loro eventuali diritti assicurativi ma, soprattutto, per ricondurre il loro possibili sintomi della malattia dell’asbestosi o, addirittura, dell’insorgere del mesotelioma, all’attività svolta in Svizzera. Pertanto, anche in questo caso (ricordiamo quanto già accaduto con le prestazioni mai richieste all’AVS ed al Secondo Pilastro), gli ex emigrati in Svizzera sono confrontati con diritti previdenziali e assicurativi maturati in questo Paese e non fatti valere per dimenticanza, ignoranza o furbizie altrui!

    Va, pertanto, accolto positivamente il recente accordo che è stato stipulato dall’INAIL e dalla SUVA per facilitare la ricerca degli ex emigrati italiani che nel passato abbiano lavorato in Svizzera a contatto con l’amianto. Accordo di cui i due enti assicuratori hanno dato notizia attraverso questo comunicato stampa:

     Il 15 giugno 2009 la Suva e l'INAIL, l'istituto nazionale italiano di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, hanno sottoscritto un accordo con il quale intendono rafforzare l'impegno comune per rintracciare i lavoratori italiani che in passato sono stati esposti all'amianto in Svizzera e successivamente sono rientrati in Italia.

    Nei decenni scorsi numerosi cittadini italiani hanno lavorato in ditte svizzere che trasformavano o utilizzavano materiali contenenti amianto. Questa sostanza causa malattie che spesso si manifestano a distanza di molti anni dall'esposizione. Si presume quindi che alcuni dei lavoratori italiani rientrati in patria abbiano contratto malattie dovute all'amianto che però non sono ancora state segnalate come malattie professionali. È inoltre prevedibile che in futuro si manifesteranno altri casi di malattia da amianto. Le persone colpite dovrebbero essere sottoposte a visite mediche preventive o potrebbero avere diritto a prestazioni in contanti. La Suva non può però intervenire direttamente in Italia per rintracciarle. Proprio per questo ha stilato un accordo con l'INAIL, il suo omologo italiano. Secondo tale accordo l'INAIL si impegna a registrare le segnalazioni e a trasmetterle alla Suva.

    Allo scopo di informare gli interessati sui loro diritti, nel 2006 e nel 2008 la Suva ha organizzato una tavola rotonda che ha riunito a Lugano diverse organizzazioni legate alle problematiche dell'amianto. L'obiettivo di questi incontri è di migliorare il flusso di informazioni a favore di coloro che potrebbero avere diritto a prestazioni. L'accordo sottoscritto dalla Suva e dall'INAIL è un passo importante in questa direzione. Esso prevede che l'INAIL trasmetta alla Suva le segnalazioni di lavoratori in passato esposti all'amianto in Svizzera affinché essi possano beneficiare, se necessario, delle visite mediche preventive.

    L'INAIL fornisce informazioni ai medici italiani e si preoccupa di sensibilizzarli riguardo alle malattie da amianto. La collaborazione dei medici italiani è indispensabile per la buona riuscita dell'iniziativa. Spetta a loro, infatti, segnalare i casi di cui vengano a conoscenza nel corso dei loro accertamenti, di italiani che abbiano esercitato un'attività lavorativa in Svizzera con presumibile esposizione all'amianto. Una volta che la segnalazione del medico è giunta all'INAIL, questa la trasmette alla Suva, la quale svolge altri accertamenti per stabilire se sussiste un diritto a prestazioni o se sono necessarie delle visite preventive. Con l'aiuto dei medici la Suva intende fare in modo che i lavoratori italiani rientrati in patria ricevano le prestazioni a cui hanno diritto secondo la legge svizzera.

*) Coordiantore europeo della UIM, vicesegretario del CGIE.