6.20.2011

Crisi greca, in gioco il futuro Ue

Economia

a cura di ItaliaOggi

Le banche sono piene di bond ellenici e bloccano ogni decisione

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi) e Paolo Raimondi, Economista

L'economia è ritornata ad essere il fantasma da fugare. Presente ma non voluto come ai summit del G8 pre crisi finanziaria. Il documento finale di Deauville sembra un prodotto della guerra fredda: si passano in rassegna tutti i punti caldi del mondo pur di non affrontare dovutamente le emergenze economiche nei paesi cosiddetti industrializzati.

    Sbrigativamente esso dice che la ripresa si rafforza anche se i rischi di ricaduta rimangono. Che raffinata analisi! Del rischio di default degli Usa, di quello della Grecia e del futuro dell'Unione europea non c'è alcun cenno! Il fatto che non si parli in pubblico dei veri problemi dell'economia indica che essi, purtroppo, sono più gravi e preoccupanti di quanto poi si sostiene.

    Intorno al salvataggio o meno della Grecia si sta celebrando la minaccia di morte dell'Europa e dell'euro. A fine giugno serviranno altri 12 miliardi di euro, 8 dalla Ue e 4 dal Fmi, per evitare il default ellenico. Dopo la miserabile caduta di Strauss-Kahn, un Fmi a momentanea trazione americana sembra sempre più orientato a sfuggire ai propri impegni.

    I mercati sembrano aver messo la Grecia e l'Europa di fronte soltanto a due alternative: default greco e ritorno alla dracma oppure ristrutturazione, cioè allungamento delle scadenze del debito sovrano ellenico. Così poste, entrambe, secondo noi, sono inaccettabili per l'Europa. Porterebbero in modi differenti alla progressiva dissoluzione del progetto europeo e dell'euro.

    I mercati dicono che la bancarotta di Atene avrebbe un effetto di contagio immediato e comporterebbe il fallimento dell'Europa unita. Le ricadute sui valori dei titoli di stato sarebbero inevitabili. I mercati indicano che anche la ristrutturazione del debito sovrano sarebbe contagiosa e porterebbe ad un immediato crollo delle obbligazioni elleniche.

    L'opposizione della Bce sia allo sganciamento della Grecia dall'euro che ad una eventuale ristrutturazione del debito non è tecnica ma politica! Tecnicamente la ristrutturazione si potrebbe fare, ma i dirigenti della Bce sanno bene che, oltre ad essere una perdita secca per le sue casse, queste due ipotesi inevitabilmente segnerebbero la fine della banca centrale e delle altre istituzioni europee. La Bce sarebbe esposta per circa 375 miliardi di euro nei confronti dei paesi Pigs. 180 miliardi soltanto con l'Irlanda. La Banca centrale europea detiene il 17,6% del debito ellenico e le banche europee ne hanno in pancia il 18,6%.

    Il problema è la sudditanza nei confronti dei mercati!

    Fintanto che si rimane in questa logica non vi saranno vie d'uscita ragionevoli. Si continuerà a giocare con il fuoco della disgregazione dell'Ue fintanto che la casa andrà in fiamme e sarà troppo tardi per chiamare i pompieri. Ricordiamoci che quando il crollo della Lehman Brothers portò il mondo della finanza globale alla soglia del default sistemico, tutti, banche e mercati compresi, chiamarono gli Stati ad intervenire.

    Allora i mercati non parlavano, le agenzie di rating erano «nascoste nei sotterranei», le banche non ponevano condizioni. Tutti stendevano la mano in cerca disperata di aiuto. Si prenda il caso dei due colossi americani dei mutui e delle ipoteche immobiliari, Fannie Mae e Freddie Mac. Essi avevano un'esposizione totale di 5.200 miliardi di dollari, pari a più di un terzo del debito pubblico Usa. 1.500 miliardi erano per i mutui e il resto per i derivati Mbs (mortgage based securities) fatti poi circolare nel resto del mondo.

    Nel 2009 il Congressional Budget Office calcolò un costo di salvataggio di almeno 389 miliardi. Ma oggi, nello scenario peggiore, il costo potrebbe salire a 1.000 miliardi. La crisi era ed è bancaria e finanziaria, non primariamente del debito sovrano. L'Ue, a cominciare dalla Germania e dalla Francia, deve quindi decidere se vuole privilegiare la sua stessa esistenza o gli interessi dei mercati e delle banche. È una scelta politica prima che economica da portare fino fondo! Come fece il presidente Franklin Delano Roosevelt con i suoi interventi di profonda riforma del 1933.

    Dopo una tale decisione l'Ue potrebbe definire come ristrutturare i debiti pubblici, siano essi della Grecia o della Francia, mettendo in campo contemporaneamente progetti e finanziamenti per un rilancio vero dei settori produttivi. I mercati e i loro grandi attori bancari e finanziari saranno obbligati a prenderne atto.

    Altrimenti dalla Grecia potrebbe avanzare sul resto dell'Europa lo spettro della Repubblica di Weimar, fatto di collasso economico, di inflazione galoppante, di disperazione delle famiglie e dei senza lavoro e di scontri sociali violenti.